Derbylius
Milano
via Pietro Custodi, 12
02 39437916 FAX 02 89408592
WEB
William Xerra
dal 9/10/2007 al 9/11/2007
mart-sab 12-19
WEB
Segnalato da

Elena Bari



approfondimenti

William Xerra



 
calendario eventi  :: 




9/10/2007

William Xerra

Derbylius, Milano

Mento a quest'ora. Personale. Centrale nella sua poetica e' il tema del frammento, iconografico ma soprattutto testuale, di parole scritte e stampate: raccogliere lacerti, brani, rime sparse, schegge di contesti differenti e ricomporli in un tutto diverso e inedito, non in funzione della malinconica nostalgia di un passato perduto, ma in vista di una reinterpretazione attiva, cosciente, pragmatica.


comunicato stampa

Mento a quest'ora

William Xerra nasce a Firenze nel 1937. Esordisce negli anni '60 con opere informali, tra fumetto e arte meccanica, performance e Pop Art. Dal 1967 approda alla poesia visiva grazie al contatto con il Gruppo '63, e questo particolare aspetto contraddistingue tutta la sua produzione successiva, fino a diventare il suo personale “marchio di fabbrica" all'interno del filone dell'arte concettuale.

Centrale nella sua poetica è il tema del frammento, iconografico ma soprattutto testuale, di parole scritte e stampate: raccogliere lacerti, brani, rime sparse, schegge di contesti differenti e ricomporli in un tutto diverso e inedito, non in funzione della malinconica nostalgia di un passato perduto, ma in vista di una reinterpretazione attiva, cosciente, pragmatica.

È per questa ragione che, dal 1972 al 1990, molte sue opere sono riunite sotto l'etichetta VIVE. un’espressione tipografica con cui si indica in bozza ciò che, inizialmente cancellato, viene poi recuperato. L'arte e' strumento di recupero di ciò che è normalmente considerato marginale, e che può invece contenere in sé una visione significativa della realtà.

Le più recenti opere, esposte nella mostra da Derbylius, sono raccolte nella serie IO MENTO, di cui diamo di seguito alcuni pareri critici formulati da Gillo Dorfles, Pier Aldo Rovatti, Marco Senaldi, Aldo Tagliaferri, Roberto Borghi.

Dalle cancellazioni alle riaffermazioni (“VIVE”); dalle invenzioni alle contraffazioni; Xerra ha sempre saputo mescolare l’autentico con il fittizio; i relitti gloriosi del passato con le improvvisazioni del presente, usare l’elemento preso a prestito per costruire un originale che era tale solo per chi ne accettasse il compromesso.

Ecco, allora, che questo suo estremo manifesto “IO MENTO” non può stupire. Tanto affermazioni come “Mento sul mio perdono”; quanto quelle come “Mento sulla mia verità” sono autentiche. E non potremmo addirittura convenire che sono tutte sottoscrivibili? Almeno da chiunque abbia il coraggio di guardare in faccia l’epoca che attraversiamo: fatta di falsità e di falsificazioni sociali, politiche, religiose; eppure carica di fermenti che forse domani potranno contribuire alla realizzazione di opere non più menzognere; di opere che corrispondano – come quelle di Xerra – a una loro autonoma verità.
Gillo Dorfles

Esiste comunque un impianto soggettivo di chi in qualche modo dispone di essere bugiardo, ma se stiamo a questo livello, non pensate che abbiamo già ipostatizzato, tenuto ben custodito un concetto di verità che non siamo disposti assolutamente a toccare? Perché se voglio essere bugiardo so quello che voglio e quindi c’è una verità che custodisco nel momento in cui la nego.
Pier Aldo Rovatti

Che cosa dice l’enunciato io mento?
“E’ assolutamente falso rispondere a questo io mento che, se tu dici io mento, in questo dici la verità, e allora non menti, e così di seguito. E’ assolutamente chiaro che l’io mento, malgrado il suo paradosso, è perfettamente valido. Infatti, l’io che enuncia, l’io dell’enunciazione, non è lo stesso io dell’enunciato…” (Jacques Lacan, “Analisi e verità, 1964).

Il “logo” creativo che Xerra appone sulle sue opere più recenti, IO MENTO, sembra andare nella stessa direzione designata con precisione da Lacan. Il problema non è infatti il paradosso, per cui, se uno sta dicendo il vero, allora effettivamente è bugiardo, ma se dice una bugia, dichiarando che “mente”, smentisce se stesso e afferma il vero… Il problema invece è quale “io” sta mentendo effettivamente, se il pronome contenuto nella frase o il soggetto che la dice – come chi, sottoposto a una minaccia, cerchi di dire la verità (“sono minacciato”) con le parole stesse con cui smentisce tutto (“no, va tutto benissimo, nessuno mi sta minacciando…”).

Nell’arte le cose vanno un po’ allo stesso modo: a dire “mento” è infatti in prima persona il quadro stesso, ma ciò significa che il vero e il falso non si affrontano più da contendenti, la loro inimicizia è già oggetto da cartolina-ricordo, giace sotto la stessa lastra di vetro, entro la stessa cornice, di un’arte che “parla da sé”, e che perciò, anche se mente (è illusoria, è un trompe l’oeil, eccetera) disegna il campo stesso di una Verità più sottile e più grande della semplice “esattezza”.
Marco Senaldi

Fingendosi rassegnato alla menzogna, come se, fuori dalla sua opera, qualcuno detenesse la verità e fosse quindi in grado di confutarlo, in realtà Xerra sa bene di trovarsi al sicuro, dato che egli si è trincerato in una posizione di estraneità rispetto alle dispute intorno al vero pur provocandole.
Aldo Tagliaferri

Ammettiamo pure che, per fare arte, un po’di menzogna sia necessaria: dobbiamo comunque riconoscere che, negli ultimi anni, l’entità di quel “po’” si è così dilatata da assumere proporzioni inquietanti. Alla menzogna fisiologica al fare arte – ovvero il processo secondo cui l’arte non riproduce oggettivamente la realtà, ma ne propone una rielaborazione soggettiva, e quindi inevitabilmente falsificata, una mera rappresentazione che pretende però di rivelarne il senso – si è sostituita una menzogna studiata, più artificiosa che artistica, una falsità costruita “ad arte” ma secondo parametri di marketing. In arte non si falsifica più la realtà per trovarne il senso, ma la si abbellisce o la si peggiora solo per riscuotere un consenso da far valere sul mercato. Non può quindi sorprenderci che gli artisti trendy oggi utilizzino un linguaggio pubblicitario ( e spesso, nelle strategie di affermazione dei loro “prodotti”, siano affiancati da pubblicitari che si improvvisano curatori, collezionisti e galleristi d’arte): l’importante è attirare l’attenzione, costruire scandali programmati a tavolino prendendo di mira argomenti di scottante attualità, su cui versare immancabili lacrime di coccodrillo.

Questi artisti, secondo un’asserzione contenuta in uno dei manifesti di William Xerra, “mentono sapendo di mentire”. E allora è proprio il caso di mettere a nudo la menzogna che sovrintende ai processi artistici, così come a tutte le dinamiche comunicative che cercano il consenso senza prima aver indicato un senso. Ed è bene farlo proprio con gli strumenti della comunicazione stessa, con il mezzo basilare di ogni strategia pubblicitaria: il manifesto. Per questa ragione, Xerra ha pensato di realizzare delle opere che possano essere stampate e affisse negli spazi solitamente dedicati alla cartellonistica commerciale. Dal momento che la pubblicità – il suo linguaggio, le sue modalità d’espressione – ha colonizzato l’arte, è opportuno che l’arte inizia colonizzare la pubblicità. L’esito potrebbe essere sorprendente: potrebbe anche succedere che, una volta messa a nudo, la menzogna ci riveli una scomoda verità.
Roberto Borghi

Ufficio Stampa: Elena Bari
eba@fastwebnet.it

Inaugurazione 10 ottobre 2007

Derbylius
via Pietro Custodi, 18 - Milano
Orario: mart-sab 12-19
Ingresso libero

IN ARCHIVIO [32]
Gico
dal 6/5/2014 al 23/5/2014

Attiva la tua LINEA DIRETTA con questa sede