Arianna Sartori Arte and Object Design
Mantova
via Ippolito Nievo, 10
0376 324260 FAX

Tre artisti
dal 1/9/2008 al 17/9/2008
10.00-12.30 / 16.00-19.30. Domenica 7 Settembre 15.30-19. Chiuso festivi
0376 324260

Segnalato da

Arianna Sartori




 
calendario eventi  :: 




1/9/2008

Tre artisti

Arianna Sartori Arte and Object Design, Mantova

L'esposizione presenta una serie di opere di tre protagonisti della scena pittorica mantovana: Giuseppe De Luigi - Giordano Di Capi - Giuseppe A. Facciotto. A cura di Arianna Sartori.


comunicato stampa

La Galleria d’Arte “Arianna Sartori”, in via Ippolito Nievo 10, a Mantova, inaugurerà Martedì 2 Settembre la rassegna “Giuseppe De Luigi – Giordano Di Capi – Giuseppe A. Facciotto”. La mostra, curata da Arianna Sartori, sarà presentata martedì 2 settembre alle ore 18.00 da Renzo Margonari alla presenza degli eredi degli artisti.
L’esposizione resterà aperta al pubblico fino al prossimo 18 Settembre.


Tre grandi figure della pittura mantovana
Tra gli artisti mantovani che consideriamo passati alla storia dell’arte, è difficile tentare una discriminazione meritocratica. Così è altrettanto arduo azzardare paragoni diretti. Ho spesso rilevato, infatti, che i maestri mantovani si distinguono soprattutto per la tendenza a differenziarsi gli uni dagli altri, svolgendo ricerche estetiche in direzioni differenti, talvolta opposte, e contrastanti pure con le idee più diffuse. Così, non facendo gruppo, furono incompresi, essendo certamente inorganici rispetto alle avanguardie cui tuttavia si allegavano condividendone lo slancio sperimentale e innovativo. Allo stesso modo i Mantovani possono vantare - ma non se ne resero conto - una compagine artistica ben più valida e avanzata di quelle osservate in altre città lombarde. Nessun riguardo, perciò, nel considerare criticamente un primato mantovano.

La continua ricerca di un linguaggio originale, della diversità stilistica, è anche motivo dell'isolamento dei nostri maestri dalle situazioni avanguardistiche, pur frequentando ed anche ispirando, come fecero, a dirsi tanto per abbozzare un esemplare paradigma, Vindizio Pesenti con il Futurismo, Archimede Bresciani con il Novecento, Umberto Lilloni con il Chiarismo. Ne conferma -a parte la generale disavventura storica e personale che ha impedito la piena affermazione a molti non altrettanto famosi- la notorietà nell’ambiente artistico milanese dove ottennero indubbi riconoscimenti. Servirebbe un ampio trattato storico-critico per valutare e comprovare queste mie convinzioni, che tuttavia si sono formate nel tempo, compulsando fatti e documenti, ed hanno riscosso, in certi casi, l’approvazione diretta o indiretta di autorevoli studiosi che hanno potuto verificare la descrizione di pensiero e opere dei nostri artisti. Il porsi a lato, studiando personali elaborazioni, è l’unica caratteristica loro comune. Capaci di adire a esiti d’alta concettualità, senza sfuggire al confronto e senza accettare l’emarginazione della propria ricerca, furono però impediti, ostacolati da infinite vicissitudini legate al periodo storico, alle personali vicende segnate da tutte le negatività che si possano immaginare negli anni in cui vissero l’arte, compreso l’abitare in una piccola città politicamente marginale, ed anche, fatalmente, per alcuni tra i più significativi, la morte prematura. Sono fatalità che hanno penalizzato duramente lo sviluppo dell’arte mantovana di quegli anni.

Volendo abbozzare un altro paradigma per gli anni Quaranta, escludendo la scultura di Bergonzoni e Seguri, non siamo distanti dal vero enunciando i nomi di Giuseppe De Luigi, Giordano di Capi, Giuseppe Facciotto, riservandoci qualche altro nome da intercalare, senza dimenticare il polo castiglionese convergente a Oreste Marini. Questi nomi, però, sono suggeriti non tanto dal fatto che furono amici e si confrontarono nei tempi in cui -già ebbi modo di dire ciò- l’arte mantovana, raggiunse l’apice dialettico nel dibattimento autocritico, quanto per essere differenti tra loro in arte al punto da non integrare o fondere le rispettive convinzioni nonostante l’animato e diuturno confronto: così sappiamo dalle testimonianze. Nel loro periodo, i tre furono rispettivamente mentori che irraggiavano la propria ricerca, come isole di pensiero dalle quali varare fragili imbarcazioni ardite verso l’orizzonte nazionale. Il loro viaggio coraggioso si può comprendere solo rapportandolo alla più ampia circostanza, come si può dire per il critico consapevole che ne condivise la sorte, Sandro Bini. La verità circa la qualità del loro apporto emerge a paragone con le ricerche avvenute contemporaneamente in ambito nazionale. Furono pittori dell’intelligenza, capaci della più acuta speculazione storica, attenti ai loro congeniali predecessori europei, quali, a dirla semplicisticamente, gli ultimi impressionisti per Facciotto, i Futuristi per De Luigi, i Cubisti per Di Capi, ma ovviamente simili attribuzioni celano aspetti ben più complessi che ho tentato di svolgere con saggi monografici ai quali rimando sebbene dovrebbero essere aggiornati.

I loro percorsi estetici hanno in comune solo l’inizio nel cuore di Novecento, poi furono orientati, ciascuno per suo conto, a un’ideale sintetica delle rispettive concezioni formali. Giuseppe Facciotto nel liberarsi sempre più da ogni accademismo, inseguendo una poetica leggerezza nella gestualità del segno e chiarità cromatica rendevano la spontaneità profondamente emozionale dei sentimenti. Giuseppe De Luigi serrando sistematicamente la sintesi tra forma e colore, cercando una trascendente luminosità spirituale, nella perfezione delle strutture ricavate meditando l’infinito. Giordano Di Capi, interrogando furiosamente la contraddizione del disgregare strutture costruite nel colore, avanzando sperimentazioni alla ricerca di una verità filosofica dentro l’atto stesso del dipingere.

Non è possibile valutare la vera importanza di questi maestri senza apprezzare a fondo originalità, purezza poetica e passionale coinvolgimento nella professione artistica alla quale sacrificarono tutto, affrontarono e superarono ogni difficoltà esistenziale, vivendo coraggiosamente il loro stato di artisti. Non furono, dunque, solo maestri nel proprio dominio culturale -e già basterebbe-, bensì esempi inimitabili, a dirlo col più ampio intendimento che il mondo dell’arte attribuisce a questo valore.
Renzo Margonari

DE LUIGI GIUSEPPE
Nasce a Stradella di Bigarello (MN) il 4 ottobre 1908 da Nazzarena Ravagnani e Cirillo De Luigi, calzolaio. In seguito nascono i fratelli Gino, Gina, Renzo e Maria. Frequentate le classi elementari, comincia a lavorare come apprendista sarto-barbiere. Negli spazi di tempo legge tutto quello che la madre riesce ad acquistargli, anche il “Trattato di pittura” di Pietro Selvatico, raccoglie riproduzioni di opere d’arte e, soprattutto, disegna. A 16 anni conosce il pittore Alfonso Monfardini, cui è stata commissionata l’esecuzione di una immagine sacra al cimitero di Stradella e che ha occasione di vedere i suoi disegni. Monfardini parla di lui a Raffaldini che con Pellicioli e Fiozzi lavora ai restauri di Palazzo Ducale a Mantova. Lo stesso Raffaldini si reca a Stradella per conoscere il ragazzo e fa pressione sui genitori affinché gli permettano di seguire la vocazione artistica tanto manifesta. Inizia quindi la ricerca di un aiuto finanziario e, nel frattempo, gli fa rilasciare un permesso per poter studiare Mantegna e Giulio Romano a Palazzo Ducale. Mario Nuvolari, attento ai problemi di cultura, parla del ragazzo all’amministratore della Borsa Franchetti e nel 1926, a quasi 18 anni, De Luigi con la presentazione di due opere (un Paesaggio ed un Ritratto) vince una borsa di studio che gli permette un soggiorno studio per l’anno scolastico 1926-1927 a Firenze, dove prende alloggio in via Santa Reparata. A Firenze incontra letterati, fra i quali il mantovano Giansiro Ferrara, e frequenta il mitico Caffè delle Giubbe Rosse dove s’incontrano Ardengo Soffici, Giovanni Papini, Piero Bargellini ed il pittore Giovanni Costetti del cui studio diventerà frequentatore. Oltre a frequentare le gallerie e studi di artisti fiorentini, De Luigi diventa allievo del pittore Focaroli (un’opera di questo artista si trova a Palazzo Pitti) anche se la sua predilezione va allo “studio all’aperto” nella campagna toscana che lo incanta. Dal 1927 al 1930, De Luigi usufruisce di nuovi anni di studio grazie alla Borsa Franchetti e ad una Borsa di studio del Comune di Bigarello. Nei rientri a Mantova, De Luigi partecipa delle esperienze e dei contatti fiorentini gli artisti mantovani suoi coetanei. Nella bottega di Di Capi, diventatata cenacolo di artisti mantovani, si incontrano Seguri, Perina, Facciotto, Donati, Lorenzetti, Marani, Vaini, Resmi, Bodini, Lucchini, Ruberti, Bini (nel 1932 Sandro Bini, nel suo volume “Artisti” edito a Milano dal milione, include un saggio su De Luigi insieme con altri scritti su Manzù, Sassu, Lorenzetti, Giorgi). Altri luoghi di incontri diventano , nel 1936, lo studio allestito da De Luigi, Di Capi e Seguri in via Bellalancia e l’atelier che Facciotto aveva nell’edificio principale dell’Ospedale Psichiatrico. Nel maggio 1938, De Luigi sposa Giulia Danesi, un’infermiera che lavora all’Ospedale Psichiatrico di Mantova. Dal novembre 1938 al novembre 1945 nascono i figli Gerardo, Elena, Valeria e Giordano. La famiglia che si è venuta a costituire e la guerra troncano in parte la sua attività artistica. Nel 1943, sfollato con la famiglia a Castel Goffredo (MN), inizia con la moglie una piccola attività di ciabattino che permetterà alla famiglia di vivere fino al 1952 quando si deciderà per il trasferimento a Milano. Durante gli anni di permanenza a Castel Goffredo, De Luigi, nel tempo libero dal lavoro, disegna e dipinge, in soffitta quando il tempo è brutto ed in campagna, all’aperto, quando è bello. Insegna ai figli ad amare l’arte e la lettura; tutte le sere la famiglia gli si riunisce attorno e lui legge ad alta voce la pagina letteraria dei quotidiani ed i romanzieri italiani, francesi e russi. A Milano la vita in quegli anni è difficile e, per guadagnare a sufficienza per vivere, ci si deve adattare a lavori poco redditizi e la famiglia viene mobilitata al completo. De Luigi procura “lavori a domicilio” di ogni tipo, fa modelli in cera per ceramica, s’improvvisa produttore di insegne per negozi, verniciatore di macchine industriali e lavora anche per qualche anno in fabbrica e la casa si trasforma ora in un magazzino, ora in un laboratorio, ora in un cantiere. Non frequenta più “cenacoli di artisti” come a Mantova e degli anni di Castel Goffredo restano due amici che gli fanno spesso visita: Vinicio Pigoni e Sergio Bologna, anche loro immigrati del dopoguerra, ma continua a dipingere, ogni giorno, nel tempo libero, in casa, dove il suo armamentario di artista trova sempre lo spazio necessario. Frequenta le gallerie d’arte milanesi dove incontra artisti, critici e galleristi. Partecipa a mostre collettive ed ordina diverse mostre personali. Il ritorno economico è sempre insufficiente, ma lui persevera e non si perde d’animo; quello che conta è poter continuare a dipingere. Nel 1977 muore la moglie di leucemia. L’avvenimento in famiglia è gravissimo e segna l’inizio di un suo rapido decadimento fisico dal quale non si risolleverà più, e proprio quando gli si è creato intorno un numero sufficiente di estimatori dei suoi quadri che gli permetterebbe di vivere facendo il pittore, come aveva sempre desiderato. De Luigi è dapprima ospite del gradevolissimo pensionato di San Michele in Bosco, dove i figli sperano possa riacquistare le forze di “andare avanti”, rimettendosi in contatto con gli artisti mantovani. L'amministrazione del pensionato dimostra la sua comprensione mettendogli a disposizione i locali della ex-portineria dove viene trasferito il suo “studio di pittore”. Purtroppo, nonostante le cure, la sua salute peggiora. Si tenta un ricovero all’ospedale di Genova-Quarto, nella speranza che il clima marino possa essergli di giovamento, ma l’artista muore l’8 febbraio 1982. Qualche giorno prima di morire disse a suo figlio Giordano: “non ho più la forza di finire Adamo ed Eva (i suoi quadri avevano tutti un nome) uno di questi giorni ti preparo il colore e tu me lo stendi”.

Mostre: 1931 - Prima Mostra Provinciale d’Arte, Mantova, settembre-ottobre; 1958 - Prima Rassegna Nazionale di Pittura e Scultura nell'Arredamento, Premio Città di Cantù, Cantù, settembre/ottobre; 1960 - Galleria d'Arte Totti, Milano, maggio, personale; 1964 - Casa del Mantegna, Mantova, maggio, personale; Galleria d'Arte Moderna Lux, Milano, novembre, collettiva; Galleria del Tornese, Milano, novembre, collettiva; 1965 - Galleria Balestrieri Arte Moderna, Milano, marzo, Collettiva; Galleria Balestrieri Arte Moderna, Milano, marzo, personale; 1966 - Saletta Santa Cruz, Milano, gennaio, personale; Galleria Balestrieri Arte Moderna, Milano, maggio-giugno, collettiva; 1967 - Galleria Balestrieri Arte Moderna, Milano, personale; 1969 - Galleria Tre Laghi, Mantova, maggio-giugno, personale; 1976-79 - Centro Internazionale Arte Oggi, Milano, esposizione permanente; 1983 - Dal Mincio al Naviglio e ritorno, Artisti nell'Alto Mantovano dal 1900 al 1950, Comune di Gazoldo degli Ippoliti (MN), marzo, collettiva; Casa di Rigoletto, Mantova, aprile, personale; Dal Mincio al Naviglio e ritorno, Artisti nell'Alto Mantovano dal 1900 al 1950, Palazzo Bagatti Valsecchi, Milano, settembre/ottobre, collettiva; 1984 - Disegno Mantovano del '900, Museo Civico di Palazzo Te, Mantova, aprile/maggio, collettiva; 1987 - Un Critico di Corrente - Artisti di Sandro Bini, Museo Civico di Palazzo Te, Mantova, aprile/maggio, collettiva; 1993 - Pittori del Novecento, Fruttiere di Palazzo Te, Mantova, febbraio, collettiva; 1997 - Giuseppe De Luigi, opere 1928-1980, Casa di Rigoletto, Mantova, aprile-maggio, antologica; 1999 - Il disegno a Mantova 1900-1950, Pinacoteca Comunale, Quistello, 16 ottobre-5 dicembre; 2000 - Arte a Mantova, 1950-1999, Museo Diocesano Francesco Gonzaga, Mantova, 8 aprile-11 giugno; 2001 - Giuseppe De Luigi, dipinti, Libreria-Galleria Einaudi, Mantova; 2005 - Il Chiarismo tra Lombardia ed Europa, Associazione Sassetti, Milano, collettiva; 2006 - Giuseppe De Luigi, Antologica, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea dell’Alto Mantovano, Gazoldo degli Ippoliti (MN); 2007 - Giuseppe De Luigi, dipinti anni ’60 e ’70, Galleria Arianna Sartori - Arte, Mantova.

DI CAPI GIORDANO
Nasce a Barbasso di Roncoferraro, il 29 giugno 1910, da Ermelinda Mora e Luigi, calzolaio; muore a Mantova il 19 luglio 1955. La formazione artistica di Giordano Di Capi non è documentata. Secondo alcune testimonianze avrebbe frequentato a metà degli anni Venti, l’Istituto Tecnico di Mantova, senza terminare gli studi e poi saltuariamente la Scuola d’Arte “Valentini”. Di Capi ha sempre amato disegnare, anche se, fin da ragazzo, aveva scarsa propensione a mostrare le proprie opere a causa della grande riservatezza. In quegli anni si interessa anche di plastica, esegue infatti alcuni busti in terracotta di musicisti (successivamente trovati nel Teatro Comunale di Barbasso). Verso la fine degli anni Venti, Di Capi stringe amicizia con alcuni artisti mantovani e tra questi Giuseppe De Luigi, Aldo Bergonzoni (allievo di Wildt), Sandro Bini (reduce dall’Accademia Cignaroli di Verona). Ed è proprio con Bini, che ha un ruolo di collegamento con i movimenti artistici degli anni Trenta, che nel 1930 allestisce la sua prima Mostra personale al Dopolavoro Bancario di Mantova, dove espone, riscuotendo con un certo successo, una serie di disegni. Con De Luigi compie numerosi viaggi a Firenze dove, nel 1931, inizia a collaborare con i suoi disegni alla rivista “Frontespizio” diretta da Bargellini, per Vallecchi editore. Tale collaborazione che durerà fino al 1936 si concretizza nella pubblicazione dei disegni: 1931: Fanciulla seduta (giugno), Fanciulla seduta (luglio), Due uomini (settembre), Nudo I e Nudo II (novembre). 1932: Donna in un interno con vaso di pesci (gennaio), Donna con chitarra (febbraio), Vecchio seduto (maggio), Due figure maschili (giugno), Fanciulla, Fanciullo (agosto), Due giovani I e II (settembre), Ragazza con chitarra (ottobre). 1933: Ragazza (gennaio), Ragazzo (aprile), 1934: Figura di bambina (gennaio). 1936: Piazza S. Pietro - Roma (marzo), Donna con lume, Due uomini (aprile). Nel 1931 in occasione della II Settimana Mantovana a cura del Sindacato Fascista Belle Arti di Lombardia, Sezione di Mantova, partecipa alla Prima Mostra Provinciale d’Arte nel Ridotto del Teatro Sociale dal 27 settembre al 17 ottobre, con il dipinto: Figura e nella Sezione Bianco e Nero con due Disegni. Dal 14 febbraio al 15 marzo del 1932 partecipa al Palazzo della Permanente di Milano, alla 3° Mostra d’Arte del Sindacato Regionale Fascista Belle Arti di Lombardia con il dipinto: Ritratto della sorella. Nel 1933 la famiglia Di Capi si trasferisce a Mantova dove apre un laboratorio artigianale di calzature che, in breve tempo, diventa un centro culturale frequentato da intellettuali di varia formazione e dove le discussioni toccano i punti più diversi del sapere, dalla musica all’arredamento, dalla fotografia alla letteratura, dalla critica d’arte all’attualità. Gli abituali frequentatori della sua bottega oltre ai soliti amici sono Vaini, Donati, Facciotto, Resmi, Bodini, Lucchini, Seguri, Ruberti ed altri. La pittura di Di Capi per l’analisi spazio-colore è vicina al cubismo che vuole il prevalere del colore sulla forma. Partecipa nel 1933, dal 30 aprile al 21 maggio, in occasione della III Settimana Mantovana, nel Palazzo Ducale di Mantova, alla Mostra Regionale Bianco e Nero con le opere: Bambino, Disegni, Pugilatore. Di Capi non ha svolto una grande attività artistica, ha sempre preferito lavorare in silenzio e continuare il suo lavoro di costante ricerca affiancandolo, per qualche periodo, ad altri interessi quali la fotografia e il restauro di oggetti d'antiquariato. Nel 1937, dal 12 al 19 settembre, partecipa alla Mostra Sindacale degli Artisti Mantovani tenutasi in occasione della VII Settimana mantovana al Palazzo Ducale di Mantova con tre opere. Partecipa, nel 1939, alla Mostra dei Pittori, Scultori e Incisori Mantovani ’800 e ’900 al Palazzo Te di Mantova con due opere nella sezione incisori mantovani e due dipinti: Natura morta e Paesaggio. Emilio Faccioli a proposito delle incisioni sulla Voce di Mantova scrive: “Di Capi più di tutti, stando alla premesse, ci potrà dare qualcosa di originale”. Partecipa nel maggio-giugno 1941 alla VIII Mostra sindacale degli artisti mantovani con due Nature morte dipinte ad olio nel Ridotto del Teatro Sociale, Mantova. Negli anni della guerra vive tra Mantova e Barbasso, conosce Aldina Menegolo che sposa nel 1946. Nel dopoguerra lega rapporti di amicizia con Carlo Bondioli. Artisticamente matura la scelta della pittura astratta, che egli svolge in modo originale e autonoma. Nel 1949 in occasione della Mostra Nazionale di Pittura e Scultura “Premio Mantova 1949” tenutasi al Palazzo della Ragione di Mantova, 18 dicembre-15 gennaio 1950, partecipa con l’opera: Pomidori. Partecipa nel maggio-ottobre 1950, alla Mostra Collettiva Artisti Mantovani nel Palazzo Te di Mantova con cinque dipinti di Nature morte. Partecipa al Premio Suzzara negli anni 1950, 1951, 1952. Muore a Mantova il 19 luglio 1955, di leucemia. Lo stesso anno gli viene dedicato il Premio dei giovani “Giordano Di Capi” e ordinata una limitata mostra retrospettiva, con 11 opere, alla Mostra Interprovinciale d’Arte Pittura, ordinata alla Casa del Mantegna di Mantova. Nel maggio-luglio 1961, le sue opere vengono esposte a Palazzo Te alla mostra Paesaggisti mantovani del ’900 ed alla Rassegna Arti Figurative Mantovane dall’800 ad oggi, tenutasi alla Casa del Mantegna dal 25 settembre al 31 ottobre, vengono esposte quattro opere: Figura, Autoritratto, Natura morta I e Natura morta II eseguite a tempera. Nel luglio e nel dicembre 1967 sue opere figurano nelle mostre collettive dei pittori mantovani alla Saletta di Mantova. Nel 1968 la Galleria Greco di Mantova gli ordina una mostra di “Oli e tempere”; gli viene dedicata una mostra retrospettiva di dipinti nella “Seconda rassegna d’arte di Rivalta”. Nel settembre-ottobre 1982 il Museo Civico di Palazzo Te a Mantova ordina una Mostra antologica postuma all’artista. Per l’occasione viene edito un ricco catalogo. Nel 1983 figura nella Mostra “Incisori Mantovani negli anni trenta” a Virgilio. Nel 1984 sue opere figurano alla Mostra del disegno mantovano del ’900, Palazzo Te, Mantova. Nel 1985 il Comune di Roncoferraro, in collaborazione con la Provincia di Mantova, lo ricorda con una Mostra Antologica alla Sala Civica di Barbasso; per l’occasione viene edito un importante catalogo con nota critica di Giannino Giovannoni. Nel 1995 alla Casa di Rigoletto in Mantova, in occasione della Mostra “Mantova da Incorniciare”, viene esposta la puntasecca: Case rustiche. Nel 1997, dal 23 febbraio a 9 marzo, le sue opere sono presentate alla mostra “Omaggio ad Artisti Mantovani da fine 800 al 900” alla Città degli Antiquari a Castel d’Ario. Nel 1999, dal 26 settembre al 16 gennaio 2000, viene esposta l’opera Il contadino alla mostra “Arte a Mantova 1900-1950” a Palazzo Te a Mantova. Sempre nel 1999 un suo disegno è esposto alla mostra “Il disegno a Mantova 1900-1950” alla Pinacoteca Comunale di Quistello dal 16 ottobre al 5 dicembre. Nel 2000 è presente alla mostra “Arte a Mantova 1950-1999”, al Museo Diocesano di Mantova dall’8 aprile all’11 giugno.

FACCIOTTO GIUSEPPE
Nasce a Cavriana il 31 luglio 1904 da Giovanni Battista e Lucia Maddi contadini. Frequenta le scuole tecniche di Castiglione delle Stiviere dove la famiglia si trasferisce nel 1917; quindicenne inizia a dipingere sotto la guida del pittore Umberto Bignotti che lo porta ad indagare gli esiti del postimpressionismo. Diplomatosi computista viene assunto come avventizio nella Congregazione di Carità locale. Frequenta una scuola domenicale di disegno. Dall’unione con Angela Panigalli nascono le figlie Lidia (1927) e Gabriella (1930). Nel 1930 viene assunto quale economo nella sezione staccata dello Psichiatrico di Mantova. Dal 1933 porta alcune iniziative terapeutiche all’interno della struttura quali un piccolo teatro, la falegnameria, la stamperia, la biblioteca e una piccola colonia agricola. Nel 1934 partecipa alla Terza Mostra d’Arte “Fiaccole ardenti” che si tiene dal 16 settembre al 21 ottobre, nel Palazzo Aldegatti in via Chiassi a Mantova, vi presenta i dipinti: Paesaggio, Partita a carte, Vecchio che mangia, e i disegni Nude, Figure, Fanciulla. Negli anni seguenti si dedica intensamente al disegno e all’incisione. Instaura rapporti di amicizia con Marini, Mutti, Nodari, Di Capi, Cavicchini, Dal Prato, De Luigi, Lucchini, Bergonzoni, Perina, Del Bon, Bini, Birolli. Dalla nostra consultazione del catalogo della Quarta Mostra Sindacale d’Arte di Mantova del 1935, non risulta la sua partecipazione citata invece da altre fonti. Dal 15 febbraio al 15 marzo del 1936 partecipa alla VII Mostra d’Arte del Sindacato Interprovinciale Fascista Belle Arti di Milano, al Palazzo della Permanente, con il dipinto: Paesaggio. Espone nel 1936 a Palazzo Te, in occasione della VI Settimana Mantovana, alla V Mostra Sindacale Provinciale di Mantova (20 - 27 settembre), sette opere: Vela fantastica, Disegno, Il panno rosso, I pagliai, Giaggioli, Paesaggio, Bambina in rosso. Dal 13 febbraio al 14 marzo 1937, figura alla VIII Mostra d’Arte del Sindacato Interprovinciale Fascista Belle Arti di Milano al Palazzo della Permanente, vi presenta il dipinto: Bambina in rosso; lo stesso anno espone alla Mostra Sindacale degli Artisti Mantovani, tenutasi in occasione della VII Settimana Mantovana, dal 12 al 19 settembre al Palazzo Ducale di Mantova, con cinque pitture e cinque opere in bianco e nero. Sempre nel 1937, illustra con tredici disegni e un’incisione il volume di poesie “La cardensa in dal camin” di Teresa Buelloni, insieme a Cavicchini e Perina, edito dalla tip. edit. La Voce di Mantova. Alla fine del 1937 subisce un importante intervento chirurgico da cui si riprende bene solo nella primavera successiva. Si reca in convalescenza a Garda dove frequenta Lilloni; poi si trasferisce a Burano e a Mazzorbo che per un quinquennio diventano i luoghi della sua maggiore ispirazione insieme agli artisti Vellani Marchi, Seibezzi, Semeghini, Dalla Zorza. Dal 14 maggio al 14 giugno dell’anno seguente espone alla IX Mostra d’Arte al Palazzo della Permanente di Milano con due opere: Paesaggio (disegno) e Natura morta. Partecipa, dal 14 maggio al 30 giugno 1939, alla Mostra “Pittori, Scultori e Incisori Mantovani ’800 e ’900” a Palazzo Te di Mantova, con tre opere nella sezione Incisori mantovani e con cinque dipinti: Garda, Mazzorbo, Natura morta, In collina, Entrata in Garda. Nel settembre-ottobre dello stesso anno partecipa al Premio Bergamo - Mostra Nazionale del Paesaggio Italiano nel Palazzo della Ragione di Bergamo, con le opere: Garda, Bergamo Alta. Espone a Mantova, nel maggio-giugno 1941, alla VIII Mostra sindacale degli artisti mantovani con due disegni (Studio di paesaggio virgiliano e Figura) con una acquaforte (Studio di paesaggio virgiliano) e con cinque dipinti (Tramonto sull’Andes, Il Mincio, Nevicata, Garda e Fiori col libro di Maria). Enrico Gaifas Jr. su ‘Emporium’ scrive: “In Giuseppe Facciotto, le cose prendono rilievo e rapporto da un accennare scarno, accennare in cui forse consiste l’unità di questo artista.”. Facciotto è presente, dal 6 al 21 giugno 1942, alla IX Mostra Sindacale degli artisti mantovani tenutasi nel Ridotto del Teatro Sociale di Mantova, con tre disegni di paesaggio e i cinque dipinti Casa gialla sul canale, Natura morta, Fiori sulla coperta, Paesaggio lunare, Mazzorbo. Dal 1 al 31 agosto dello stesso anno, partecipa al Premio Verona Prima Mostra Nazionale d’Arte a celebrazione dell’agricoltura nei frutti, nei fiori e negli animali, a Palazzo della Gran Guardia di Verona con i tre dipinti Fiori sulla coperta, Natura morta e Natura morta. Ancora nel 1942, presso la Galleria L’Annunciata di Milano figura alla Mostra collettiva di disegni che si tiene dal 17 al 30 ottobre. Il 23 gennaio 1943, presentato da Alfonso Gatto, allestisce alla Galleria L’Annunciata di Milano una Mostra personale di pittura, ove presenta un importante gruppo di opere recenti (ventidue dipinti e dodici disegni). Nel giugno dello stesso anno, ordina una personale presso la Galleria Cortina di Enrico Gaifas a Rovereto, vi espone venti opere. Sempre nel 1943, dal 1 al 15 settembre, partecipa al 2° Premio Verona, Mostra Nazionale d’Arte a Celebrazione dell’Agricoltura nel Palazzo della Gran Guardia di Verona con l’opera: Zucche sul tappeto. Partecipa alla X Mostra Sindacale d’Arte, nel 1944 (23 aprile-14 maggio), allestita nella sede dell’Unione Professionisti e Artisti in via Marangoni 14 a Mantova, con dipinti e disegni. Lo stesso anno perde entrambi i genitori e viene colpito da tifo, malattia che lo costringe, dal 18 agosto al 18 novembre, ad un lungo al ricovero ospedaliero. Durante la convalescenza riprende il lavoro di riordino delle sue opere, esegue una serie di ritratti dei malati mentali dell’ospedale psichiatrico ricchi di nuovi spunti che anticipano tante opere future. L’anno seguente apre la Galleria d’Arte Alle Concole a Mantova in Via Arrivabene; successivamente viene colpito da un attacco di peritonite che lo porta alla morte sopraggiunta a Mantova il 27 giugno 1945. Nel febbraio 1946 viene allestita una Mostra postuma di disegni alla Galleria Alle Concole di Mantova; sul quotidiano ‘Mantova Libera’ appare un interessante articolo a firma Vice. Nel 1949 in occasione della Mostra Nazionale di Pittura e Scultura “Premio Mantova 1949” tenutasi al Palazzo della Ragione di Mantova, dal 18 dicembre al 15 gennaio 1950, vengono esposte le opere: Uomo a Mazzorbo e Natura morta. Dal 17 gennaio al 1 febbraio 1959, presso l’Università Popolare di Mantova, nelle sale del Palazzo Aldegatti, si tiene una sua Mostra Retrospettiva in cui vengono esposti 35 dipinti e 26 disegni. Nel 1961, alla Rassegna Arti Figurative Mantovane dall’800 ad oggi, tenutasi alla Casa del Mantegna dal 25 settembre al 31 ottobre, sono presentati sei disegni (La modella, Paesaggio, Paesaggio mantovano, Paesaggio, Colline Castiglionesi, Cucitrice) e sette dipinti (Barche sul lago, Nudo, Paesaggio, Ritratto di vecchio, Garda, La fornace, Figura). Dal 6 aprile 1963 sue opere figurano nella Collettiva di Pittori Mantovani nella nuova Galleria La Saletta in Corso Vittorio Emanuele 112, a Mantova. Nel 1966 a Castel Goffredo è tra gli artisti esposti alla mostra Chiaristi Mantovani dal 10 al 12 settembre. Dal 15 luglio 1967 sue opere figurano alla collettiva di Pittori mantovani, presso la Galleria La Saletta di Mantova; dal 23 dicembre dello stesso anno al 5 gennaio 1968 sue opere figurano alla Rassegna dei pittori mantovani scomparsi che si tiene alla Galleria La Saletta di Mantova. Presso la Libreria-Galleria Greco di Mantova dal 17 febbraio al 2 marzo 1968 viene allestita la mostra “Disegni di Giuseppe Facciotto” con la presentazione in catalogo di Francesco Bartoli. Dal 21 settembre al 10 ottobre dello stesso anno figura, con trentatre opere, alla Mostra dei “Chiaristi” che si tiene nelle sale del Circolo La Rovere di Mantova, la mostra viene poi trasferita a Castiglione delle Stiviere, dal 15 ottobre al 4 novembre. Nel 1969 a Rivalta gli viene dedicata, a cura della Pro Loco nei locali delle Scuole, una significativa Mostra retrospettiva, dal 20 al 30 settembre: vengono esposti duecentoquaranta lavori dei quali circa settanta inediti, con un excursus di opere dal 1919 al 1945. Catalogo a cura di Francesco Bartoli, con intervento di Emilio Faccioli. Sotto l’egida dell’E.P.T., la Mostra Retrospettiva ordinata nel settembre a Rivalta, con qualche leggera modifica, viene trasferita immediatamente dopo, dal 14 al 24 ottobre, alla Casa del Mantegna di Mantova. Nel 1971 viene presentato alla Mostra “Milano 70/70, II” al Museo Poldi Pezzoli di Milano. Figura alla mostra “Trent’anni di attività - Sessanta artisti”, ordinata dalla Galleria Delfino (Gaifas) di Rovereto, dal 26 ottobre al 14 novembre 1972. Quindi, nel 1979, è presentato alla “Mostra Paesaggisti mantovani del ’900” a Palazzo Te di Mantova. Nel maggio-giugno 1980, con il patrocinio dell’Ente Manifestazioni Mantovane, si tiene nella Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Te a Mantova, una importante retrospettiva intitolata “Giuseppe Facciotto opere: 1934 - 1945”, con presentazione di Emilio Faccioli, saggio critico di Francesco Bartoli e interventi di Umberto Bellintani, Attilio Bertolucci e Paolo Bertolani. Presso la galleria di Gianluigi Arcari a Mantova, si tiene dal 31 maggio al 4 ottobre 1980 la Mostra “Angelo Giuseppe Facciotto, Scritture (1943 -1945), Disegni, elenchi, lettere e note autobiografiche e di poetica”, in catalogo presentazione di Francesco Bartoli e nota dell’editore. Tre anni dopo sue opere vengono presentate alla Mostra Dal Mincio al Naviglio e ritorno - Arte nell’Alto Mantovano ordinata a Gazoldo degli Ippoliti e quindi trasferita a Palazzo Bagatti-Valsecchi di Milano. Dal 7 aprile al 6 maggio 1984 figura tra gli artisti presentati alla mostra “Incisori mantovani negli anni trenta”, che si tiene nel Centro Culturale del Comune di Virgilio. Figura con dodici disegni alla Mostra del “Disegno Mantovano del ’900” che si tiene a Mantova nel Museo Civico di Palazzo Te, nel settembre-dicembre 1984. Nel 1986 figura alla rassegna “Il Chiarismo Lombardo”, a cura di Renzo Margonari e Renzo Modesti, che si tiene a Milano nella sede di Palazzo Bagatti Valsecchi, e poi a Mantova nella Casa del Mantegna. È presente alla mostra “Itinerari gonzagheschi” che si tiene nel settembre 1988 a Palazzo Ducale di Sabbioneta. Nel febbraio 1990 alcune sue opere sono esposte alla mostra “Collezionismo mantovano: dall’800 sino ad oggi”, che si tiene nelle sale del Circolo La Rovere di Mantova. Nel 1993 sue opere vengono presentate alla mostra Di segno chiaro-Raccolta di opere chiariste (1930-1950), presso la Galleria Einaudi di Mantova. È presente anche alla Mostra Il Paesaggio del Garda-Evoluzione di un mito, a cura di Giovanni Stipi ed ordinata presso Palazzo Todeschini di Desenzano nel 1994. Nel 1995 alla Casa di Rigoletto in Mantova in occasione della Mostra “Mantova da Incorniciare” vengono esposte le acqueforti: Periferia (Belfiore), Paesaggio col pescatore. Gianluigi Arcari, dal giugno al settembre dello stesso anno, gli dedica una piccola mostra personale intitolata “Le Stampe” nella quale espone diciassette incisioni. L’anno seguente, dal 14 aprile al 2 giugno, Elena Pontiggia lo inserisce in “I Chiaristi-Milano e l’alto Mantovano negli anni 30” mostra che si tiene in contemporanea a Castiglione delle Stiviere, Medole e Volta Mantovana. Nel 1997, dal 23 febbraio a 9 marzo, sue opere sono presentate alla mostra “Omaggio ad Artisti Mantovani da fine 800 al 900”, presso la Città degli Antiquari di Castel d’Ario. Una sua acquaforte figura alla mostra “Il segno inciso. L’Incisione mantovana del novecento”, che si tiene presso la Pinacoteca di Quistello, dal 20 dicembre 1997 al 13 febbraio 1998. Nel 1998, dal 18 al 20 settembre, alla Saletta di Via Giustiziati a Mantova, il suo quadro Quattro zucche su fondo rosa è presentato alla mostra “FiorFiori di Zucca”. Nella Sala delle Colonne di Ponti sul Mincio, dal 28 marzo al 2 maggio 1999, si tiene la mostra “Il Garda e la pittura mantovana tra le due guerre”, Facciotto è presente con undici opere fra dipinti e disegni; in catalogo testi di Alessandro Righetti, Gianmaria Erbesato, Carlo Bondioli Bettinelli con una scheda di Giulia Sacchi. È tra gli artisti esposti alla mostra “Ore di lettura nei disegni del ’900 mantovano” che si tiene, dal 10 al 24 settembre, al Centro Baratta di Mantova. Dal 16 ottobre al 5 dicembre dello stesso anno, è presente alla Mostra “Il disegno a Mantova 1900-1950” che si tiene presso la Pinacoteca Comunale di Quistello. Anche a Gazoldo degli Ippoliti viene presentato nella Mostra dei Chiaristi a cura di Margonari. Nel 1999, dal 5 al 14 novembre, con il patrocinio di Comune e Provincia di Milano, Regione Lombardia, alla Fiera di Milano, è tra gli artisti presentati da Rossana Bossaglia alla mostra “I Chiaristi” con le opere Nudo disteso col gatto, Oleandri a Garda, Natura morta con fiori e lucerna. Dal 26 settembre al 16 gennaio 2000 figura, con le opere Casa Rubini, Arcobaleno, Campi e nubi e Natura morta con martello, tra gli artisti esposti a “Arte a Mantova 1900-1950” a Palazzo Te di Mantova. Alla Mostra della “Collezione d’arte moderna della Provincia di Mantova”, che si tiene alla Casa del Mantegna dal 16 luglio al 10 settembre, figura con i quattro dipinti Fiori sulla coperta, Pontile a Torcello, Il Mincio e Nevicata.

Inaugurazione: Martedì 2 Settembre ore 18

Galleria “Arianna Sartori - Arte”
Via Ippolito Nievo, 10 - 46100 Mantova
Orario: 10.00-12.30 / 16.00-19.30. Domenica 7 Settembre 15.30-19.00. Chiuso festivi.
Ingresso libero

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Anna Somensari
dal 23/10/2015 al 4/11/2015

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