Michael Ajerman, Valerio Berruti, Santiago Ydanez. Un incontro particolare sulla pittura iconica; una visione internazionale che analizza il tragitto di 3 artisti che indagano sulla centralita' dell'uomo.
MARCOROSSISPIRALEARTE artecontemporanea ha il piacere di presentare nello spazio espositivo di Verona un incontro particolare sulla pittura iconica; una nuova risposta al percorso che l’arte figurativa sta sviluppando; una visione internazionale che analizza il tragitto di tre artisti che pervicacemente indagano sulla centralità dell’uomo; un viaggio cominciato dalle pitture rupestri e che ancora oggi dopo millenni ci regala sorprese ed inaspettate emozioni.
I tre punti di vista:
Santiago Ydanez: nato a Jae’n nel profondo cuore dell’Andalusia, dopo essersi diplomato all’Accademia di Belle Arti di Granada, ha vinto nel 2002 il “Premio de Pintura A B C” per i giovani talenti, permettendosi così di spalancare le porte delle più importanti gallerie internazionali. Etichettata forse troppo sbrigativamente come neoespressionista, la pittura di Ydanez propone uno sguardo attento al profondo dell’animo umano, mostrando una sorta di autoritratto in cui ognuno si può identificare. Anzi, l’artista indossa una maschera che rivela e nasconde allo stesso tempo, come ognuno di noi vuole manifestarsi all’altro. E’ presente un forte e palese contrasto tra l’immagine dipinta e l’uso monumentale del bianco e nero, con pennellate ampie e pastose, appena punteggiate di tocchi morbidi di ocra e celeste, quasi a rendere più lieve e sopportabile la visione del nostro essere. Sia nelle piccole dimensioni, ma soprattutto nei grandi formati, possiamo notare questi occhi scrutanti, queste gote scavate, queste bocche spalancate che sembrano condurci nell’antro dell’inferno o forse più probabilmente all’interno di noi stessi. Santiago Ydanez, classe 1969, vive e lavora tra Berlino e Granada.
Michael Ajermann: Nato nel 1977 a New York, si trasferisce dopo gli studi canonici a Londra dove tutt’oggi vive e lavora. Riceve nel 2003 dalla Royal Academy il “British Institute Award” e dallo stesso anno tiene corsi e seminari per l’Art Academy di Londra. La “bad painting”, nata dal titolo di una mostra realizzata nel 1978 al New Museum of New York, ha l’intento principale di sminuire con immagini inutili, frivole e spesso volgari, le tematiche ritenute importanti, tendendo ad esaltare quelle banali ed Ajermann appartiene di diritto alla seconda generazione di artisti di quel movimento che vede tra i caposcuola Chris Ofili, Joe Packer e Chantal Joffe. A differenza di questi, la pittura di Ajermann risulta stemperata e ricomposta, rileggendo in forma nuova le alterne provocazioni. I dipinti ci parlano di persone di ogni età in atteggiamenti quotidiani ove non può mancare anche un erotismo che emula una pornografia a tratti malinconica in cui lo spettatore è tenuto a entrare con un ruolo da voyeur. I volti dei personaggi risaltano l’anima ed emanano una sottile inquietudine; da questi vengono orchestrate tutte le posture innaturali che dimostrano un’insolita vitalità. Ajermann va sempre oltre il ritratto ed entra in un ambito esistenziale dalle radici profonde; con pennellate veloci e compulsive il soggetto si impadronisce della tela sino ad inglobarla; tutt’intorno vi è l’essenzialità fatta da oggetti inseriti per lasciarci immaginare solo il contorno, lasciando un vuoto claustrofobico per enfatizzare e catturare le emozioni, le debolezze e le vitalità dell’esistenza umana.
Valerio Berruti:nato ad Alba nel 1977 e laureatosi in critica d’Arte al D.A.M.S. di Torino, ha iniziato ad esporre sin da giovane in numerose mostre personali e collettive. Artista dal tratto riconoscibilissimo, si è imposto per un proprio personale linguaggio fatto di silenzi e di semplicità, di immobilità ed atemporalità. Persone, bambini ed adulti, ritratti in una situazione che appare familiare, uno spazio vuoto in cui lo spettatore si immedesima nelle figure che offrono una posizione, un gesto, uno sguardo, una silenziosa presenza. Ci colpiscono senza toccarci e la loro immotilità ci trasmette un’oggettività impersonale che inaspettatamente ci suscita emozioni recondite: un ricordo d’infanzia, un momento familiare unico, irripetibile e solamente nostro. Nei suoi dipinti abbiamo l’impressione che quelle tele descrivano qualcosa di oggettivamente personale; come nei dettagli dei soggetti rappresentati, con la descrizione così nitida da far riconoscere nello spettatore i propri genitori, i propri amici, i propri compagni di classe o qualcuno che, chissà come mai, è finito nel dipinto di qualcun altro. Berruti, lavorando sul proprio privato, ci offre la possibilità di ritrovare noi stessi e la nostra esperienza all’interno dell’opera. Ci sentiamo chiamati in causa e l’immagine torna a parlarci attraverso un linguaggio semplice e diretto. Così, anche la tecnica dell’affresco, serve all’artista per farci ritornare indietro nel tempo; per immedesimarci nella nostra cultura e nelle nostre profonde radici come le sue, che parlano di colline, di terre fertili, di attaccamento alla campagna, di persone schiette; di un luogo dove tutti noi vorremmo trovarci anche solo per un istante. Tre punti di vista sull’uomo.
Inaugurazione: Sabato 10 maggio ore 18,00
Spirale Arte artecontemporanea
Via Garibaldi 18/a - Verona
dal martedì al sabato 10-12.30 e 15.30-19.30
ingresso libero