Modest. Donne in Medio Oriente. Ritratti fotografici e storie di donne che vivono in Iran, Iraq, Afghanistan, Giordania, Siria, Gaza, West Bank. Un viaggio nel quotidiano femminile di giovani che si confrontano ogni giorno con l'Islam, il fondamentalismo, la guerra, la violenza domestica. L'intenzione del progetto e' di descrivere lo spirito con il quale esse affrontano la vita e le relazioni umane. La mostra raccoglie immagini scattate tra il 2003 e il 2007.
Modest. Donne in Medio Oriente
Ritratti e storie di donne che vivono in Iran, Iraq, Afghanistan, Giordania, Siria, Gaza, West Bank. Il lavoro raccoglie immagini scattate tra il 2001 e il 2007. La mostra presenta un viaggio nel quotidiano femminile di giovani donne che si confrontano ogni giorno con l’Islam, il fondamentalismo, la guerra, la violenza domestica. L’intenzione del progetto è di descrivere lo spirito con il quale le donne dell’Islam affrontano la vita e le relazioni umane e non di lanciare una campagna per i diritti delle donne.
L’intero lavoro è ispirato dal desiderio di arricchire la visione che in occidente abbiamo delle donne musulmane, di mostrare la loro forza di carattere e di condividere un momento del loro destino. Un omaggio alle donne di cultura araba. La parola modest identifica la richiesta della società alla donna di tenere un atteggiamento pudico e riservato.
Ritratti e storie di donne in Medio Oriente.
Spirito del progetto non è quello di lanciare una campagna per i diritti delle donne.
La mostra è un viaggio nelle vite di donne che si confrontano con Islam, fondamentalismo, guerra, violenza domestica, con l’intento di svelare la loro forza di carattere e di condividere un momento del loro destino.
In mostra, immagini da diversi Paesi islamici.
Iraq
Le immagini presentate sono un tributo alle donne irachene, i cui diritti sono del tutto svaniti quando è iniziata la guerra.
Prima del marzo 2003 l’Iraq era un Paese laico. Né la cultura Mediorientale né la tradizione permettevano alle donne di comportarsi come le donne occidentali, ma almeno esse non dovevano preoccuparsi della propria sicurezza e dell’Islamismo. Fino alla caduta di Saddam Hussein, le donne irachene erano vincolate a una morale molto restrittiva, a costumi conservatori e a ruoli familiari di matrice araba, ma potevano andare in giro per strada, al mercato o nei ristoranti senza indossare abiti particolari. Posters di Britney Spears erano appesi nei suk, le ragazze la sera andavano in giro da sole mangiando gelati nei fast-food e le madri portavano i figli a scuola guidando le proprie auto.
Oggi è tutto diverso. L’occupazione del Paese da parte delle forze della coalizione e la guerra hanno sottratto alle donne irachene libertà e speranza. Le donne sono diventate delle vittime silenziose. Una delle prime norme adottate dal nuovo governo iracheno è stata quello di ripristinare il codice religioso familiare, strappando alle donne ogni possibilità di auto-realizzazione e facendole ripiombare in una mentalità tribale e islamica. La guerra e la mancanza di sicurezza sono altri fattori che obbligano le donne a restare in silenzio e a camminare dritte nell’ombra dei propri uomini, mariti, padri o fratelli, occupandosi dei bambini, spaventate dall’idea di lasciare le proprie case. Le fotografie presentate in questa mostra sono state scattate agli incroci delle strade mentre le forze Americane bombardavano la periferia di Bagdad, durante l’invasione dell’Iraq nella primavera 2003 e successivamente quando Saddam scomparve lasciando le persone e il paese nel caos più totale.
Afghanistan
Afghanistan, burqa blu un po’ sollevati, ma tradizioni ancora rigide.
Le donne, per la prima volta in 20 anni, sono chiamate a votare. Ragazzi e ragazze siedono insieme nelle università. Tuttavia ancora molte donne muoiono cercando di riconquistare la libertà perduta dopo 25 anni di guerre e dopo l’ultimo periodo del regime talebano. Nel nord-ovest dell’Afghanistan, nel reparto ustionati dell’ospedale di Herat, Shaima lotta fra la vita e la morte. Come molte altre donne nel Paese, si è data fuoco per sfuggire alla costrizione del proprio ambiente, alla propria matrigna e ad un matrimonio sbagliato. A Kabul, Mouna era giovane e ribelle, non voleva seguire le regole imposte dalla società afghana, era divenatata giornalista e presentava un programma per giovani su Tolo TV. Ma è morta presto, suicidandosi, come sostiene la famiglia, o forse uccisa dal fratello che voleva difendere l’onore familiare, tradito dal modo di vivere della sorella.
Iran
Iran, Chador nero e sciarpa chiara.
Le sorelle della Rivoluzione Islamica combattono le influenze occidentali. Dalle cadette dell’accademia di polizia femminile a Teheran, alle donne che pregano in massa nel cortile della moschea di Mashad, il valore più apprezzato in una donna mediorientale è la modestia. Poche donne spingono la moda al limite permesso dall’Islam, per cui anche una sciarpa o una calza possono rappresentare un problema.
E Kalidja ha deciso di cambiare sesso ed è diventata donna col pieno sostegno di un’organizzazione governativa iraniana.
Gaza
Donne di Gaza salvate dall’Islam.
Le donne combattenti di Hamas hanno un ruolo attivo, la loro missione è resistere alla violenza quotidiana e portare il loro aiuto a una società disperata. Tra essere donne kamikaze o strenue militanti sostenitrici della Pace, le ragazze di Gaza non hanno molta scelta.
Syria e Giordania
Pur essendo la Siria un paese laico e la Giordania una monarchia aperta all’Occidente, in entrambi i Paesi la gioventù cresce fra valori conservatori e precisi codici familiari. Tuttavia i caffè di Amman sono più trendy di quelli di Gaza e a Damasco l’industria dei video clip non ha difficoltà a reclutare schiere di ragazze pronte a ballare in jeans e maglietta sui set televisivi dei cantanti arabi.
Inaugurazione: lunedì 17 settembre 2007 alle ore 18,30
Galleria Grazia Neri
via Maroncelli 14, Milano
da lunedì a venerdì: 9 -13 e 14.00 -18; sabato: 10-12.30 e 15 - 17
ingresso libero