Carlo Andreasi
Marina Ballo Charmet
Monika Bulaj
Fabrizio Cicconi
Pier Paolo Cito
Danilo De Marco
Mario Dondero
Guido Guidi
Ryszard Kapuscinski
Pier Paolo Mittica
Bernard Plossu
Kai-Uwe Schulte-Bunert
Lorenzo Vitturi
Maria Zorzon
Antonio Giusa
Si e' scelto di presentare lavori di una quindicina di fotografi che in modi e tempi diversi hanno comunque varcato i confini. Alcuni piu' impegnati nel campo della ricerca di nuove forme di rappresentazione visiva insieme ad altri che adoperano modalita' piu' assimilabili al reportage. Mostra a cura di Antonio Giusa, nell'ambito della XXII edizione di Spilimbergo Fotografia.
a cura di Antonio Giusa
Carlo Andreasi
Marina Ballo Charmet
Monika Bulaj
Fabrizio Cicconi
Pier Paolo Cito
Danilo De Marco
Mario Dondero
Guido Guidi
Ryszard Kapuscinski
Pier Paolo Mittica
Bernard Plossu
Kai-Uwe Schulte-Bunert
Lorenzo Vitturi
Maria Zorzon
La mostra intende fornire motivi di riflessione sui concetti di confine e
di frontiera, approfondendoli nell’ambito dei molteplici linguaggi fotografici
della contemporaneità, declinati attraverso un panorama di
possibili interpretazioni, date da una quindicina di artisti, impegnati a
vario titolo nel mondo della fotografia. Si è scelto di presentare lavori
di fotografi che in modi e tempi diversi hanno comunque varcato i confini.
Alcuni più impegnati nel campo della ricerca di nuove forme di
rappresentazione visiva insieme ad altri che adoperano modalità più
assimilabili al reportage.
Confini / Frontiere prende le mosse dal confine italo-sloveno, scomparso
alla fine dello scorso anno, per rintracciarne i segni lasciati dalla
guerra fredda, rende conto della realtà della “Nuova Europa” per arrivare
poi a Chernobyl e varcare un confine della memoria, quello tra la
vita e la morte.
Si affronta quindi il tema delle frontiere invisibili, quelle linee spezzate
che passano all’interno delle nostre città e che comprendono i luoghi
d’incontro dei nuovi migranti, mettendole a confronto con quelle dei discendenti dei nostri connazionali emigrati in Argentina nel XIX secolo.
Riprendendo la grande tradizione del fotogiornalismo, ci si trasferisce in
un confine caldo del pianeta, dove un nuovo muro circonda i Territori
palestinesi, prendendo il posto, assieme all’altro che viene eretto fra gli
Stati Uniti d’America ed il Messico a guardia della Frontera, di quello di
Berlino abbattuto nel 1989,
Concludono la mostra le immagini di fotografi che hanno viaggiato in
svariati luoghi del mondo raccontando la vita della gente che hanno
incontrato e confrontandosi con culture diverse.
Non esiste la possibilità di varcare un confine senza un’idea della propria
identità e la consapevolezza della necessità della convivenza.
Tramontata l’idea che i confini corrispondano a precise delimitazioni di
carattere naturale, oggi prevale la concezione culturale del termine.
Non una linea che separa, ma un qualcosa che unisce, un limite che
comunque può essere superato, una porta che non deve restare chiusa,
una soglia che deve essere varcata per entrare in una zona di contatto
con l’altro da sé.
L’avvicinarsi di una frontiera aumenta sempre l’eccitazione,
intensifica l’emozione. La gente non è fatta per vivere
in situazioni di frontiera, cerca di sfuggire o di liberarsene
prima possibile. E tuttavia non fa che imbattercisi,
trovarle e sentirle ovunque. Prendiamo l’atlante universale:
frontiere su frontiere. Confini determinati da oceani
e continenti. Da deserti e foreste. Da precipitazioni,
monsoni, tifoni, terre coltivate e incolte, terre permanentemente
ghiacciate e terre acide, scisti e conglomerati.
Mettiamoci anche le zone dei depositi quaternari e delle
eruzioni vulcaniche, il basalto, il calcare, la trachite.
Possiamo vedere anche confini tra scudo patagonico e
scudo canadese, tra zone artiche e zone tropicali, tra le
forme erosive del bacino dell’Adige e quelle del lago Ciad.
Tra gli habitat di certi mammiferi. Di certi insetti. Di certi
rettili e serpenti, tra cui il pericolosissimo cobra nero e il
terribile, benché grazie al cielo pigro, anaconda.
E che dire delle frontiere stabilite da monarchie e repubbliche?
Da antichi regni e civiltà scomparse? Da patti,
accordi, alleanze? Da razza nera e razza gialla? Dalle
migrazioni dei popoli? Qui la frontiera dove arrivarono i
mongoli. Qui i khazari. Qui gli unni.
Quante vittime, quanto sangue, quanto dolore legati alla
questione delle frontiere! Sconfinati sono i cimiteri dei
caduti in difesa delle frontiere. Altrettanto sconfinati i
cimiteri degli audaci che tentarono di allargare le loro.
Praticamente metà degli abitanti del nostro pianeta,
morti sul campo di battaglia, hanno reso l’anima in guerre suscitate da una questione di frontiere.
Questa sensibilità all’elemento frontiere, questa continua
smania di delimitarle, espanderle o difenderle è una
caratteristica non solo dell’uomo, ma di tutto il mondo
vivente, di tutto ciò che si muove sull’orbe terracqueo e
nell’aria. Molti mammiferi si fanno dilaniare a pezzi in
difesa dei confini dei loro pascoli. Molti predatori alla
conquista di nuovi territori di caccia azzannano a morte
i loro rivali. Ma senza andare tanto lontano, anche il
nostro mite silenzioso micio domestico si sforza, si spreme
e fatica per schizzare qualche goccia qua e là onde
delimitare i confini del suo territorio.
E i nostri cervelli? Non contengono forse codificata
un’infinità di frontiere? Tra l’emisfero sinistro e quello
destro, tra lobo frontale e lobo temporale, tra ipofisi e
ipotalamo. E le divisioni tra ventricoli, meningi e circonvoluzioni?
Tra midollo allungato e spinale? Osserviamo il
nostro modo di pensare. Spesso ci diciamo: fin qui sì,
oltre no. Oppure: attento a non spingerti troppo, potresti
oltrepassare i limiti! E per giunta tutti questi confini del
nostro modo di pensare e sentire, di ordini e di proibizioni,
si spostano di continuo, si incrociano, si fondono e si
sovrappongono. Nei nostri cervelli si svolge un frenetico
via vai di frontiera, di pre-frontiera e di oltre-frontiera. Da
cui mal di testa, emicranie e confusione di idee, ma
anche qualche perla: visioni, allucinazioni, lampi mentali
e, ahimè più di rado, di genio.
R. Kapuscinski Transiberiana, ’58 da Imperium (Milano, Feltrinelli, 1995)
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