La mostra presenta un'installazione dell'artista sul tema del mare, evocato da un cubo di 50 tele sovrapposte, dipinte di blu, attraversato da impercettibili fremiti di variazioni tonali. Nell'ambito dell'evento "La fiera delle Parole".
Mare Bucato. Personale
Nella poetica di Renato Pengo il punto di partenza - o piuttosto il luogo
del non ritorno – coincide con l'azzeramento dell'immagine televisiva,
intuizione geniale che ha fondato il suo pensiero creativo fin dagli
albori degli anni Settanta (tanto da accompagnarlo in ogni sua mostra il
rimpianto caposcuola del Nouveau Réalisme, il famosissimo critico Pierre
Restany), siglandone ogni successivo parto creativo.
E' in questo lapsus cruciale che l'artista si pone criticamente (e
convulsamente), ovvero nel passaggio interrotto dell'ultima sequenza
televisiva, nel singhiozzo di un'alta definizione mediatica che prelude
all'esplosione definitiva, approdando al nuovo Big-bang della cultura
post-mediatica. Quale futuro? Per il momento unico slogan possibile,
gridato a chiare lettere fin dalla X Quadriennale romana del 1975 è l'urlo
straziante e al contempo ribelle dell'artista che ci ammonisce: "non siamo
più essere umani".
Lo shock tecnologico, insieme black-out mentale, balbettio psico-sociale e
cortocircuito culturale, proposto dall'universo spirituale di Pengo porta
inevitabilmente alla rigenerazione, materializzata nel blu assoluto di
Yves Klein, abissale cromia impregnata di energia cosmica in libera
propagazione nello spazio; uno spazio che a sua volta coincide col vuoto
diventato finalmente pieno.
A dispetto del vuoto intellettuale propagandato dalla cultura di massa che
imperversa dagli anni sessanta ad oggi (e chissà ancora per quanto), in
cui l'individuo è privato di un'identità, di una lingua attivamente
pensata-parlata-scritta, di una scrittura che piuttosto di condurre
all'alterità porta al più ovvio non- sense, sfociando nella
complicazione/presunzione tecnologica, nell'horror vacui dell'internauta,
il vuoto nell'immaginario di Pengo è gravido di energia cosmica, e in
questo mare vitale, nel magma della creatività ansiosa e niente affatto
comune, si lancia il novello tuffatore di Paestum, donde la salvezza
dell'uomo mediante una risoluzione alchemica (si intitola Apocatastasi uno
tra i più recenti cicli pittorici dell'artista padovano, incentrato
proprio sulla vittoria spirituale degli elementi rispetto alla
sofisticazione dei mezzi tecnologici).
Il mare, evocato da un cubo di 50 tele sovrapposte, dipinte di blu,
attraversato da impercettibili fremiti di variazioni tonali è sorretto da
pallets, solitamente portati dal mare coi loro containers. Dal foro sulla
sommità del cubo filtra la proiezione del mare di una diapositiva,
commentata dallo spirito delle onde. Il passaggio del messaggio tra la
realtà e la virtualità del mondo attende il navigatore impavido e
sensibile al richiamo della verità che corre parallelamente alla
virtualità e mai vi si confonde. Nell'era della globalizzazione l'Ulisse
contemporaneo accetta la sfida ben preservando la memoria ancestrale della
collettività e l'eredità del passato (inteso come memoria storica), quale
filo di Arianna per non concedersi al labirinto virtuale.
Il mare, bucato dagli incandescenti interrogativi esistenziali
dell'artista, forato come una camera oscura nei tanti diaframmi costituiti
da telai interamente blu, adotta il paradosso quale strumento linguistico
per inerpicare il pensiero sulla via delle asperità e dell'inquietudine
contemporanea.
Siano gli uomini border-line, gli intellettuali anticonformisti, i
pensieri precari, gli anti-bestsellers, le energie alternative, il dubbio
propositivo, le solide chiavi di volta per creare e strutturare una
generazione viva. La catastrofe ad un passo, unico plausibile quesito
nella dispersione post-tecnologica è chiedersi chi siamo, dove stiamo
andando. Renato Pengo ce lo chiede ogni volta ci si appresti a confrontarsi con una
sua opera, inducendoci sulla soglia di un interrogativo che si apre alla
varietà, per concedersi (e riaccompagnarci attraverso) il miracolo della
diversità. Melania Ruggini
Inaugurazione 11 ottobre 2007, ore 17.30 - 22.00
La "Fiera delle Parole" si svolge a Rovigo per quattro giorni da giovedì 11 a domenica 14 ottobre 2007, nell'area del quartiere fieristico Cen.Ser, all'interno dello spazio completamente recuperato dell'ex Zuccherificio, suggestivo esempio di architettura industriale di fine Ottocento.
giovedì 11 ottobre, ore 17:30 Inaugurano anche le esposizioni:
Gian Paolo Berto
mostra di pittura
"La notte dell'acqua"
presenta Roberta Reali
Acqua Cattiva
Eros Belloni e Giorgio Bellavitis
una storia a fumetti
"Acqua Cattiva"
presentano G. Brunoro e R. Reali
Dove finisce il fiume
Lino Bottaro
mostra fotografica sul Delta del Po
"Dove finisce il fiume"
Kenia Good Morning
Renato Tuzza, Roberto Barnes e Andrea Dante
mostra fotografica per un progetto di solidarietà
"Kenia Good Morning"
Sala: Bisaglia
Giancarlo Gusella
mostra di pittura
Per informazioni sul programma completo degli incontri
http://www.lafieradelleparole.it
Quartiere fieristico Cen.Ser
Viale Porta Adige 45, Rovigo
Ingresso libero