Studio Arte Fuori Centro
Roma
via Ercole Bombelli, 22
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Orizzonti di senso
dal 7/1/2008 al 24/1/2008
martedi' - venerdi' 17-20

Segnalato da

Studio Arte Fuori Centro




 
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7/1/2008

Orizzonti di senso

Studio Arte Fuori Centro, Roma

La mostra presenta i lavori di sette artisti e indaga i modi diversi e personali dell'esperienza dell'arte come frontiera del linguaggio. L'orizzonte e' inteso come l'insieme delle possibilita' non ancora esperite che per suo tramite entrano nella sfera della percezione. A cura di Giancarlo Denti.


comunicato stampa

Aurelio Andrighetto, Roberto Bernasconi, Giulio Calegari, Gianluigi Castelli, Enrico Cattaneo, Giovanni Ercoli e Alessio Larocchi.

A cura di Giancarlo Denti

Martedì 8 gennaio 2008 alle ore 18.00 a Roma, presso lo Studio Arte Fuori Centro, via Ercole Bombelli 22, si inaugura la mostra Orizzonti di senso, curata da Giancarlo Denti.

L'esposizione, che nasce dalla collaborazione tra lo Studio Arte Fuori Centro di Roma e la meridiana centro ricerca e diffusione di arte contemporanea di Agrate B.za (MI), rimarrà aperta fino al 25 gennaio rispettando i seguenti orari: dal martedì al venerdì, dalle 17,00 alle 20,00

Orizzonti di senso. L'orizzonte è l'insieme delle possibilità non ancora esperite che per suo tramite entrano nella sfera della percezione. L'orizzonte è una linea immaginaria che separa parti diverse e insieme le connette; questa funzione è il suo senso più profondo. L'orizzonte è inoltre mobile perché, spostandosi insieme con noi, è in relazione a noi, ci è quindi prossimo come una seconda pelle, dalla quale siamo delimitati e con la quale siamo esposti all'esterno. Questa mostra, che ospiterà i lavori di sette artisti, indaga i modi diversi e personali nei quali l'esperienza dell'arte come frontiera del linguaggio si costituisce in nuovi “orizzonti di senso”.

Aurelio Andrighetto è sempre stato attratto dal gioco insidioso delle ombre che spinge i corpi tridimensionali verso la loro catastrofe o dissoluzione visiva. La sua è una ricerca che si pone tra il visibile e l'invisibile. La sottrazione della luce e del visibile, a fronte della presenza inquietante ed enigmatica dell'ombra, pone alle arti visive un interrogativo imbarazzante. L'opera esposta è una fotografia apparentemente in bianco e nero di un paesaggio al crepuscolo. Sulla carta fotografica l'autore ha steso materialmente un colore astratto per provocare la percezione di un colore concreto che materialmente sulla carta fotografica non c'è. Doppia inversione studiata per rievocare artificialmente la percezione della luce crepuscolare, del momento in cui il colore sta per apparire o sparire, momento misterioso in cui tutto ammutolisce.

Roberto Bernasconi espone wORK iN rEGRESS una piccola tela su cui e scritto in rosso IGNORA QUESTO BRUTTO QUADRO. Per quanto possibile cercheremo di sottostare a questo categorico imperativo.

Ex itinere 2005/2006.....2019 è il lavoro che Giulio Calegari presenterà in questa occasione. Si tratta di buste sigillate, che non dovranno essere aperte prima del 2019. Su di esse sono stampate le coordinate geografiche di varie località in cui, con tecniche satellitari GPS, è stata documentata la sua presenza. Nelle buste sono racchiusi momenti del suo percorso: vengono richiamati studi o scoperte etnoarcheologiche, attimi di stupore o luoghi di pensiero. Chi verrà in possesso di una di queste buste, potrà contare su una narrazione di circa venticinque minuti, con la quale Calegari illustrerà il significato del luogo indicato dalle coordinate geografiche: ubicazione di un particolare della sua vita, fissato in copia unica. In molti casi queste “narrazioni” saranno corredate da pubblicazioni o immagini di contenuto artistico o scientifico prodotte da Calegari stesso.

Gianluigi Castelli, da alcuni anni indaga il rapporto fra uomo e natura, in particolare legato alle dinamiche di “interscambio culturale” tra uomo e mondo animale. Da un lato Castelli si è dedicato alla creazione di installazioni per soli animali, Stendipensieri a Pan, dall'altro ha sviluppato una ricerca visiva più strettamente pittorica, elaborando da forme pre-esistenti in natura, come i Nidi. Va da sé che il nido racchiuda una serie molteplice di significati che rimandano sia al rapporto interspecifico uomo-ambiente naturale, che a quello più intraspecifico dell'uomo alle prese con il suo io. Ultimamente il suo lavoro, che in questa occasione verrà esposto, è incentrato su una serie di carte che “raccontano la terra”: qui l'artista è solo un tramite manuale, un archivista di carte che sotterrate o lasciate per alcuni giorni in luoghi dove la natura è padrona, si trasformano secondo gli eventi vegetali e animali, per essere restituite come una sorta di lungo “racconto della terra”.

Enrico Cattaneo, fotografo professionista dal 1963, si dedica soprattutto alla riproduzione di opere d'arte: sue fotografie illustrano numerosissime monografie e cataloghi per artisti di tutto il mondo. Da sempre a questa attività di documentarista, affianca un'intensa attività di ricerca estetica, a cui le opere esposte appartengono. Figlio di un'epoca che ha conosciuto e metabolizzato le ricerche più radicali di Man Ray, ma soprattutto di Duchamp, Enrico Cattaneo conserva nelle sue opere quella dimensione lieta dell'indagine estetica che risale all'epoca delle Avanguardie Storiche e che poi si è ritrovata anche in quelle più recenti del Noveau Realisme o dell'Arte Povera. I suoi Paesaggi, che verranno qui esposti, ne sono un chiaro esempio. Realizzati senza l'ausilio della macchina fotografica, sono parte di un lavoro che rappresenta un caso assolutamente unico nella storia di un autore che ha concentrato la sua attenzione sulle potenzialità espressive della carta fotografica stessa. I Paesaggi sono il risultato di una ricerca condotta sulla superficie della carta politenata Ilford utilizzando reazioni chimiche di diversi elementi che non appartengono necessariamente alla sfera della camera oscura.

Giovanni Ercoli opera su piccole tavolette di legno utilizzando tre elementi: matita, acqua e colla. E' una serie di lavori concepiti per catturare il tempo, saggiarne le diverse qualità, assimilandolo al livello intellettuale ed emotivo; o meglio, per catturare il sentimento che abbiamo di esso traducendolo in spazio, in profondità da toccare con gli occhi. La profondità è una forma abissale della quale tempo e silenzio sono costituiti; ascoltarne le immagini silenziose che suonano dentro, è come ascoltare il passare del tempo. I frammenti di paesaggio che compaiono in queste opere sono tracce vulnerabili, fuggitive, perché appartiene all'idea di traccia il poter essere cancellata. Essi hanno a che fare con la minaccia di un elemento negativo, l'oblio: sono paesaggi così vuoti che non si ricorda nulla. Essi sono però anche i segni portatori di una paradossale funzione rammemorante: l'enigma di una presenza in immagine di una cosa assente. In quei pochi centimetri si viene così a produrre un senso di attesa e di ricerca, di sospensione dello sguardo e di mistero. Quel silenzio cosmico che pervade le sue atmosfere, è un silenzio che si fa percepire dall'occhio, dallo sguardo ossessionato e stressato dell'uomo contemporaneo. Un modo di fare arte, il suo, che per certi versi diventa terapeutico sia per chi lo pratica che per chi la osserva.

Diversi sono i paesaggi di Alessio Larocchi. Il suo è un paesaggio poco romantico, è un paesaggio in cui manca la certezza del corrispondente geografico, è un paesaggio cardiopatico. Il suo è un paesaggio patologico, che sfugge alla presa, che non può essere descrittivo, che procede per sottrazione. Con inquietante ironia le opere pittoriche di Alessio Larocchi accostano ad elettrocardiogrammi o altri oggetti, dove le emozioni sono sottratte, astratti paesaggi, nebulosi, dissolti, completamente liquefatti, l'orografia della tela è costantemente collegata alle pulsazioni del battito cardiaco. L'acrilico, dalle molteplici sfumature di grigio, scivola verso l'alto, evapora, annullando qualsiasi possibilità di figurazione. L'originale ricerca di Alessio Larocchi conduce ad un romanticismo simulato: può essere romantico un belvedere dall'affettività interrotta, che taglia senza indugio qualsiasi possibilità di empatia, di compenetrazione?
Nei paesaggi poco romantici di Alessio Larocchi, lo spettatore è tenuto sempre a debita distanza, il soggetto resta una traccia malinconicamente insabbiata e appena lo si percepisce si sottrae alla ragione e alla materia.

Inaugurazione martedì 8 gennaio 2008 alle ore 18.00

Studio Arte Fuori Centro
via Ercole Bombelli 22, 00149 Roma
orari: dal martedì al venerdì, dalle 17,00 alle 20,00

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