Riguardo le citta'. Fotografie di giovani donne italiane, che appartengono alla community dei "cosplayers" (costume+players), mostrate all'interno dei propri spazi privati, mascherate con i costumi dei personaggi che piu' amano o in cui piu' si identificano.
Riguardo le città
“itaku” è una parola di fantasia che modifica la parola
gergale otaku, inventata in Giappone per descrivere “tipi
strani” quali artisti ed appassionati del manga amatoriale
(fumetti auto-prodotti).
Interessata dalla pratica giapponese di travestirsi come i
personaggi preferiti di anime (cartoni animati) e manga
(fumetti), ho contattato nella comunità italiana dei
“cosplayers” alcuni dei membri più importanti per
longevità o per carisma con cui sviluppare il progetto.
L’idea ispiratrice del progetto fotografico si sviluppa
attorno al significato originario del termine otaku, ossia
“tua casa” - “tuo spazio”. I soggetti dei ritratti ambientati
sono giovani donne italiane, di età compresa tra i 18 i 33
anni che appartengono alla community dei “cosplayers” [=
costume+players], mostrate all’interno dei propri spazi
privati, in casa o nel proprio giardino.
Le ragazze, mascherate, con i costumi dei personaggi che più amano o in cui più si identificano, hanno preparato e
cucito loro stesse gli abiti, curandoli fin nei minimi particolari e corredandoli di accessori rigorosamente originali e
provenienti dal Giappone.
Il fatto che siano solo donne le protagoniste dei ritratti deriva soprattutto dall’evidenza che la diffusione dell’otakismo
nel mondo femminile è molto più alta che in quello maschile. Le ragazze si sentono più portate ad immedesimarsi nelle
loro eroine, ne assumono i nomi come pseudonimi, sono più abili nel confezionare gli abiti, hanno meno paura di
travestirsi ed esporsi sul web o nelle sfilate cosplay.
Quello che all’inizio è soltanto un gioco per partecipare alle sfilate ed ai raduni in Italia e all’estero (USA, Giappone,
UK), per alcune si trasforma in un impegno più serio che consiste nel creare un sito Internet, un forum ed una microcommunity
che partecipa delle loro avventure nei diversi ruoli interpretati.
Il fenomeno otaku si sviluppa nell’ambito del movimento
del manga amatoriale, all’inizio degli anni Ottanta, con la
diffusione della cultura “pop”-metropolitana-mediatica tra
la giovane generazione giapponese (“Tech.Pop.Japan”) e
viene considerato la più grande sottocultura del Giappone
contemporaneo. Se da una parte, in Giappone, la principale
novità e pericolosità, di questo fenomeno consisteva nel
suo sviluppo intra-domestico, nella sfera privata e
femminile per eccellenza. Dall’altra, in Italia, avviene
esattamente il contrario: pur formato per la maggior parte
da ragazze, il movimento cosplay ha ragione di esistere e
cresce proprio per la sua collocazione esterna e ricerca di
visibilità pubblica. Cresciute con i cartoni animati prima e
poi tra collezioni impressionanti di fumetti e di gadgets, le
“itaku”, non sono quegli individualisti patologici che i mass
media giapponesi hanno creato e venduto (giovani isolati
nel proprio minuscolo mondo e senza vita sociale), ma
persone che per non sentirsi escluse ricercano e
comunicano (soprattutto virtualmente) con altre che hanno
la stessa passione.
Gli aspetti che più mi affascinano della pratica cosplay,
sono quello della fusione delle caratteristiche dei
personaggi fantastici con quelli reali e l’atto creativo che
compiono trasformandosi.
L’aspetto o l’atteggiamento fuori “dal costume”, si nutre
della stessa passione e cultura: non è mai stato difficile
riconoscere queste ragazze dal personaggio virtuale con
cui ho stabilito il primo contatto, perché in tutti i casi
spicca la caratteristica fondante che le accomuna alle
“lolite” giapponesi: l’essere “kawai”, che significa dolce,
morbido ed indica ogni cosa che è riconducibile
all’innocenza infantile, ma con un pizzico di malizia in più.
Camilla Micheli
Inaugurazione 29 ottobre
pol!femo
Via Luigi Nono, 7 - Milano
Orario: dal lunedì al sabato, dalle 13 alle 19 (domenica chiuso)
Ingresso libero