Palazzo Reale
Milano
piazza Duomo, 12
02 0202, 02 88451 FAX 02 88450104
WEB
Tre mostre
dal 13/2/2008 al 17/5/2008
lun 14.30-19.30, mar-dom 9.30-19.30, gio 9.30-22.30

Segnalato da

Ufficio Comunicazione Comune di Milano




 
calendario eventi  :: 




13/2/2008

Tre mostre

Palazzo Reale, Milano

Giacomo Balla - La modernita' futurista. La mostra prende in esame il trentennio piu' importante della carriera dell'artista: quello che va dal 1900 al 1929, dall'esperienza divisionista agli anni del futurismo, vissuti nella pluridisciplinarieta' sperimentale. Sono in esposizione 200 opere organizzate in 5 sezioni. Giustino Chemello nelle sue foto parte dal paesaggio, dalle marine alle grandi metropoli e attraverso manomissioni pittoriche e luministiche elimina ogni graduatoria di risalto tra oggetti, alberi, persone. Massimo Listri per anni ha registrato fotograficamente architetture e wunderkammer manieriste e barocche.


comunicato stampa

Giacomo Balla 'La modernita' futurista'

A cura di Giovanni Lista, Paolo Baldacci e Livia Velani.

La mostra è molto attesa per due motivi: il primo è che da 37 anni non è più stata organizzata nessuna grande retrospettiva su Giacomo Balla. L’ultima antologica completa risale infatti al 1971, quando Palma Bucarelli, allora direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, affidò a Giorgio De Marchis la cura di una mostra che comprendeva circa 90 opere. Il secondo motivo è che a Milano non c’è mai stata una vera e propria retrospettiva dedicata a Balla. La cultura milanese e lombarda si è sempre identificata più in Boccioni, l’altro grande futurista, e ha quindi tenuto in minor conto la ricerca e l’originalità di Balla.

Negli ultimi quarant’anni, e maggiormente dopo il cambio di secolo, gli studi sull’avanguardia storica hanno conosciuto un profondo rinnovamento, che ha portato a nuove valutazioni e a nuovi parametri di giudizio. Su questa base analitica, l’opera di Balla appare di una modernità straordinaria, nella misura in cui non soggiace al filtro della storia, ma rivendica un’immediatezza di segno e di soluzioni linguistiche che corrispondono perfettamente alla sensibilità contemporanea.

La retrospettiva di Milano nasce dall’insieme di queste idee: riproporre l’opera di uno dei grandi protagonisti del futurismo; portare per la prima volta Balla a Milano, cioè nella patria culturale di Boccioni; verificare la modernità assoluta e la fortuna di cui gode presso gli artisti contemporanei.

La mostra presenterà e prenderà in esame il trentennio più importante della lunga carriera dell’artista: quello che va dal 1900 al 1929, dall’esperienza divisionista, declinata in moduli inediti e di estrema attualità, agli anni del futurismo, vissuti nella pluridisciplinarietà sperimentale.

I curatori non hanno voluto limitare il futurismo dell’artista alla prima fase storica del movimento, che si concluse con la guerra, ma estenderla ai pieni anni ’20, proprio quando lo studio di Balla diventò il punto di riferimento e il centro propulsore dell’avanguardia italiana.

Curata da Giovanni Lista, Paolo Baldacci e Livia Velani, la mostra è promossa dal Comune di Milano Assessorato Cultura e prodotta da Palazzo Reale e Skira in collaborazione con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma.

La mostra vede il fondamentale contributo di Fastweb, in qualità di main sponsor, e di Intesa Sanpaolo, nonché la collaborazione di Alfa Romeo.

Il lavoro dei curatori si è concentrato sulle opere del periodo prescelto per offrire al pubblico una mostra completa, esauriente e analitica, capace di illustrare e spiegare le diverse fasi della ricerca artistica di Balla.

Al primo piano di Palazzo Reale saranno riunite circa 200 opere tra olii, tempere, pastelli, acquarelli, disegni, assemblaggi, sculture, fotografie e documenti, grazie a prestiti eccezionali ottenuti da collezioni private e musei internazionali, come il Museum of Modern Art di New York, il Musée National d’Art Moderne – Centre Georges Pompidou di Parigi, la Tate Modern di Londra, la Staatsgalerie di Stoccarda, il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, il Kröller-Müller Museum di Otterlo.

Salvo pochissime, inevitabili, lacune, si potrà vedere tutta l’opera maggiore e più famosa di questo grande protagonista della modernità italiana ed europea, ivi compresi i bozzetti per i costumi teatrali, la scenografia e la moda, le opere di arte postale, le tavole parolibere e i manoscritti.

Cinque le sezioni in cui sarà divisa la mostra: Divisionismo e visione fotografica, Analisi del movimento, Ricostruzione futurista dell’universo, Arte-azione futurista e Energie e sensazioni.


Divisionismo e visione fotografica

Le opere esposte coprono il primo decennio del ‘900. Balla, che si è trasferito da Torino a Roma, esordisce come divisionista, facendo prova di grande originalità.

Il suo divisionismo è scevro da componenti mistiche, spiritualiste e simboliste. Aderisce invece ad audacissimi tagli fotografici dell’immagine e a un’estesa gamma strumentale nel modo di trattare la pennellata divisa.

I temi affrontati dall’artista vanno dal mondo famigliare al documento sociale, dal fascino per la natura all’indagine della resa ottica. L’approccio sperimentale e oggettivo della sua pittura apre una linea originale e autonoma all’interno del divisionismo italiano, di cui è uno dei più alti rappresentanti.

Il carattere perentorio dell’inquadratura fotografica è utilizzato in capolavori come La Madre, opera monumentale del 1901, e Agave sul mare del 1905, quadro inedito che viene esposto per la prima volta.

La dimensione intimista dello spazio domestico è messa in scena in opere come Elisa sulla porta del 1904 e Affetti del 1910; la natura panteista è rappresentata con Villa Borghese – Parco dei Daini del 1910; il mondo sociale è trattato in Fallimento del 1902 (di cui si espone il bozzetto) e La giornata dell’operaio del 1904.

Il divisionismo di Balla testimonia già il suo approccio sperimentale, evolvendo fino ad assumere tutti i caratteri di un’opera compiuta, che lo rende celebre tra gli artisti italiani.


Analisi del movimento

Balla entra a posteriori nel futurismo, quando il programma della nuova pittura è già stato formulato da Boccioni in nome di un divisionismo del colore e della forma messo al servizio dei nuovi temi della modernità: la velocità, la macchina, la vita urbana, i moti sociali.

E’ allora che Balla dipinge la famosissima Lampada ad arco del 1910-11 (opera non esposta), in cui declina in modo allegorico il divisionismo mostrando il trionfo di una lampadina elettrica sul vecchio chiaro di luna romantico. Boccioni decide di non inserire quest’opera nella mostra di Parigi del 1912 per non apparire arretrato rispetto ai cubisti.

Balla reagisce lanciandosi in una nuova fase di sperimentazione e di ricerca. Nascono così i capolavori che lo rendono ancora oggi celebre, come Dinamismo di un cane al guinzaglio (opera non esposta) e Bambina che corre sul balcone, entrambi del 1912. In questi dipinti, Balla cerca di fissare secondo i modi di una sintesi analitica un tema plastico radicalmente nuovo: la forma in movimento o il movimento di una forma. Egli mette a punto delle soluzioni diverse e nuovissime, aprendo la strada a un nuovo codice di rappresentazione da cui trarrà il linguaggio astratto delle sue opere successive. Passa poi allo studio dei corpi in volo, a una forma aerea che sfugge ancora di più alla percezione dell’occhio umano.

Lo studio del movimento continua su temi meno naturalistici e nettamente incorporei, come il raggio luminoso e la velocità lineare e repentina di un automobile in corsa. In mostra sono presenti opere eccezionali come Automobile in corsa (velocità+luci) del 1912 del Museum of Modern Art di New York, fino ad ora mai esposto in Italia.

Il risultato estremo di questa sua ricerca, di cui fa parte un divisionismo della forma che ignora la sintassi analitica della scomposizione cubista, sono le velocità di automobili in cui la resa è totalmente astratta. Un precipitarsi di diagonali, uno sventagliamento di curve, un accumulo di diagrammi astratti, rendono, con i soli mezzi plastici della pittura, la sensazione della velocità senza l’oggetto che l’ha prodotta.

Balla passa poi allo studio dei vortici e delle rotazioni celesti. Dipinge capolavori come Vortice+volumi di spazio del 1914 e, dopo aver osservato dal vero l’eclisse del 1914, la serie di Mercurio che passa davanti al sole. Il tema delle rotazioni celesti gli permette di restituire un movimento che sfugge al carattere episodico dell’evento cinetico ed esprime invece una sorta di eternità dell’energia in atto.


Ricostruzione futurista dell’universo

Balla supera la bidimensionalità della tela dipinta nel momento in cui comincia ad inserire nei suoi quadri collage di carta stagnola, carte colorate, lamiere, alla ricerca di superfici riflettenti che possano dare il senso di fugacità effimera e di mobilità della forma. La sua ricerca evolve così dal quadro-oggetto all’assemblaggio tridimensionale, cioè al montaggio di materiali diversi, in cui vuole fissare gli equivalenti astratti di ogni sensazione o elemento della vita universale. Questa tappa del suo lavoro viene teorizzata nel manifesto Ricostruzione futurista dell’universo, che firma nel 1915 con il giovane Depero.

In questo manifesto Balla apre due grandi ipotesi di ricerca: la prima è quella di un’estrema latitudine del mondo futurista che va dall’oggetto quotidiano all’abito, dalla scenografia teatrale a qualsiasi oggetto strumentale che va ripensato secondo i canoni formali del futurismo. La seconda ipotesi è quella dell’assemblaggio di materiali che, probabilmente su influsso diretto dei teorici della Gestalt, viene chiamato complesso plastico. In mostra ci sarà un’opera straordinaria, mai esposta finora e del tutto inedita: il primo Complesso plastico realizzato da Balla nel 1914, recentemente ritrovato nella collezione Odescalchi di Roma nel Castello di Bracciano.

In questa sezione saranno esposti anche i bozzetti di costumi e di scene teatrali provenienti dal Museo Teatrale alla Scala. Questi bozzetti sono già stati presentati diverse volte, ma vengono per la prima volta identificati come progetti preparatori per una messinscena teosofica di “Proserpine” di Paisiello.

Ci saranno anche tavole parolibere, opere di arte postale, copertine di riviste e i cosiddetti “fiori futuristi”, in cui Balla ha lanciato l’idea di una natura interamente ricreata dall’uomo.


Arte-azione futurista

Il futurismo, secondo la volontà stessa di Martinetti che ne è stato il fondatore, voleva essere la tappa ultima del Risorgimento, la possibilità di costruire un’identità culturale italiana moderna. E in questo senso, il futurismo è stato concepito nel più profondo come un’arte-azione, come una creazione militante, che avrebbe dovuto forgiare i valori della nuova Italia post-unitaria.

In ogni opera futurista c’è la volontà di allegorizzare dei valori, o per lo meno di educare lo spettatore italiano ad una società altra rispetto alla grande tradizione della cultura classica e rinascimentale su cui è stata costruita l’identità artistica nazionale.

In questa sezione ci saranno opere legate alla fase patriottica della propaganda di guerra, ma anche opere legate all’osservazione ironica del mondo borghese, o allegorie didattico-attivistiche, come Scienza contro oscurantismo del 1920, Pessimismo e ottimismo del 1923, che testimoniano la scelta futurista di impugnare l’arte come strumento di educazione, propaganda, formazione.


Energie e sensazioni

Nel dopoguerra, la ricerca di Balla si svincola dai temi più contingenti del futurismo per assumere una vera e propria lettura del mondo in chiave energetica. L’energia di cui egli parla non è più quella del mondo meccanico o tecnologico, pesantemente compromesso con la guerra. Balla si interessa allo scambio osmotico continuo, che produce l’essere e il vivere del “tutto”: l’energia della natura, del ciclo delle stagioni, l’energia psichica, tutti i tipi di forza vitale e il modo in cui essi si rivelano attraverso la sensazione.

La sensazione è ciò che produce l’attivazione del campo di energia. Un colpo di fucile, l’apertura di un flacone di profumo, il più piccolo episodio del quotidiano aprono questa rivelazione del campo di energia e mettono l’essere in sintonia con la totalità cosmica.

Questo è il tema dell’ultima ricerca di Balla. Un decennio che vede la produzione di nuovi capolavori, come Forze di paesaggio estivo del 1917 e Colpo di fucile domenicale del 1918, prime versioni inedite che sono state ritrovate nel corso della preparazione della mostra.

Particolare attenzione sarà dedicata all’allestimento, a cura dell’architetto Daniela Volpi, che creerà nelle sale di neoclassica simmetria di Palazzo Reale spazi obliqui e slittanti con effetto di espansione dinamica estremamente appropriati all’ambientazione di opere così innovatrici come quelle di Balla.

In mostra sarà proiettato il film “Balla e i futuristi”, realizzato nel 1971 da Jack Clemente per la radio-televisione francese: uno straordinario esempio di documentario d’arte con colorite testimonianze delle figlie e degli amici dell’artista.

Questa mostra sarà una grande rivelazione e una rivincita postuma per Balla.

Balla ha incarnato l’altro grande polo della creazione futurista e, dopo la sua morte, ha preso il posto di Boccioni come guida del movimento, che è stato la vera grande avanguardia nazionale italiana del ‘900.

Ufficio stampa
Lucia Crespi Via Francesco Brioschi, 21, 20136 Milano tel 02 89415532 lucia@luciacrespi.it

Presentazione stampa ore 13
Inaugurazione su invito ore 18.00

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Giustino Chemello - Noi siamo qui ma non ci siamo
a cura di Marco Cavalli

Il Comune di Milano - Assessorato alla Cultura, e 24 ORE Motta Cultura presentano una mostra, allestita nei prestigiosi spazi di Palazzo Reale, “Noi siamo qui ma non ci siamo”, a cura di Marco Cavalli, dedicata al lavoro del fotografo vicentino Giustino Chemello.

Snatura ad artem la fotografia, creando una sorta di limbo dove la relazione figura-sfondo viene modificata e allontanata dalla visione quotidiana.

«Esalta i colori» scrive Marco Cavalli, curatore della mostra «con una intensità che esorta a un’adesione sensoriale più completa e complessa, esorbitante la semplice prospettiva aristocraticamente dedotta dalla vista. Le spiagge, i guard-rail autostradali, i cartelloni pubblicitari, gli autobus, i pedoni, si animano nuovamente, prendono vita – e la prendono proprio da quei colori che, finché li usavamo a nostra insaputa, non potevamo vedere e ci impedivano di vedere. Pur serbando una fissità da tableau-vivant, i paesaggi di Chemello, nell’imperfezione voluta della loro morfologia, nell’esibizione provocatoria della loro illuminazione, danno l’impressione di aspirare a un assetto diverso. Chiedono ai nostri occhi una collaborazione dinamica, mentre prima potevano offrire loro solo una concentrazione distratta.

Il catalogo è a cura di Marco Cavalli e pubblicato da Federico Motta Editore.

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Massimo Listri

Il Comune di Milano - Assessorato alla Cultura e 24 ORE Motta Cultura presentano nei prestigiosi spazi di Palazzo Reale una mostra sul lavoro di Massimo Listri, fotografo e fondatore nel 1981 con Vittorio Sgarbi della rivista FMR.

La formidabile capacità di Listri è svelare come per sortilegio un mondo decorativo talvolta da decenni abbandonato all’oblio, nel far emergere in piena luce la bellezza appannata dalla polvere del tempo, sia essa quella d’un giardino negletto oppure la vita ancora vibrante che si cela in un’antica tela, in un prezioso objet de vertu.

L’artista abbraccia giovanissimo la strada della fotografia esordendo con una serie di straordinari ritratti in bianco e nero che raccontano alcune delle figure nodali del Novecento. Grandi vecchi della cultura e della scienza, delle arti e della letteratura come Montale, René Clair, Carlo Bo, l’ereticale sensibilità di Pier Paolo Pasolini, un’immensa arca di sapere quale Federico Zeri, sir Harold Acton, estremo testimone di un mondo perduto, quello angloamericano annidato dalla seconda metà dell’Ottocento nelle ville e sui colli toscani, e dei suoi sofisticati rituali.

Ma Listri è altrettanto noto per la sua capacità di registrare il senso più alto dell’architettura: per anni ha esplorato wunderkammer manieriste e barocche rinserrate nel chiuso di conventi e freddi palazzi mitteleuropei, si è immerso nell’oro e marocchino rosso delle grandi biblioteche rocaille, ha scavato in archivi e tesori eccelesiastici, nel fasto mediceo delle pietre dure, tra l’ambra, l’avorio e gli argenti dei principi del nord.
Il catalogo è di Federico Motta Editore

Palazzo Reale
Piazza Duomo, 12 - 20122 Milano
Orari: lun 14:30-19:30, mar-dom 9:30-19:30, gio 9:30-22:30
La biglietteria chiude un’ora prima
Ingresso: 5 euro per entrambe le mostre di Giustino Chemello e Massimo Listri, Giacomo Balla da euro 6 a euro 9

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