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Camilla Micheli
dal 28/10/2007 al 8/11/2007
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approfondimenti

Camilla Micheli



 
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28/10/2007

Camilla Micheli

Polifemo, Milano

Riguardo le citta'. Fotografie di giovani donne italiane, che appartengono alla community dei "cosplayers" (costume+players), mostrate all'interno dei propri spazi privati, mascherate con i costumi dei personaggi che piu' amano o in cui piu' si identificano.


comunicato stampa

Riguardo le città

“itaku” è una parola di fantasia che modifica la parola gergale otaku, inventata in Giappone per descrivere “tipi strani” quali artisti ed appassionati del manga amatoriale (fumetti auto-prodotti). Interessata dalla pratica giapponese di travestirsi come i personaggi preferiti di anime (cartoni animati) e manga (fumetti), ho contattato nella comunità italiana dei “cosplayers” alcuni dei membri più importanti per longevità o per carisma con cui sviluppare il progetto. L’idea ispiratrice del progetto fotografico si sviluppa attorno al significato originario del termine otaku, ossia “tua casa” - “tuo spazio”. I soggetti dei ritratti ambientati sono giovani donne italiane, di età compresa tra i 18 i 33 anni che appartengono alla community dei “cosplayers” [= costume+players], mostrate all’interno dei propri spazi privati, in casa o nel proprio giardino.

Le ragazze, mascherate, con i costumi dei personaggi che più amano o in cui più si identificano, hanno preparato e cucito loro stesse gli abiti, curandoli fin nei minimi particolari e corredandoli di accessori rigorosamente originali e provenienti dal Giappone. Il fatto che siano solo donne le protagoniste dei ritratti deriva soprattutto dall’evidenza che la diffusione dell’otakismo nel mondo femminile è molto più alta che in quello maschile. Le ragazze si sentono più portate ad immedesimarsi nelle loro eroine, ne assumono i nomi come pseudonimi, sono più abili nel confezionare gli abiti, hanno meno paura di travestirsi ed esporsi sul web o nelle sfilate cosplay. Quello che all’inizio è soltanto un gioco per partecipare alle sfilate ed ai raduni in Italia e all’estero (USA, Giappone, UK), per alcune si trasforma in un impegno più serio che consiste nel creare un sito Internet, un forum ed una microcommunity che partecipa delle loro avventure nei diversi ruoli interpretati.

Il fenomeno otaku si sviluppa nell’ambito del movimento del manga amatoriale, all’inizio degli anni Ottanta, con la diffusione della cultura “pop”-metropolitana-mediatica tra la giovane generazione giapponese (“Tech.Pop.Japan”) e viene considerato la più grande sottocultura del Giappone contemporaneo. Se da una parte, in Giappone, la principale novità e pericolosità, di questo fenomeno consisteva nel suo sviluppo intra-domestico, nella sfera privata e femminile per eccellenza. Dall’altra, in Italia, avviene esattamente il contrario: pur formato per la maggior parte da ragazze, il movimento cosplay ha ragione di esistere e cresce proprio per la sua collocazione esterna e ricerca di visibilità pubblica. Cresciute con i cartoni animati prima e poi tra collezioni impressionanti di fumetti e di gadgets, le “itaku”, non sono quegli individualisti patologici che i mass media giapponesi hanno creato e venduto (giovani isolati nel proprio minuscolo mondo e senza vita sociale), ma persone che per non sentirsi escluse ricercano e comunicano (soprattutto virtualmente) con altre che hanno la stessa passione.

Gli aspetti che più mi affascinano della pratica cosplay, sono quello della fusione delle caratteristiche dei personaggi fantastici con quelli reali e l’atto creativo che compiono trasformandosi. L’aspetto o l’atteggiamento fuori “dal costume”, si nutre della stessa passione e cultura: non è mai stato difficile riconoscere queste ragazze dal personaggio virtuale con cui ho stabilito il primo contatto, perché in tutti i casi spicca la caratteristica fondante che le accomuna alle “lolite” giapponesi: l’essere “kawai”, che significa dolce, morbido ed indica ogni cosa che è riconducibile all’innocenza infantile, ma con un pizzico di malizia in più.
Camilla Micheli

Inaugurazione 29 ottobre

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