Immemore. Una mostra personale dell'artista svedese. In esposizione, una scelta di scatti recenti di vari formati, tratte da originali d'epoca, e la serie 'Unidentified Mourners' ispirata alla fotografia di lutto.
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La galleria alessandro de march presenta una mostra personale di Linda Fregni Nagler (Stoccolma, 1976). In esposizione, una scelta di fotografie recenti di vari formati, tratte da originali d’epoca, e la serie Unidentified Mourners.
Il centro della ricerca di Linda Fregni Nagler è la fotografia analogica, intesa come tecnica, come supporto materiale di un’immagine, come documento, come oggetto d’affezione. Tutte queste possibili accezioni di essa vengono messe in gioco ed esplorate nella mostra.
Come ha scritto Roland Barthes, la fotografia è una traccia materiale del suo oggetto, una reliquia, prima che una rappresentazione: per questo essa stabilisce un rapporto particolarissimo (e completamente diverso da quello della fotografia digitale) con il tempo, la memoria e gli affetti. Un rapporto che diventa ovviamente tanto più evidente ed emotivamente forte quando il soggetto della fotografia è una persona.
Tutte le opere in mostra sono dei ritratti. Il loro punto di partenza è sempre un’altra fotografia, trovata o acquistata dall’artista nel corso del tempo. Le immagini originali, di autori ignoti, risalgono all’Ottocento e alla prima metà del Novecento. Lavorando su questo materiale, Linda Fregni Nagler ha creato una serie di nuove stampe, spesso formalmente molto lontane dall’originale.
Il gruppo più consistente di opere (Suono Bianco, Fleurette Africaine, Senza Titolo [Famiglia], Un istante qualsiasi nella seconda metà del XX secolo, Tregua [Ragazzo in barca], Old and New Friends at the Zoo), è il frutto di un lavoro che sta fra il restauro e l’indagine indiziaria. Le immagini, trasformate da un paziente lavoro in camera oscura, si allontanano definitivamente dal loro soggetto, e il fatto di perdere la patina opaca del tempo le rende, paradossalmente, ancora più impenetrabili. Il titolo della mostra, Immemore, accenna a questa impossibilità di risalire al senso originario - emotivo ed esistenziale - delle fotografie, e al senso di perdita che ne deriva. Quello che esse “documentano” (se la parola ha un senso in questo contesto) è solo la continuità nel tempo del bisogno di rappresentarsi, di rispecchiarsi in un’immagine fotografica.
In Senza Titolo (Famiglia), partendo da un originale del primo Novecento che raffigura un singolare gruppo familiare, Linda Fregni Nagler ha ricavato una stampa polarizzata, sulla quale proietta, facendola coincidere esattamente, la diapositiva della medesima stampa. Il risultato è una terza immagine fantasmatica, dalla consistenza illusoria.
In tutti questi lavori, lo scopo è quello di rendere lo spettatore consapevole di un fatto elementare, ma che, in un’epoca di tecnologia digitale, tendiamo a dimenticare: una fotografia non è semplicemente un’immagine, ma l’unione di un’immagine e di un supporto, un oggetto, dunque. Ogni volta che una fotografia viene rifotografata e cambia di supporto, ha luogo una traduzione, un tradimento. “Il mio obiettivo – afferma l’artista - è quello di creare delle riproduzioni fotografiche che, se riprodotte a loro volta, perdono completamente di significato”.
Un secondo gruppo di fotografie, un’opera unica intitolata Unidentified Mourners, ha come ispirazione una tipologia ormai scomparsa della storia della fotografia: la fotografia di lutto. L’ispirazione proviene dalle immagini delle “vedove piangenti”, biglietti da visita utilizzati per un breve periodo alla fine dell’Ottocento per testimoniare e comunicare un lutto. In questo caso, anche lo scatto è opera dell’artista. Stampate in piccolo formato e su fondo bianco, le immagini di due donne piangenti diventano macchie scure simmetriche che ricordano, intenzionalmente, i test di Rorschach, invitando lo spettatore a decifrare ciò che vede.
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The alessandro de march gallery presents a one-woman show by Linda Fregni Nagler (Stockholm, 1976). On display are a selection of recent photographs in various formats, taken from vintage originals, and the series Unidentified Mourners.
Linda Fregni Nagler’s work centres around traditional photography. Photography seen as a technique, as the material medium for an image, as a document, as the object of affection. All of its possible meanings are put into play and explored in the exhibition.
As Roland Barthes wrote, photography is a material trace of its subject. It is a relic, before being a representation. This is why it establishes a very special relationship – completely different to that of digital photography – with time, memory and affections. This relationship obviously becomes all the more obvious and emotionally intense when the subject of a photograph is a person.
All of the works on display are portraits. They always start from another photograph, either found or purchased by the artist over the years. Original images by unknown authors date back to the 19th century and first half of the 20th century. Working on this material, Linda Fregni Nagler has created a series of new prints, which are often very far from the original in terms of form.
The largest group of work (White Sound, Fleurette Africaine, Without Title [Family], Anytime in the second half of the XX Century, The Truce [Young Man on a Boat], Old and New Friends at the Zoo), is the result of activity that lies somewhere between restoration and a circumstantial investigation. Patient work in the dark room has changed the images so that they depart from their subject definitively. Paradoxically, the fact that the prints lose the opaque patina of time makes them even more impenetrable. The title of the exhibition, Immemore, hints at the impossibility of returning to the original meaning – emotional and existential – of the photographs, and to the sense of loss that derives from this. That which they “document” (if the word has any meaning in this context) is merely the continuity over time of the need to portray oneself, to mirror oneself in a photographic image.
In, Without Title (Family), Linda Fregni Nagler uses an original early 20th century photograph of an unusual family group to create a polarised print. She has projected the slide of the same print onto it so that it matches up exactly. The result is a third, ghostly image with an unreal feel to it.
In all of these works, the purpose is to make the spectator aware of a basic fact, but one which we tend to forget in the age of digital technology: a photograph is not simply an image, but is the union of an image and a medium, and so it is an object. Each time that a photograph is re-photographed and changes medium, a translation or a betrayal takes place. The artist says, “My objective is to create photographic reproductions which, if reproduced in turn, lose all meaning”.
A second group of photographs forms a single work entitled Unidentified Mourners. It is inspired by a genre that has now disappeared from the history of photography: the photography of grief. The artist was inspired by pictures of “grieving widows”, calling cards used for a short period in the late 19th century to announce and bear witness to a bereavement. In this case, the artist shot the photographs herself. Printed in a small format on a white background, the pictures of two weeping women become dark, symmetrical blots that are deliberately reminiscent of Rorschach tests. The onlooker is thus invited to decipher what he sees.
Inaugurazione ore 18
Galleria Alessandro De March
via R. Rigola 1 - Milano
Orario: martedì – sabato 15.00 – 19.00
Ingresso libero