Una retrospettiva a quindici anni dalla scomparsa di uno dei protagonisti dello Spazialismo. L'esposizione intende presentare al pubblico una rassegna di opere pittoriche che rispecchiano sensibilmente le differenti fasi della produzione doviana in un arco cronologico che va dai primi anni '50 agli inizi degli anni '80. Catalogo con saggio di Paolo Campiglio.
“Sono fermamente convinto che arti ed artisti vivranno finché vivrà l'Uomo. Potrà darsi, forse, che cambieranno i mezzi di espressione degli artisti. Quando l'umanità sarà molto avanzata nella sua evoluzione, potrà darsi che il pittore, anziché dipingere un quadro lo pensi soltanto e che il pubblico captando il suo pensiero ne goda come se lo vedesse; però se ci saranno creatori ci saranno sicuramente anche amatori dell'opera d'arte” ( Gianni Dova)
A più di quindici anni dalla scomparsa di Gianni Dova (Roma,1925- Rigoli, 1991) la Galleria Il Castello dedica una significativa retrospettiva al maestro milanese. La mostra organizzata da Adriano e Marcello Conte corona il lungo rapporto intercorso tra Dova e il gallerista Guido Conte, amico del pittore e a lui vicino per lungo periodo. L’esposizione intende presentare al pubblico una rassegna di opere pittoriche che rispecchiano sensibilmente le differenti fasi della produzione doviana in un arco cronologico che va dai primi anni cinquanta agli inizi degli anni ottanta. Un trentennio cruciale, quello preso in considerazione, che vede l’adesione del giovane artista al Movimento dello Spazialismo di Lucio Fontana, la precoce avventura internazionale nell’ambito del tachisme teorizzato da Michel Tapié nei primi anni cinquanta, il superamento della fase sperimentale connotata da un automatismo di natura surreale verso la ricomposizione di un’immagine figurativa, fino all’infittirsi di un immaginario totemico nei primi anni sessanta; la mostra testimonia questi e nuovi passaggi con opere pittoriche di alta qualità, tra cui alcune testimonianze inedite.
Sono esposte, tra le opere degli anni ’50, l’importante Relitto sulla sabbia (1951); soluzioni spurie, non solo di nitido immaginario marino, ma anche di stratificazioni quali Nucleare (1951); il notevole esempio di Pittura spaziale (1952) esposto al Naviglio nel 1952, che rivela uno spessore di ricerca, come è stato da più parti notato, rivolto alla pittura fiamminga e il Nucleare (1953), che sedusse Michel Tapiè in quell’estate del 1952 , immortalato con Dova in preparazione dell’esposizione veneziana, al punto da inserire l’artista in quella che si potrebbe definire la “bibbia” dell’informale, ovvero Un Art autre, edito a Parigi proprio quell’anno.
Emblematici, tra le opere presenti, i capolavori presentati alla Biennale di Venezia del 1962, di straordinario effetto spiazzante e ambiguo come Uccello (1958) o Sahara (1962): nel primo, che reca le tracce di toni rossi surreali e qualche asprezza di profili taglienti, anche se ormai rarefatti, l’elemento protagonista campeggia entro una spazialità siderale, divenendo icona perentoria in tutta la sua diramata presenza; nel secondo, frutto di una maturazione cromatica che conduce l’artista a una sorta di monocromia di terre più morbide, a verdi cupi, appare chiaro come il passaggio a strutture più elementari abbia spinto il maestro a seguire da vicino le forme di natura.
Accompagna la mostra un bel catalogo (Skira) che intende proporre una riflessione sulla pittura di Dova, con un saggio scientifico di Paolo Campiglio, docente di Storia dell’arte contemporanea all’Università di Pavia, corredato da un apparato iconografico a colori e schede tecniche relative alle opere riprodotte: il volume presenta infatti materiali inediti, testimonianze fotografiche e apparati biografici e bibliografici aggiornati.
Inaugurazione 8 maggio 2008
Galleria Il Castello
Via Brera, 16 - Milano
Orari: dal martedì al sabato: 10.30-14.00 / 15.00-19.00 lunedì 15.00 / 19.00
Ingresso libero