Lo sguardo velato dell'arte. L'artista dice di se': "Mi piace osservare dalla finestra dal mio studio, il cambiamento delle stagioni a Castel San Vincenzo, un luogo magico dove guardo, rifletto, interrogo...".
La ricerca della felicità non si apprende studiando la storia, non si incontra, non si aspetta. La ricerca, non la felicità, ha bisogno, per esistere, di esercizio, forza e desiderio. Ha bisogno di essere sentita prima dell’arrivo; un precognitivismo magico che esiste in sé per destino, per preghiera, per amore delle cose che vivono di sola anima e poi nel gesto che le farà apparire mostrandole in segno di scene e di dono all’umanità. È la famosa “Aurea” di Walter Benjamin, ma per un’ artista italobrasiliana il senso del mistero, la forza interiore dell’emotività, è cosa naturale, sanguinea, biologica come una nostalgia e un tango.
È un tangere, uno sfiorare la luce, un canto silenzioso che appare dietro la velatura di un paesaggio visto da una finestra, o una combinazione cromatica che motiva la sensibilità degli iridi; si muove latente, quasi in sottofondo tra i fotoni, mischia il riverbero con i bagliori spostandoli per danza tra il dentro e il fuori: respira il pianeta. Ed è questo che l’arte di Helena MANZAN rimette alle percezioni di chi la incontra. “Una necessità di raccontare il senso invisibile delle cose”, una “ferita dell’anima” un senso di “smaterializzazione” della materia, un atto di fermentazione che riporta l’immagine scomparsa a ricomparire attraverso il processo dell’arte che impregna il pensiero osservativo nella sua funzione più nobile, come un taglio, una ferita, appunto, enunciata dalla bellezza narrativa di Roland Barthes. “Ho pensato di mettere in atto un processo di contestualizzazione e descontestualizzazione delle immagini” “Il mio processo creativo è fatto d’inquietudini, notti insonni e di constanti ricerche dove valorizzo la materia, i colori, le emozioni nascoste di uno sguardo… di una vita vissuta, tutto ciò che è vita”…
Ecco allora apparire qualcosa che la vita quotidiana trascura, il senso del sogno dell’empirico modella la realtà, le scelte di vita, i luoghi gli sguardi la memoria si accumulano dietro gli sbalzi atmosferici del pensare e del farsi pensare dagli eventi ed è con questa mania salubre e anacoretica che Manzan contratta con il mondo, negozia con l’arte. La sua stessa maniera di scegliere o farsi scegliere dai luoghi, Castel San Vincenzo, è forma d’arte. Mi ricorda, e non in trasparenza, il materialismo poetico, le scelte, forse il libero arbitrio manifestato nella sua più alta consistenza, lo sguardo cercato da Charles Moulin che di questi luoghi, dallo stesso genius loci, si è fatto prendere in passionale amore. Ed è amore il senso che l’artista tocca nella sua creatività trasformatoria: atto amoroso come cromatismi svelanti il senso della sospensione pompata dai polmoni di chi vive il luogo, la luce, il velo, l’aria, la scelta, e poi rimessi in forma di respiro che soffia sulle tele, sulle pietre sugli oggetti riproposti arte. Per noi, per le scene del mondo che respira il silenzio e il mistero che l’arte di Helena Manzan traduce in naturale conversazione; una disposizione gentile tra esseri che vivono di sensibilia e la grana sacrale e silente della voce della materia che arreda il mondo -“...Mi piace osservare dalla finestra dal mio studio, il cambiamento delle stagioni a Castel San Vincenzo, un luogo per me magico dove guardo, rifletto, interrogo…poi trasformo in arte”.
Antonio Picariello
Biografia
Nata in Brasile nel 1960, da padre veneto e madre Brasiliana. Laureata in Accademia D’arte presso l’Università Federale di Uberlandia, (MG) Brasile, con specializzazione in programmazione visuale. Della fine dagli anni 90 comincia a esporre in America ed Europa. Dal 2002 si trasferisce definitivamente in Italia a Castel San Vincenzo dove vive e lavora. Oltre alle mostre tenute in Brasile Manzan ha esposto anche a New York, Londra, Lisbona e in Russia.
Archetyp’Art Gallery
Via Marconi, 2 Termoli
Orario di apertura: 19/21 tutti i giorni compreso festivi
ingresso libero