11 artisti interrogati sulle contraddizioni feconde della percezione superano il principio di valutazione oggettiva che talvolta ci limita.
Dico igitur rerum effigias tenuisque figuras mittier ab rebus summo de corpore eorum; Lucrezio, De rerum natura IV, 42 s.
Affermo dunque che effigi e tenui figure dei corpi emanano dalle cose,dall’esterno del loro corpo.
La percezione è il nostro rapporto con il mondo.
Sarebbe meraviglioso
se tutti sentissimo le stesse cose, vedessimo gli stessi colori, ma sarebbe
già bello se un individuo percepisse sempre le cose nello stesso modo.
Sappiamo che non è così, che le cose cambiano con il modificarsi del punto di vista, dell’età, dello stato d’animo. Noi collaboriamo a creare l’immagine
del mondo che ci circonda, la nostra interazione con il mondo definisce,almeno quanto le cose stesse, il modo in cui percepiamo.
Il principio di indeterminazione di Heisenberg, in tutt’altro campo, ci racconta che non possiamo indicare la posizione di una particella perché la nostra azione modifica lo stato della particella. E così quando noi percepiamo, costruiamo
inconsapevolmente la nostra percezione, cioè costruiamo le cose, o almeno quello che sappiamo delle cose. Basterebbe questo a porci qualche dubbio sulla natura oggettiva del mondo e sulla distinzione fittizia fra dentro e fuori che continuiamo a fare. Come se ci fosse un dentro e un fuori e
le cose invece non valicassero imperterrite e inopportune la pellicola dei nostri sensi, come certi uccelli migratori che non ne vogliono sapere di confini politici.
Le misure, le valutazioni che pretendiamo oggettive (peso,
lucentezza, velocità, ecc.) ce le ritroviamo come categorie dell’anima e misuriamo a volte i fatti e le emozioni con le categorie delle cose.
E i conti finiscono per non tornare, perché gli aggettivi, si sa, sfuggono al controllo, e dire pesante o leggero può significare cose opposte.
Sul rapporto dell’arte con la percezione ci sarebbero da fare discorsi interminabili. L’arte, in fondo,tutta l’arte non è che un gioco attorno alla percezione, a priori e a posteriori, nel senso che l’arte nasce dallo sforzo di costruire un discorso attorno alla percezione di qualcosa, di darsene o darne ragione, ma l’arte gioca anche sulla percezione di sé da parte dello spettatore, lettore, uditore. Si crea un meraviglioso cortocircuito in cui la percezione finisce per strutturarsi un sistema di regole proprie che non necessariamente ha qualche cosa a che fare con un referente oggettivo.
Ma forse un filo unisce tutte le esperienze del fare artistico, generico magari ma forte. L’idea cioè che le percezioni sono equivoche. Un’opera d’arte vera evoca, suggerisce, allude, cioè gioca sempre sul filo del rasoio delle percezioni instabili. Ogni peso nell’opera
d’arte lascia intravedere una leggerezza, ogni immobilità nasconde un movimento, perché il lavoro artistico di solito porta all’estremo proprio questo difficile rapporto col mondo, esaspera questa interfaccia che sono i sensi e ne mostra la meravigliosa fragilità, la magica e pervadente
contraddizione interna. Nel momento in cui si pone come lettura definitiva,in cui pretende di risolvere l’equivoco, l’arte smette di essere tale.
Abbiamo voluto stimolare undici artisti a parlarci di questo, cogliendoli proprio su questo crinale dell’ambiguità, interrogandoli sulle contraddizioni feconde della percezione. Per comodità li abbiamo organizzati in cinque “stazioni”
scegliendo cinque coppie dialettiche, ma chi vuole può attraversare la mostra in libertà: ovunque riuscirà a cogliere la meraviglia di questa inquieta percezione.
Questa mostra vuole avere un risvolto etico. Vuole essere un
invito a ricordarci che le cose non sono come stanno ma come le facciamo stare noi, che c’è del bello, anzi del meraviglioso, nei conti che non tornano,nelle ambiguità, nelle tensioni irrisolte. Ma che l’equivoco che c’è nelle
cose ci chiama a guardarle con interesse, a porci domande, a metterci in discussione, non mai a imporre una nostra “percezione”, instabile e difettosa
come tutte le altre.
Paolo Venti
Paronetto-Brugnerotto (Leggerezza e materia)
Verziagi-Cavallaro-Marian (Opache Trasparenze)
Roccagli-Breda (Velocità immobile)
Carrer-Marchi (Luce e Ombra)
Pasotti-Baldan (La pienezza dei vuoti)
Intervento critico di Paolo Venti
inaugurazione 9 marzo ore 18
Sale Espositive Provinciali
corso Garibaldi - Pordenone
Dal martedì al venerdì 16-19 sabato e domenica 10-12 e 16-19
Ingresso libero