Fondazione Mudima
Milano
via Tadino, 26
02 29409633 FAX 02 29401455
WEB
Sam Havadtoy
dal 5/5/2008 al 29/5/2008
lunedi' - venerdi' 11-13 e 16-19,30, sabato e festivi chiuso

Segnalato da

Fondazione Mudima



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Sam Havadtoy
Arturo Schwarz



 
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5/5/2008

Sam Havadtoy

Fondazione Mudima, Milano

In mostra i lavori di 5 periodi creativi di Havadtoy focalizzati quasi totalmente su due serie di omaggi, una per Andy Warhol e un'altra per Agnes Martin, che rappresenta un vero idolo per lui. L'artista scrive di getto pensieri e sensazioni sulla tela e successivamente ricopre il testo di pittura. In ogni dipinto usa la combinazione di almeno 40 diverse sfumature.


comunicato stampa

Catalogo a cura di Arturo Schwarz

Sam Havadtoy è un artista dalla vita particolare ed insolita: originario della Transilvania, nato a Londra, arrivò a Budapest nel 1956 proprio mentre i carri armati sovietici vi stavano entrando. Più tardi si spostò a New York e in breve tempo si relazionò con l’elite artistica, entrando in contatto con Keith Haring, George Condo, Donald Baechler e Jasper Johns. Strinse un’intensa amicizia con il grande artista della Pop Art, Andy Warhol, che fu per Havadtoy un modello, oltre che un amico.

La mostra racchiude i lavori di cinque periodi creativi di Havadtoy, focalizzando quasi totalmente l’attenzione su due serie di omaggi, una per Andy Warhol e un’altra per Agnes Martin, che rappresenta un vero e proprio idolo per lui.

A prima vista i lavori Beauties, The Mystery of Life-series, dedicati ad Agnes Martin, sembrano totalmente monocromatici; ma uno sguardo più attento rivela profonde differenze, in ogni dipinto si scopre la combinazione di almeno quaranta diverse sfumature. Lo scopo era di “andare sotto la pelle di Agnes Martin”, che passò una vita intera a creare con estrema accuratezza i suoi diafani dipinti.

La tecnica di Havadtoy è nata da un’esigenza psico-terapeutica. Scrive di getto i suoi pensieri e le sensazioni che lo riguardano sulla tela e successivamente ricopre il testo con uno strato di pittura. Applica poi sulla tela lembi ricamati, a loro volta dipinti e resi così misteriosi. La superficie di questi lavori è intrigante: il gioco permanente di pieni e vuoti, che deriva dalla struttura di questo particolare tessuto, diventa, infatti, l’elemento significativo dell’immagine. “Ho voluto usare questi frammenti per esprimere la mia stessa inutilità e con la speranza che, riproponendoli, io riesca a far rinascere la loro bellezza, per dare ad entrambi una nuova vita. Siamo tutti soltanto frammenti l’uno dell’altro” dice l’artista.

Con The Monkey King, Havadtoy ha voluto rendere omaggio a Andy Warhol. Qui i lavori sono ispirati al Ramayana, il grande racconto epico indiano, che narra le avventure dell’eroe Hanumat, il Re scimmia. “La prima volta che incontrai Warhol, era come il Re scimmia che, nella versione giapponese, è di pietra e deve essere svegliato alla vita. All’inizio anche Warhol mi sembrò completamente chiuso in se stesso. Rispondeva con un semplice monosillabo, - wow - a tutto ciò che gli si dicesse. Ci vollero diversi incontri prima di scoprire la sua vitalità” – ricorda Havadtoy.

Oltre a queste due serie il pubblico potrà vedere due pezzi della Legend of the Legends, lavori tratti da Love is Hell e quattro dipinti della serie The Game, una serie che documenta le quarantuno mosse della famosa terza partita del campionato svoltosi a Reykjavik nel 1972 tra Bobby Fischer e Boris Spassky.

Dopo la mostra a Budapest, Bucarest e Mosca, per la prima volta in Italia viene presentato il lavoro di questo artista alla Fondazione Mudima di Milano.

Pittore euro-americano, un mixer culturale tra radici ungheresi e innovazioni americane, Sam Havadtoy, amico di Andy Warhol, Keith Haring, George Condo ed ex compagno di Yoko Ono, mostra al pubblico per la prima volta alla Fondazione Mudima di Milano una raccolta dei suoi lavori degli ultimi cinque anni.

Inaugurazione martedì 6 maggio ore 18.30

Fondazione Mudima
via Tadino, 26 Milano
Orario: lunedì - venerdì 11.00 / 13.00 e 16.00 / 19.30
sabato e festivi chiuso.

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