Archetyp'Art Gallery
Termoli (CB)
Via Marconi, 2
349 2163321
WEB
Sebastiano Bucci e Paolo Soriano
dal 15/1/2010 al 27/1/2010
19-20.30 tutti i giorni compreso festivi

Segnalato da

Archetyp'Art




 
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15/1/2010

Sebastiano Bucci e Paolo Soriano

Archetyp'Art Gallery, Termoli (CB)

Bucci nelle sue opere trasporta le caratteristiche del grafismo selvaggio e dell'arte di strada nel limite della cornice e della tela. Soriano invece, con la difficile tecnica della sabbiatura del vetro, riesce a creare immagini realistiche ed ermetiche.


comunicato stampa

A cura di Tommaso Evangelista

Può l’arte essere un carcere? Riprendo questa espressione dal titolo di un saggio del critico d’arte argentino Horacio Zabala a sottolineare, per antitesi, l’assoluta valenza dei lavori di Sebastiano Bucci e Paolo Soriano presentati alla galleria Archetyp'Art; volendo marcare la loro onestà intellettuale e il loro riuscito tentativo di realizzare opere che, per tecniche e soggetti, si pongono al di fuori di quella scatola concettuale e simil-creativa che pervade molta arte odierna portandola verso una fredda stereotipizzazione. L’arte è un carcere nella misura in cui tutto punta alla costruzione del valore e i musei diventano strumenti di mera validazione pertanto quando si trovano artisti giovani, fuori dal mercato e onestamente legati a personali tecniche e figurazioni, non si può non accogliere ciò come un fatto positivo.

Sebastiano Bucci nelle sue opere attua una sorta di ritorno all’ordine del fenomeno del graffitismo ovvero trasporta le caratteristiche del grafismo selvaggio e dell’arte di strada nel limite della cornice e della tela. E’ di certo un’operazione complessa e non priva di difficoltà ma l’artista, perfettamente padrone delle tecniche tipiche, riesce a ricreare nei dipinti quella peculiare atmosfera metropolitana: un treno che sfreccia in una periferia come tante, in un giorno come tanti, trasfigurato da linee violente di colore, imbrigliato quasi in una prigione materiale e concettuale di fili, tubi e rotaie. Non bisogna farsi trarre in inganno dalla tecnica con le tipiche bombolette spray poiché i dipinti, cromaticamente molto accesi ma mai appesantiti dal colore, non sono mai autoreferenziali bensì guardano sempre al “quadro”, alla pittura, ad una narrazione sia pur rivisitata con ironia o disincanto.

A testimonianza di questa volontà di figurazione nell’esposizione è presente anche una scultura in gesso e creta patinata che guarda, con genuina sincerità, al Novecento italiano e alla Metafisica. Si intravede sensibilmente nella materia la forma di un guerriero (una sorta di oplite contemporaneo) e di un cavallo resi con vigoria e forza espressiva; la forma barocca quasi ricorda i mirabili bozzetti in terracotta del Bernini tanto pervasi da un vorticoso movimento.

Diversa è la linea seguita da Paolo Soriano che, con la difficile tecnica della sabbiatura del vetro, riesce a creare immagini realistiche ed ermetiche allo stesso tempo. L’opera non si priva del piacere della narrazione e della rappresentazione benché si intuisca che il messaggio vada colto molto più in profondità, in una sorta di misterioso limbo dove le figure si svelano rivelandoci alchemiche impressioni. Il vetro dipinto e lavorato rimanda subito alle grandiose vetrate delle chiese gotiche nelle quali la luce, come teorizzato da Sedlmayr, svolgeva il doppio compito di svelare e trasfigurare la rappresentazione; anche in questo caso, suppongo, la luce serva a rivelare pienamente il soggetto in tutta la sua visionaria indecifrabilità; lo stesso materiale del vetro metaforicamente può essere inteso come un invito a guardare attraverso le cose.

Un clown che piange e ride contemporaneamente, un ricordo delle tristi figure di Toulouse-Lautrec, ci mostra la doppiezza della natura umana, la sua miseria o la sua grandezza; emblema malinconico di una modernità girovaga o inquietante IT del passato. Lo stesso dicasi per la figura di donna dai tratti e dai vestimenti tipicamente mediorientali eppur circondata da un nimbo giallo, corona di spine o aureola di luce. Anche in questo caso convivono due opposti: l’iconografia mariana e l’immagine islamica della donna, il mistero e la sacralità, la gabbia materiale o una sorta di poesia visiva (formata dai nomi delle moderne avanguardie) intessuta come una gabbia concettuale. Tommaso Evangelista

Inaugurazione: sabato 16 gennaio 2010, ore 19

Archetyp’Art Gallery
Via Marconi, 2 Termoli
Orario di apertura: 19.00 /20.30 tutti i giorni compreso festivi
ingresso libero

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