In sideral. L'artista presenta un progetto installativo che coinvolge tutto l'ambiente. Lo spettatore e' invitato ad immergersi nello spazio percorrendo un corridoio d'ingresso le cui bianche pareti digradano progressivamente verso l'oscurita', attraverso le fughe di un reticolo visivo contrassegnato da un susseguirsi di piccoli quadrati bianchi e neri.
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“Ogni generazione s’immagina d’essere nel pieno di un’epoca d’oro, come se l’impossibilità di sentirsi al centro dell’universo in termini di
spazio potesse essere compensata dal sentimento di esserlo in termini temporali.”*
In occasione della sua prima personale presso la galleria Pianissimo Tobias Collier presenta “IN SIDEREAL”, un inedito progetto installativo
che coinvolge tutto l’ambiente.
L’aggettivo “siderale” è comunemente usato in astronomia per indicare ciò che è situato oltre il sistema solare, dove regnano le stelle…e
tutto il resto! Lo spazio siderale può anche essere inteso come ciò che si pone oltre la linea di confine di quello che già l’ingegnere e architetto
Buckminster Fuller identificava, con gusto delle proporzioni, come “universo” (nel senso di “conosciuto”), differenziandolo in questo
modo da “L’UNIVERSO” (nel senso della sua interezza, e che risulta essere, viceversa, sostanzialmente ignoto). In questo progetto, Collier
esplora proprio il concetto di confine estremo oltre il quale il Cosmo diviene improvvisamente s-conosciuto, sondando con gli strumenti
dell’Arte le sfumature “umanistiche” che gravitano attorno a quel limite, inteso come iato, cesura esistente tra il dato materiale e l’idea che
lo afferra, tra l’immaginazione interiore e l’universo esteriore, tra la chiara luce di ciò che è certo e l’oscura coltre del dubbio, tra la conoscenza
e l’ignoranza.
Lo spettatore è letteralmente invitato ad immergersi nello Spazio – che l’artista, novello demiurgo, ha adeguato a quello della galleria
- percorrendo un corridoio d’ingresso le cui bianche pareti digradano progressivamente verso l’oscurità, attraverso le fughe di un reticolo
visivo disposto su di esse e contrassegnato da un susseguirsi di piccoli quadrati bianchi e neri (la cui trama è frutto di un ordine casuale programmato).
Il “rumore di fondo” dell’Universo viene così rappresentato attraverso quella che risulta essere un’“onda bianca” in espansione compenetrata al suo analogo in nero. Questo “spazio bianco” da un lato appronta il modello ipotetico di un Uni-verso generato da un remoto
Big Bang, e dall’altro registra l’infinito numero dei percorsi soggettivi di ciascun spettatore che ricostruisca a ritroso quell’Evento (anche espositivo),
fino al grado zero dell’inconoscibile contraddistinto dal limite dello “spazio nero”. Utilizzando la metafora della conoscenza umana
che procede tentando d’illuminare ciò che è oscuro, con un sottile sense of humor squisitamente inglese Collier pone dunque l’accento sul
limite invalicabile che si frappone alla conoscenza dell’origine dell’Universo, sottolineando la finitezza del punto di vista antropocenrico nella
formulazione di una teoria cosmogonica.
All’estrema propagine di questo viaggio siderale, lo spettatore si trova immerso in un’oscurità costellata da una miriade di piccoli punti di
luce, corrispondenti a minuscoli fori, che disegnano uno Spazio isomorfo metafora solo di se stesso, dove cioè la luce cessa di essere un
simbolo di conoscenza per erigersi a moltitudine di enti luminosi immobili. Queste “minuscule sorgenti di luce nel manto scuro della notte”,
tuttavia, lasciano filtrare una luce che letteralmente si s-vela in quanto “extraterrestre”, varcando il confine dell’inesplorato quasi che le stelle
si costituissero, magicamente, come infiniti messaggi di ritorno consegnatici da altrettante vedette partite in avanscoperta in un lontano
passato, illudendondoci in questo modo di poter afferrare un lembo d’Ignoto.
*Tratto dal libro “Seeing and Believing” di R. Panek, Fourth Estate, London
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“It’s always tempting for each generation to imagine itself at the heart of a golden age, almost as if the inability to be at the centre of the
universe in spatial terms fosters a need to be at the centre in temporal terms.”*
With his first solo exhibition at Pianissimo gallery, London based artist Tobias Collier presents a new installation ‘IN SIDEREAL”.
The word sidereal is used in astronomy to denote that which is beyond our solar system. The realm of the stars…everything else. It can
be seen as yet another boundary dividing up that which the engineer and architect Buckminster Fuller referred to as ‘universe’. Opposed
to ‘the’ universe, not part of a family or set (that/this, those/these), but the entirety in itself. For this work Collier re-examines the idea of
boundaries, a recurrent theme in his practice, be that the boundary of the surface of the self, the internal imagination and external universe
or the bright light of certainty and the dark curtain of doubt.
We enter the gallery space through a corridor, the walls of which gradate from light to dark, through the visual device of a network-grid.
Each square being either black or white ¬derived from a random formula. This white noise not only maps the infinite number of pathways
into our experience of the exhibition, but stands as a metaphor for a big-bang. As we move from the light into an uncertain darkness we
are confronted with a dizzying vista, copious tiny dots of light that punctuate the darkness. This universe has become a symbol of itself, the
‘artists impression’, the literal ‘pin-holes in the curtain of night’ allowing light to cross the boundary from the beyond, the as yet unknown.
*from the book ‘Seeing and Believing’ by R. Panek. Fourth Estate (London)
Inaugurazione 17 gennaio 2007
Pianissimo Contemporary Art
via Giovanni Ventura, 5 - Milano
Mart-sab 15-19
Ingresso libero