Mirko Baricchi
Gianluigi Bellorini
Danilo Brutti
Arianna Crossa
Carlo Caldara
Luca Lischetti
Davide Mancosu
Silvio Merlino
Silvio Monti
Igor Zanti
Raffaella Silbernagl
30 artisti raccontano l'amore tra uomo e animali. "Sono lento come una tartaruga, cieco come una talpa, agile come un gatto, furbo come una volpe, fedele come un cane. Mangio come un bue, dormo come un ghiro, ho un cervello di gallina e la vista di un falco, i piedi a papera e gli occhi porcini...Sono un uomo, sono un animale."
Un inno al sentimento che lega uomo e animali, un tributo a coloro che da millenni rendono la nostra vita su questa terra più felice e serena. Trenta artisti raccontano con sguardi diversi il rapporto che ci lega agli animali, compagni di vita fedeli e devoti, sempre più preziosi in una società in cui i rapporti umani sembrano travolti da una crisi profonda. Allora perchè non dedicare la festa degli innamorati proprio a loro? Cani, gatti e altre creature che gli artisti ospiti di Silbernagl hanno immortalato nella mostra che si inaugura il 14 febbraio e che resterà aperta al pubblico fino al 15 marzo.
La mostra sarà articolata in tre sezioni: una dedicata all’arte contemporanea a cura di Igor Zanti, in cui saranno esposte opere di Mirko Baricchi, Gianluigi Bellorini, Danilo Brutti, Arianna Crossa, Carlo Caldara, Luca Lischetti Davide Mancosu, Silvio Merlino, Silvio Monti, e altri; l’altra dedicata ad opere di antiquariato dal XVII al XIX secolo a cura di Raffaella Silbernagl. Ad arricchire l’evento va segnalata una vera e propria chicca per collezionisti: alcuni disegni originali del fumetto Dylan Dog forniti direttamente dalla Casa Editrice Bonelli con soggetti animali, alcuni dedicati al tema dell'abbandono e dei maltrattamenti.
L'iniziativa infatti ha anche uno scopo benefico: sostenere le attività di Save the Dogs and other Animals, (http://www.savethedogs.eu), l'associazione che da anni si batte per fermare il massacro dei randagi in Romania. In occasione della mostra l'associazione metterà in vendita 100 magliette a tiratura limitata su disegno di Davide Mancosu, uno degli artisti ospiti della mostra, mentre parte del ricavato dalla vendita delle opere andrà a beneficio degli oltre 2000 animali di cui Save the Dogs si prende cura ogni anno in Romania.
L'evento, arricchito di un catalogo, è stato reso possibile grazie ad una donazione di Almo Nature, l'azienda di prodotti bio per cani e gatti che sta promuovendo numerose iniziative a favore degli animali abbandonati e soccorsi dalle associazioni.
"Il nostro amore per gli animali si misura dai sacrifici che siamo pronti ad affrontare per loro".
Konrad Lorenz, L’anello di Re Salomone
Sono stato un maiale, un asino, uno squalo, una iena. Sono lento come una tartaruga, cieco come una talpa, agile come un gatto, furbo come una volpe, fedele come un cane, leggiadro come una farfalla. Mangio come un bue, dormo come un ghiro, striscio come un serpente, corro come un ghepardo, ripeto le cose come un pappagallo, ho un cervello di gallina e la vista di un falco, i piedi a papera e gli occhi porcini………….
Sono un uomo, sono un animale.
Per quanto ci sforziamo di dimenticare le nostre origini, di scordarci che non più tardi di cinque milioni di anni fa i nostri progenitori erano più simili a Cita che a Jane e che, difficilmente, ci saremmo distinti da un branco di scimmioni intenti a spulciarsi, rimaniamo, nel nostro intimo, nelle nostre ancestrali pulsioni, degli animali.
E’ però interessante notare come, fin dalla preistoria, l’essere umano abbia cercato di relazionarsi con gli altri animali. Si sono stretti in questo senso rapporti di fiducia, di collaborazione e di affetto, ma anche, come succede in ogni tipo di rapporto, si sono palesati degli aspetti negativi, e l’uomo, che non si è fatto mai mancare una certa propensione ad una ricercata crudeltà e che cela un inquietante dark side, ha fatto, talvolta, degli animali le vittime della propria follia distruttrice.
Non sono sconosciute ai più le raffinate tecniche di sterminio che l’essere umano ha ideato per decimare, talora non coscientemente, moltissime specie viventi.Se da un lato, l’economia mondiale registra un incremento del business legato alla commercializzazione di articoli dedicati alla cura degli animali domestici, dall’altro, le notizie riguardanti l’estinzione o il pericolo di estinzione di diverse specie animali non sono infrequenti. Se le simpatiche e graziose foche, o gli orsi bianchi, o i disneyani panda, sono oggetto dell’attenzione dei media e forieri di qualche distratta lacrimuccia che casca casualmente nel piatto di quadrettini in brodo davanti al tg delle 8, molte altre specie animali si estinguono silenti e dimenticate nelle foreste equatoriali o nei fondali marini.
Queste brevi riflessioni, che non sono altro che quello che il buon vecchio Marco Tullio avrebbe definito una sorta di mecum cogitando, non devono far dimenticare che nel mondo si può individuare una nutrita schiera di esseri umani che, contrariamente alla tendenza generale, sono orgogliosi di poter dire, a ragion veduta: “ I love Animals”.
L’arte, come diceva Coleridge ha il potere di umanizzare la natura, di infondere i pensieri e le passioni dell’uomo in tutto ciò che è l’oggetto della sua contemplazione e, di conseguenza, non sorprende che in tutte le epoche ed in ogni parte del globo, gli artisti abbiano puntato la loro attenzione sul mondo animale.
Sconcertò, nel 1969, l’installazione di Kounellis all’Attico di Roma dove l’artista di origine greca espose dei cavalli vivi a guisa di quadri, o il gregge di pecore presentato nel 1978 nel padiglione israeliano della Biennale di Venezia.
Bisogna ricordare che l’interesse del mondo dell’arte per le tematiche ambientaliste ebbe negli anni ‘70 uno dei suoi massimi apici e, in quegli anni, la natura in generale ed il mondo animale in particolare, invasero le gallerie, le biennali e i musei. Anche oggi però, nell’epoca del new pop, della toy culture, del neofigurativismo, si possono rintracciare una serie di artisti che nel loro agire, per vari motivi e con finalità differenti, guardano al mondo animale.
La mostra “I love animals” si apre con una serie di opere di marcato gusto ritrattistico e neofigurativo, sebbene filtrate e declinate da ogni singolo autore secondo il proprio personale modo di agire.
A questo primo gruppo si possono ascrivere i ritratti di Andrea Toniolo, giovane ed interessante figura emergente nel panorama dell’arte contemporanea veneta, che ha dedicato gran parte del suo lavoro allo studio degli animali selvaggi. In mostra, forse discostandosi leggermente dal suo segno pittorico virile ed incisivo, l’artista presenta due ritratti di cani dai toni pacati, venati da sfumature compositive che rimandano ad una dimensione familiare e che accennano all’universo affettivo che gli uomini condividono con i propri animali domestici
Un simile sentire, sebbene delineato da un segno più spigoloso, da una pittura più metallica, si riscontra nei lavori di Maria Cristina della Berta. L’artista espone due opere: la prima, intitolata A spasso con Olivia, presenta alcune costanti tipiche del suo lavoro, come la figura femminile dalle proporzioni allungate o l’ambientazione urbana, la seconda, è invece una sorta di velata dichiarazione d’amore, si tratta infatti di un ritratto, suggestivamente intitolato Per Sempre, dedicato ai due grandi amori di Maria Cristina della Berta, il marito ed il suo cane, un magnifico esemplare di boxer.
Sempre in questo primo gruppo di opere di evidente ascendenza neofigurativa, troviamo il ritratto di Paco di Carlo Caldara ed il lavoro di Luca Lischetti intitolato Boxer. Se da una parte Caldara, attraverso un segno calligrafico ed un taglio compositivo insolito, ribadisce metaforicamente il proprio amore per gli animali, dall’altra Lischetti, secondo lo stile che gli è tipico e che risente di influssi del primo Birolli, deforma le proporzioni dell’animale utilizzando una tecnica di distorsione quasi onirica e ammanta l’opera di un colorismo vivace ed intenso, affidando la sua firma cromatica ad una tonalità intensa di rosso.
In un momento di passaggio tra una accezione neofigurativa e spunti new pop si possono inserire le opere della genovese Arianna Carossa. L’artista, ritornando alla pittura dopo un lungo periodo dedicato alla scultura in ceramica e riaggiornando la sua precedente produzione pittorica che vedeva protagonista il nylon, crea delle composizioni su più livelli di plexiglass, opere che, pur rifacendosi alla tradizione della pittura di genere settecentesca ed ottocentesca, contaminano in senso pop e riattualizzano con una vena di sottile e cinica ironia tale tradizione.
Di spirito dichiaratamente new pop sono, invece, i ritratti realizzati da Davide Mancosu. Secondo quanto diceva Coleridge, l’artista ha il potere di umanizzare la natura, e i cani di Mancosu vengono umanizzati e trasformati in personaggi dei cartoons, per divenire degli inconsapevoli simulacri delle manie e delle ossessioni della società contemporanea.
La trentina Michela Pedron si pone sulla scia del lavoro di Mancosu, rielaborato però secondo un’ accezione che risente di alcune influenze vintage di matrice optical. Se da un lato, la scultura in panno Alce sente gli effetti degli influssi giappo-americani caratteristici della toy culture e di tutte le sue derivazioni nel panorama dell’arte contemporanea, dall’altro, l’opera My Dog, propone una vivace e insolita fusione fra pop art e optical.
Sempre di matrice new pop per la sua resa finale, ma supportato da una ricerca a priori che denuncia ascendenze di tipo tardo concettuale è l’opera dell’artista piemontese Alessandro Pianca, che presenta in mostra un lavoro facente parte del più ampio e complesso progetto artistico intitolato Xtrawberry Flavour. In questo lavoro la presenza dell’animale viene sostituita da quella di un pupazzo che entra in contatto con la modella in un gioco di velati rimandi erotici.
L’artista varesino Silvio Monti si inserisce con la sua produzione a pieno titolo nel novero del gruppo di artisti new pop fin qui menzionati. Monti, attraverso l’utilizzo della foglia d’oro, tipica della pittura religiosa medievale e bizantina, la regolarità del formato e la ripetitività seriale, sacralizza in maniera ironica gli antropoformizzati animali della fattoria Disney.
Di pura matrice pop è invece l’artista Giordano Curreri, uno dei componenti del famoso gruppo Ultrapop, che ha scelto di dedicare, con il suo consueto spirito dissacrante, il proprio lavoro allo sconcertante problema della violenza sugli animali. L’opera di Curreri, intitolata ironicamente Il resto del Carlino, si inserisce nella mostra come una inquietante frattura, una sorta di ferita metaforica che apre uno squarcio su una realtà talvolta trascurata.
Il lavoro realizzato da Antonella Bersani, intitolato Cappuccetto verde, rosa, viola, non affronta tanto il rapporto tra uomo e animale, quanto, più in generale, il rapporto tra uomo e natura. L’ artista espone una figura ibridata, quasi un essere appartenente ad un’età aurea in cui la dicotomia tra uomo e natura non si era ancora verificata. Un’opera che, applicando una differente chiave di lettura, ci porta a riflettere sul concetto di ibridazione genetica e sulla transgenia che sta trasformando la natura ad immagine e somiglianza dell’uomo.
Da uno spirito differente, con forti accenti calligrafici, da una cultura che risente di ispirazioni metafisiche e tardo concettuali, è caratterizzato il lavoro di Danilo Alessandro Brutti, che presenta un’opera facente parte del complesso e raffinato progetto artistico intitolato I can’t see. Tale progetto, prendendo il via dall’idea della privazione della vista intesa come privazione della possibilità di desiderare, si sviluppa coinvolgendo diverse discipline quali la pittura, la scultura, la video arte.
Un incursione nell’arte fotografica ci viene fornita dalla ticinese Ivana Falconi, artista che si è distinta in passato per i suoi lavori marcatamente pop e per la sua partecipazione con una enorme scultura alla esposizione universale di Aichi. La Falconi ci propone un’ installazione formata da sette fotografie di piccolo formato che la vedono protagonista insieme a dei gatti. L’opera nasce in un periodo in cui l’artista aveva abbracciato il vegetarianesimo, ed è da intendersi come una sorta di riflessione da parte di Ivana sul rapporto tra amore per gli animali e cultura vegetariana.
Il ligure Mirko Baricchi, distaccandosi dalla cultura neofigurativa e new pop, presenta in mostra un’opera di pacata ed intensa poeticità dove un accennato profilo di gatto si staglia su uno sfondo materico, creando un contrasto intenso che rivela rapporti plastici insospettati e uno spirito onirico.
Da uno spirito differente rispetto quello di Mirko Baricchi è caratterizzata l’opera della serie Emblemi di Gianluigi Bellorini. L’artista inserisce l’immagine di due gatti all’interno di una cornice di simboli, creando un insieme misterioso, che conferisce agli animali un senso di distaccata sacralità.
Concludono la mostra un gruppo di tre opere appartenenti a due grandi artisti che si sono distinti nel campo della pittura e dell’arte vetraria. Da una parte, Silvio Merlino, ci ripropone le sue atmosfere magiche e rarefatte, il suo impegno sociale, attraverso l’ enigmatica ed ironica tela Stasera fammi dormire a casa tua e dall’altra, tre sculture in vetro del noto maestro Antonio de Ros, forniscono un interessante esempio dei livelli qualitativi raggiunti nella seconda metà del secolo scorso dalla vetreria Cenedese di Murano e di come questo tipo di produzione artistica privilegiasse il soggetto animale.
In questa mostra si è cercato di raccogliere un gruppo di personalità artistiche di età, cultura e provenienza molto differenti che, sollecitate ad interpretare il tema dell’ amore per gli animali, hanno dato vita ad una raccolta di opere di straordinario interesse.
Si potrà obiettare che la mostra non presenti una omogeneità ma piuttosto una certa varietà. Credo che tale varietà sia da intendersi come un plusvalore, poiché attraverso i lavori di questi artisti potremo intraprendere un viaggio alla scoperta dei molteplici aspetti del complesso rapporto che, fin dall’epoca preistorica, si è stabilito fra l’uomo e l’animale.
inaugurazione 14 febbraio 2008, dalle 18.00 alle 23.00
Galleria Silbernagl,
via Borgospesso 4, Milano
ingresso libero