Sperdimento primo. Sono esposti una serie di lavori realizzati dal 1999 ad oggi: disegni, carte intelaiate e tele, dai quali si evince una forte influenza espressionista. I suoi quadri sono giochi semantici in cui un ruolo fondamentale e' attribuito al titolo che e' concepito come chiave di lettura dell'opera.
Mercoledì 18 giugno 2008, alle ore 18.30, l’associazione culturale Horti Lamiani - Bettivò presenta la mostra personale di Valentina Carta dal titolo Sperdimento Primo.
In occasione della mostra l’artista espone una serie di lavori tra disegni, carte intelaiate e tele, realizzate dal 1999 ad oggi.Nei lavori di Valentina Carta un ruolo fondamentale viene attribuito al titolo che non vuole essere meramente didascalico ma è concepito come chiave di lettura dell’opera. Così, per esempio, “Il poeta è un fingitore” è un lavoro concettuale in cui l’artista affida alla parola la chiave di lettura. Il titolo riprende un brano di Fernando Pessoa riportato nell’opera stessa ”Il poeta è un fingitore. Finge così completamente che arriva a fingere che è dolore il dolore che davvero sente…”.
I quadri di Valentina Carta sono quindi giochi semantici in cui alla langue ed alla parole gli viene conferito lo stesso valore: la lingua viene usata dall’artista come “sistema di segni”, estensione del mezzo pittorico.Nelle opere di Valentina Carta si evince una forte influenza espressionista. Vedendo i suoi lavori non si può non pensare all’Art Brut, a Dubuffet, al graffitismo, al primitivismo, ad un “ristrettissimo numero di maestri occulti”, usando una citazione di Pessoa, poeta caro all’artista.
Anche alla tecnica spetta un ruolo fondamentale. Valentina, infatti, usa direttamente le mani, a volte adotta spatole e pastelli ad olio, quasi mai il pennello. Ciò rende i suoi lavori ancora più introspettivi, sono delle vere e proprie elaborazioni dei suoi stati d’animo, riportati al pubblico in maniera a volte distorta e criptata. Spiega l’artista: “In tutto ciò si nasconde una sottile confessione di personale fatica al raggiungimento della propria consapevolezza di chi sono, questo io dirottato dalla denuncia di chi non sono io, o meglio del contrario, inverso, riportato all’ordine comune solo nella rivelazione dello specchio”.
Valentina Carta opera sulla scena artistica dagli anni Novanta. Ha partecipato ad importanti mostre collettive. Questa agli Horti Lamiani – Bettivò è la sua prima personale.
Mi sono moltiplicato per sentirmi, per sentirmi ho dovuto sentire tutto;
sono straripato, non ho fatto altro che traboccarmi.
(F. Pessoa)
Sperdimenti …
Vedere, ed ancor più interpretare le opere di Valentina Carta non è cosa facile. Il senso di attrazione/repulsione che provoca la visione dei suoi lavori mette in qualche maniera lo spettatore di fronte ad un evento singolare e del tutto inaspettato: la rappresentazione dell’io più profondo dell’artista. Valentina Carta predispone un movimento che sembra portare il fruitore contemporaneamente dentro e fuori l’opera. In questo modo l’opera si smaterializza per far posto ad un mondo costruito dall’artista.
Nei suoi quadri Valentina Carta mette tutto di sé, e l’arduo compito lasciato al pubblico sta proprio nel riuscire a scoprire cosa c’è dietro al segno incisivo e graffiante, alle parole scritte al contrario, ai colori acidi, agli sdoppiamenti che si stagliano sulle tele e le carte.
Così lo spettatore si perde, anzi si “sperde” direbbe l’artista, nella proiezione binaria di immagini e parole, una ricerca che necessita anche l’uso dello specchio per una fruizione ottimale. C’è quindi un capovolgimento totale di ciò che è in genere comprensibile immediatamente, come la scrittura. Valentina cripta frasi, poesie intere (specie quelle di Fernando Pessoa), pensieri, alludendo al suo stato interiore, a ciò che è, o più probabilmente a ciò che sente di non essere. Si nasconde in un espressionismo brutale di emozioni per poi rivelarsi alla sua maniera, al contrario, palesando un senso di inquietudine nei confronti della vita che solo gli artisti più profondi e sensibili percepiscono. Spiega l’artista: “In tutto ciò si nasconde una sottile confessione di personale fatica al raggiungimento della propria consapevolezza di chi sono, questo io dirottato dalla denuncia di chi non sono io, o meglio del contrario, inverso, riportato all’ordine comune solo nella rivelazione dello specchio”.
Anche alla tecnica spetta un ruolo fondamentale. Quella di Valentina è una pittura d’azione in quanto usa direttamente le mani, a volte adotta spatole e pastelli ad olio, quasi mai il pennello. Nelle opere di Valentina Carta si evince quindi una forte influenza espressionista. Vedendo i suoi lavori non si può non pensare all’Art Brut, a Dubuffet, al graffitismo, al primitivismo, ad un “ristrettissimo numero di maestri occulti”, usando proprio una citazione di Pessoa.
Volti …
L’immagine, il volto, il corpo mancante, si rivelano anche nei dipinti più astratti di Valentina Carta. Spesso ci accorgiamo di queste figure umane, sapientemente imprigionate nel segno e nel colore, perché “tradite” dai loro occhi. Così appare dallo sfondo uno sguardo feroce, spaurito, disperato, attento; estremamente espressivo nella rappresentazione di sentimenti contrastanti. Ed è proprio quello sguardo a condurci nel vivo dell’opera, a parlarci della condizione umana che viene messa in gioco, tanto da poterlo intendere come la chiave d’accesso per una lettura completa.
Ma spesso non si tratta d un volto solo, le figure si sdoppiano, a volte si moltiplicano. Sono più facce, più espressioni che si intersecano tra loro e viceversa: in uno stesso volto possiamo scorgere diverse emozioni. È la rappresentazione della dissociazione degli stati d’animo umani, di una dicotomia che va ad aggiungersi all’idea costante del doppio, alla rivelazione delle sensazioni.
Del resto l’artista, che guarda e cita spesso Pessoa, definisce la sua stessa pittura “sensazionista”, in quanto come il poeta vive e proietta la realtà in base alle sue sensazioni, affidando tutto al suo sentire.
E sensazionisti sono anche i titoli scelti da Valentina per le sue opere. Sono ulteriori chiavi di lettura, imprescindibili anch’essi a completamento dell’opera stessa. Sono titoli che riprendono spesso frasi contenute nelle tele, che citano ancora una volta Pessoa; o pensieri dell’artista implosi fino a quel momento e sprigionati come fossero armi pronte a colpire ancor di più l’emotività dello spettatore.
“Ecco qui che si trascinano le parole e titoli come Piove col sole o Sperdimento primo dove tutto reagisce in un’esplosione di smarrimento convulso. Questi volti, quasi snaturati nei quali l’identità non ha rifugio, teste scarnite deformate quasi aliene, portatrici senza tempo di realtà, quasi disumane e allo stesso tempo legate da un filo che spesso non trova appiglio terreno e facendosi corpo non può far altro che essere mancante e sprovvisto di quella ‘pelle’ intesa come corazza tra l’io e l’altro”. (V. Carta)
Giorgia Calò
Inaugurazione Mercoledì 25 giugno 2008, alle ore 18.30
Horti Lamiani Bettivò
Via Giolitti 163, 00185 Roma
lunedì-venerdì, ore 9.00-18.00
ingresso libero