"L'opera di Ferrari e' una costante sperimentazione sui materiali e temi. Spetta al visitatore scoprire il messaggio che racchiude: come succede con il poliuretano bianco, che coperto di scarafaggi neri ci riceve all'ingresso, con la sfera di fiori, passeri e topi appesa nel cortile e con la serie di musicisti multicolori." (Irma Arestizabal)
a cura di Irma Arestizabal
“Mi sembra che tutto, assolutamente tutto, sia materia prima per fare arte: dai colori, le tele,
l’argilla, fino al tempo, le idee, la spazzatura, i tormenti, la politica, la morte, il marcio, il kitsch e
lo sterco” León Ferrari
Due sono le linee di lettura dell' opera di León Ferrari : una sofisticata, dove l’estetica appare al
primo posto, e l’altra dove messaggi altamente politicizzati ci sorprendono nel mezzo di un’
immagine, entrambe dominate da un ironico e trasgressivo senso dell’umore. Ferrari afferma “Ho
fatto e faccio due tipi di opere: alcune non hanno nessuna intenzione etica: quadri, disegni astratti,
sculture di acciaio, etc. In altre uso l’estetica per mettere in discussione l’etica della cultura
occidentale”.
In questa mostra a Palazzo Palumbo Fossati ci troviamo di fronte a un insieme di opere che creano
un percorso sensoriale che colpise lo spettatore.
L’opera di León Ferrari è una costante sperimentazione sui materiali e temi. Spetta al visitatore
scoprire il messaggio che racchiude: come succede con il poliuretano bianco, che coperto di
scarafaggi neri ci riceve all’ingresso, con la sfera di fiori, passeri e topi appesa nel cortile e con la
serie di musicisti multicolori.
Cominciamo il percorso con le stupende tele ricoperte di scritture. Come i “disegni”, le tele sono
realizzate con un tratto calligrafico che, a volte, produce una marea di linee indecifrabili che
occupano lo spazio bianco. Torneremo a vedere queste calligrafie espressive, spontanee e astratte, di
tratti perfetti e di raffinata bellezza nei disegni/scritture delle ultime sale.
In un momento del percorso ci troviamo circondati dai “chorreados” che hanno reminescenze di
scrittura e di scarabocchio, di disegni e di bozze: “ Il chorreado mi piace perché deforma il tratto e
inoltre lo puoi regolare, hai il controllo.” (León Ferrari )
Nell’ insieme di eliografie e nei collage troviamo una severa critica alla società. La copia
eliografica, sistema di rappresentazione proprio dell’ architettura e della costruzione fino
all’apparizione della computazione grafica, qui rielaborata, acquisisce un nuovo significato. Serve
per rappresentare l’universo alterato della città: strade, disegno urbano, folle; qui la riproduzione
meccanica serve per la critica sociale e culturale, metafora dell’asfissia della creazione in tante
situazioni attuali. E’ “la risata come grido”
I collage, come in Nunca mas o Nosotros no sabìamos, ci mostrano gli orrori del governo militare
con la repressione che gli ha tolto un figlio e lo ha obbligato a emigrare in Brasile, del nazismo ,
delle guerre o dell’Inquisizione.
Dopo quasi mezzo secolo dalla sua prima mostra in Italia León Ferrari, figlio di un rinomato
architetto, pittore e fotografo italiano, realizza una mostra nella stessa Venezia che lo ha premiato
con il Leone d’Oro della Biennale 2007. Con questo insieme di opere Leòn Ferrari, considerato da
molti uno dei massimi esponenti del concettualismo latino-americano, ci riempie di bellezza,
poesia, tensioni, inquietudine, critiche e piacere.
Irma Arestizabal
Inaugurazione giovedì 11 settembre 2008 ore 17.30 – 21
Palazzo Palumbo Fossati
Fondamenta della Malvasia Vecchia
San Marco 2597, 30124 Venezia