Valori escatologici e ricerca artistica si confrontano nell'installazione ideata dal gruppo Orlando (Enzo Ferrara e Daniela Panfili) e Diego Mazzaferro. Al centro dell'azione è la lettera 'zayin' e il numero sette, elementi entrambi che rimandano ad una condizione originaria della scrittura e del pensiero. Traccia di una primordiale e necessaria forma di comunicazione che ha in se' i presupposti del pensiero.
Enzo Ferrara, Daniela Panfili,
Diego Mazzaferro, Maurizio Landini
A cura di Elena di Raddo
Valori escatologici e ricerca artistica si confrontano
nell'installazione ideata dal gruppo Orlando (Enzo Ferrara e Daniela
Panfili) e Diego Mazzaferro.
Al centro dell'azione è la lettera
"zayin" e il numero sette, elementi entrambi che rimandano ad una
condizione originaria della scrittura e del pensiero.
Traccia di una
primordiale e necessaria forma di comunicazione che ha in sé i
presupposti del pensiero.
Il numero sette, infatti, fa esplicito
riferimento ai misteri riposti nelle Sacre Scritture: le membra, le
sette parti comprese nell'uomo, fatto da Dio a sua immagine e
somiglianza, ma anche al numero che scandisce i giorni della
setÂtimana, e, quindi la misura del tempo che prese avvio dalla
Creazione, a partire, cioè, dal "settimo giorno".
Suddiviso in due
parti da un non tessuto semitrasparente, lo spazio della "scena" in cui
si svolge la performance e la mostra, sottolinea la duplice dimensione
della rappresentazione e della fruizione. Il velo separa fisicamente, ma
non visivamente, gli spazi rendendo solo percettibile ciò che accade
dietro coinvolgendo il ruolo dei fruitori della performance
all'interno del progetto artistico. Nella prima sezione dello spazio il
pubblico assiste a quanto s'intravede dietro il velo attraverso un
monitor che trasmette in diretta la performance: in questo modo la
fruizione è mediata dalla registrazione che si frappone alla visione
diretta. Tale mediazione visiva e percettiva è sottolineata, inoltre,
da un altro moniÂtor posto di fronte al velo che trasmette un video
realizzato con un programma di grafica computerizzata.
In esso la
lettera Z di Zayin compie evoluzioni grafiche all'interno di uno
spazio architettonico che si apre a dimensioni ed evoluzioni
artificiali. La germinazione della lettera attraverso la sua
moltiplicazione e definizione del significato nella creazione della
parola Zayin allude alla definizione di un pensiero partendo
dall'elemento primario, elementare, della scrittura.
Il riferimento alla
dimensione dell'artificio tecnologico è comunque costantemente posto
in relazione con quella fisica e tale sinergia costituisce il motivo
caÂratterizzante l'intero lavoro. Oltre lo spazio riservato alle
proiezioni e al pubblico, infatti, si svolge una performance che, a
diversi livelli, sottolinea la fisicità : il performer, posto sopra una
seduta in pelle, compie l'atto della scrittura.
Oltre alla presenza del
corpo dell'artista, il senso della fisicità è presente anche nel
materiale organico con cui è realizzata la seduta, ma, allo stesso
tempo, è elusa dal disegno della costellazione dipinto sulla sua
superficie che allude al cosmo.
L'azione rappresenta così
l'elevazione, spirituale e mentale, dell'individuo tramite una traccia
consapevole: la lettera che il performer continua a tracciare durante
l'azione. In tal modo si realizza l'integrazione tra le dimensioni della
razionalità e della fisicità , ma anche dello spirito, essendoci,
appunto, in questo lavoro il continuo riferimento a significati
primari ed escatologici.
La costellazione su cui siede il performer
oltre il velo, e nella quale si sviluppa anche il percorso tracciato
dalla lettera Zayin nel video, è la meta ultima della riflessione
sull'uomo e sulla sua origine, e, la chiave di lettura degli eterni
interrogativi sul senso dell'esistere.
Inaugurazione: lunedì 10 Dicembre alle ore 18.30
Alle ore 20.00: Conversazione con Elena di Raddo e con gli artisti
Apertura: giovedì_venerdì_sabato dalle ore 16.30 alle ore
20.00 e su appuntamento
Circolo Culturale Bertolt Brecht
Via Padova, 61_20127 Milano
Tel/fax_02 26820454
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