GAMeC - Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo
Bergamo
via San Tomaso, 53
035 399528 FAX 035 236962
WEB
Quattro mostre
dal 29/9/2008 al 7/2/2009
mart-dom 10-19; giov 10-22; lunedi chiuso
WEB
Segnalato da

Ufficio Stampa Gamec




 
calendario eventi  :: 




29/9/2008

Quattro mostre

GAMeC - Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, Bergamo

La mostra dedicata a Pio Manzu' ripercorre l'itinerario creativo del designer con progetti, appunti, schizzi e una sezione dedicata al Car Design. Si svolge contemporaneamente la retrospettiva del padre Giacomo Manzu' che prende avvio dalla serie delle Crocifissioni, realizzate dallo scultore tra il 1939 e il 1942, toccando le tematiche piu' care all'artista: dalla ritrattistica al nudo femminile. La giovane arte internazionale, nell'ambito di Eldorado, e' rappresentata da Ian Tweedy che in 3 diverse sale propone pittura, wall painting, video, installazioni e disegni. Lo Spazio Zero ospita "Grid Ripper", il progetto site specific di Sterling Ruby in cui sculture e dipinti sembrano nascere da un atto distruttivo ma generante.


comunicato stampa

Pio Manzu'. Quando il mondo era moderno
a cura di Giacinto Di Pietrantonio, Beppe Finessi ed Enrico Fagone

La GAMeC - Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo organizza dal 1° ottobre 2008 all’8 febbraio 2009 la mostra Pio Manzù. Quando il mondo era moderno, a cura di Giacinto Di Pietrantonio, Beppe Finessi ed Enrico Fagone che ripercorre l’itinerario creativo di Pio Manzù, designer di profilo internazionale, contemporaneamente alla personale dedicata al padre Giacomo.
L’archivio di Pio Manzù, attualmente depositato alla GAMeC, consente di tracciare per la prima volta un percorso completo della sua opera - che, nella pur breve esperienza a causa della prematura scomparsa, ha spaziato dal design, alla fotografia, alla grafica editoriale - articolato nelle quattro sale del secondo piano della galleria, toccando differenti tematiche e mettendo il suo lavoro in relazione con quello di altri designer ed artisti internazionali.

Gli anni degli esordi e della sua formazione alla scuola di Ulm sono oggetto della prima sala in cui si accostano suoi progetti, appunti, schizzi, teorie, al lavoro dei docenti e direttori come Max Bill, ma anche con quello di colleghi come Giovanni Anceschi e alcuni artisti e designers italiani come Bruno Munari, Gianni Colombo, Getulio Alviani, Manfredo Massironi, i tedeschi Herbert Oehm, Ludwig Wilding e Joseph Albers e i brasiliani come Almir Magniver. In questa prima sala sono presenti anche i progetti derivati dalla sua tesi di laurea in cui veniva proposta una concezione d’avanguardia sui trattori attraverso uno studio che teneva conto dell’uomo, delle sue esigenze e della sua sicurezza.
La seconda e terza sala indagano la fase del lavoro di Pio Manzù dedicata al Car design, che gli valse riconoscimenti e premi internazionali: disegni, progetti, foto, modellini relativi alla 127 Fiat e ai Trattori, e i progetti mai prodotti per Autonova, Taxi, Autobus. Molti di questi sono stati realizzati con grande successo sia sul piano della pura ricerca sia del mercato: basti pensare che queste macchine non solo sono pioniere di quelle attuali ma, ad esempio, l'invenzione della scocca superiore per il trattore ridusse del 30% le morti nel lavoro agricolo causate dal ribaltamento dei mezzi.Agli oggetti è dedicata la sala di chiusura: prototipi, progetti e soprattutto originali d’epoca molti dei quali ancora oggi campeggiano nelle nostre case e sono considerati ormai dei classici come Cronotime, prodotto dalla Ritz Italora, il primo orologio a transistor italiano, ed esposto al MoMA di New York.

Il catalogo, edito da Electa Milano, si compone dei contributi di Giacinto Di Pietrantonio, Enrico Fagone, Beppe Finessi e Mario Cresci. Un’ampia selezione di progetti sviluppati da Pio Manzù viene articolata in approfondimenti sulle genesi di ciascuno di essi attraverso testi ed immagini. Tutte le mostre sono organizzate dalla GAMeC, che ha quali soci fondatori Comune di Bergamo e TenarisDalmine, soci benemeriti Banca Popolare di Bergamo e Bonaldi S.p.A. e sostenitori Confindustria Bergamo.
Per Pio Manzù. Quando il mondo era moderno si ringrazia della collaborazione Bonaldi Motori - Audi e Fiat Group Automobiles, Style.
La mostra vede inoltre la partecipazione della Provincia di Bergamo - con particolare riferimento alle attività didattiche - e della Fondazione ASM ed ha quale media partner L’Eco di Bergamo.

Cenni biografici
Pio Manzù (1939-1969), dopo gli studi liceali a Milano, è il primo italiano a laurearsi ad Ulm in Industrial Design alla Hochschule für Gestaltung, con una tesi sul “trattore sicuro”. Nasce così la centina di protezione, come nelle auto da corsa sopra la testa del pilota. Nel 1962 vince con l’amico Conrad il primo premio del Concorso Internazionale “Année Automobile” per il disegno di una vettura che verrà realizzata dalla Carrozzeria Pininfarina ed esposta nei saloni dell’automobile di Londra e Torino. L’anno seguente riceve il premio della sezione culturale dell’Associazione Industriale tedesca per il prototipo di una vettura di media cilindrata: la Coupé Austin Healey 3000. Nel 1965 presenta il design di un’automobile familiare: l’Autonova Fam e due anni più tardi, sempre con Conrad, vince il concorso della municipalità di Amburgo per la progettazione di un autobus urbano.

A partire dal 1967 è consulente alla Fiat che dà subito gli da la fiducia necessaria per progettare liberamente e sperimentare. Per la casa automobilistica torinese, realizza il City Taxi e l’Autobianchi Coupé, entrambe esposte al Salone dell’automobile di Torino.
Nel rigore progettuale di Pio Manzù risiede il superamento della problematica formale e l’apertura verso la problematica ergonomica: il rapporto uomo-macchina e tutte le componenti psico-fisiche ad esso correlate.
Le vetture di Pio Manzù non risolvono solo i requisiti di funzionalità dei propri componenti ma allargano la riflessione alle questioni del traffico, della circolazione, delle quali, secondo Pio Manzù, il designer non può non tenere conto.
In poco tempo e con poche risorse, realizzò molti progetti e si fece conoscere a livello internazionale. Lo si considerava già una promessa del design mondiale a trent’anni non ancora compiuti quando morì tragicamente in un incidente d’auto.

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Giacomo Manzu’. 1938 - 1965 Gli anni della ricerca
a cura di Maria Cristina Rodeschini e Marcella Cattaneo

La GAMeC - Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo in collaborazione con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma organizza dal 1° ottobre 2008 all’8 febbraio 2009 la mostra dedicata a Giacomo Manzù, uno tra gli scultori italiani di riferimento del XX secolo, in occasione del centenario della nascita.
Il Museo di Bergamo lo ricorda esplorando, attraverso una cinquantina di opere di collezioni pubbliche e private, il periodo centrale della sua attività - dal 1938 al 1965 - che si distingue per il profondo rinnovamento iconografico e per l’eccellenza della qualità plastica.
La mostra, a cura di M. Cristina Rodeschini, direttore della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, e Marcella Cattaneo, storica dell’arte, si avvale di un comitato scientifico composto da Maria Vittoria Marini Clarelli, Soprintendente della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, Livia Velani, Marcella Cossu, direttore della Raccolta Manzù di Ardea.

Il progetto espositivo, che prende avvio dalla nota serie delle Crocifissioni realizzate da Manzù tra il 1939 e il 1942, tocca le tematiche più care all’artista: dalla ritrattistica femminile, così intensamente sentita e partecipata dallo scultore, alla suggestiva resa psicologica del sembiante di personalità della cultura alle quali fu legato da rapporti umani e professionali come Carlo Carrà, Cesare Brandi, Oskar Kokoschka, alla suadente interpretazione del nudo femminile. L’innovativa scelta iconografica dei Cardinali, l’incontro con Papa Giovanni XXIII ed il compimento della Porta della Morte per la Basilica di San Pietro, vengono individuati come momenti cruciali della vita artistica di Manzù. In particolare la porta vaticana, nell’impegnare l’artista dal 1947 al 1964, diviene l’epicentro di una poetica che nel dialogare con la tradizione ne rifiuta gli aspetti accademici per dare accesso a una visione della realtà in cui valori umani e storia delle emozioni si saldano in piena alleanza. La centratura culturale sul periodo 1938 - 1965 si propone dunque di mettere in valore il contributo dello scultore lombardo che per l’intensità della ricerca di quegli anni, condotta entro il dominio di un dichiarato figurativismo, è da riconoscere come una delle personalità di spicco e più popolari della cultura d’arte del novecento. La connessione della mostra con la riflessione che nel 2008 viene avviata dalla città di Bergamo sulla figura di Giovanni XXIII a cinquant’anni dall’elezione pontificale, varrà a sottolineare quanto abbia inciso sul lavoro di Manzù la profonda intesa umana con il papa bergamasco.

Nel catalogo, edito da Electa Milano, i testi di Marcella Cattaneo, Marcella Cossu, M. Cristina Rodeschini, Marco Roncalli percorrono la vicenda artistica ed umana di Manzù tra lo scorcio degli anni trenta ed il successo degli anni sessanta. Ciascuna delle opere in mostra viene approfondita nella sua genesi ideativa e nella storia critica. Introduce il catalogo un testo di Maria Vittoria Marini Clarelli (Soprintendente GNAM, Roma). L’intera serie di opere di scultura è stata coinvolta da un progetto fotografico a cura di Jacopo Ferrari.
Nel percorso della mostra sarà presentato il documentario di Glauco Pellegrini, realizzato nel 1964, che rievoca le fasi del lavoro di Giacomo Manzu’ per la realizzazione della Porta della Morte in Vaticano.

In occasione della mostra verrà redatta una serie di itinerari in Lombardia legati alla presenza di Manzù, curati da Silvia Carminati.

Per dare risalto alla vita artistica dello scultore in terra di Bergamo, una sezione della mostra viene ospitata nello storico Palazzo Marinoni Barca di Clusone (BG), sede del MuseoArteTempo. La località, vitale centro di una delle più attive valli bergamasche, la Seriana, nell’ospitare lo scultore negli anni di guerra, garantì a lui e alla sua famiglia un approdo sicuro ed un clima culturale aperto e solidale, del quale le opere esposte danno conto.

In occasione della mostra "Giacomo Manzù 1938-1965. Gli anni della ricerca" verrà presentato il progetto di digitalizzazione e schedatura dei fondi relativi allo scultore per il periodo 1930 – 1965 conservati presso l'Archivio Bioiconografico della Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma e presso la Raccolta Manzù di Ardea. La schedatura è stata effettuata con il software di gestione dati GEA in uso dal 1999 presso la Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea in collaborazione con il BAICR (consorzio di cultura tra Biblioteche, Archivi e Istituzioni Culturali) nell'ambito del progetto "Archivi del Novecento" sul cui sito WEB è consultabile (http://www.archividelnovecento.it).

Contemporaneamente alla mostra dedicata a Giacomo Manzù la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea presenta nei propri spazi l’itinerario creativo del figlio Pio (1939-1969), designer di profilo internazionale, con una specializzazione in ambito automobilistico.
Tutte le mostre sono organizzate dalla GAMeC, che ha quali soci fondatori Comune di Bergamo e TenarisDalmine, soci benemeriti Banca Popolare di Bergamo e Bonaldi S.p.A. e sostenitori Confindustria Bergamo.
Giacomo Manzù. 1938-1965 gli anni della ricerca è realizzata anche con il sostegno del main sponsor Fondazione Banca Popolare di Bergamo onlus.
La mostra vede inoltre la partecipazione della Provincia di Bergamo - con particolare riferimento alle attività didattiche - e della Fondazione ASM ed ha quale media partner L’Eco di Bergamo.

Cenni biografici
Giacomo Manzù (Bergamo 1908 – Ardea 1991) inizia a lavorare giovanissimo nella bottega di un intagliatore. Nel 1928 decide di dedicarsi esclusivamente alla scultura. Dopo un breve viaggio a Parigi si stabilisce a Milano dove ottiene la sua prima importante commissione per l’Università Cattolica; espone nelle gallerie Milano e Il Milione ed ha modo di stringere amicizie con artisti e critici. Tra il 1933 e il 1934 una profonda riflessione artistica lo porta ad abbandonare il primitivismo che caratterizza la sua prima produzione per aggiornare il proprio linguaggio artistico e, guardando a Medardo Rosso, crea le prime opere in cera. Nel 1938 ha la sua prima sala personale alla XXI Biennale di Venezia e partecipa alle mostre di Corrente a Milano, movimento in forte opposizione a Novecento ed alla ideologia di regime. Dal matrimonio con Tina Oreni nel 1939 nasce il figlio Pio, futuro designer di fama internazionale.

L’attività degli anni Quaranta è caratterizzata da un deciso impegno sociale, in particolare contro la guerra ed il sopruso nazista. Nel 1941 presenta alla Galleria Barbaroux di Milano le Crocifissioni: il tema sacro diventa simbolo di denuncia contro la guerra, sollevando forti polemiche negli ambienti politici ed ecclesiastici. Spinto dalla situazione bellica, nel 1942 si ritira a Clusone dove risiederà per circa 3 anni. Fittissima è la partecipazione, durante tutta la sua carriera, ad esposizioni italiane ed estere che gli valgono anche importanti riconoscimenti, come il Premio per la Scultura alla XXIV Biennale di Venezia del 1948, ex equo con Henry Moore. L’attenzione della critica verso l’artista bergamasco si fa da subito intensa; nomi come Lamberto Vitali, Carlo Carrà, Cesare Brandi, Lionello Venturi, Giulio Carlo Argan e Carlo Ludovico Ragghianti scriveranno di lui. Insegna all'Accademia Albertina di Torino, all'Accademia di Brera a Milano e all'Accademia estiva di Salisburgo dove incontra Inge Schabel che sposerà nel 1972. Nel 1952 gli viene commissionata da Pio XII la Porta di San Pietro in Vaticano, il cui tema iniziale Trionfo dei Santi e dei Martiri della Chiesa si tramuta in quello della Morte.

La porta vaticana verrà inaugurata nel 1964 da Paolo VI; tra il 1955 e il 1958 realizza la Porta dell’Amore per il Duomo di Salisburgo e conclude la trilogia realizzando la Porta della Guerra e della Pace per la chiesa di St. Laurenz a Rotterdam tra il 1965 e il 1968. Nella seconda metà del '900 intenso si fa il suo rapporto con il teatro per il quale realizza numerose scenografie. Dell’intensa produzione grafica sono da ricordare Le Erbe, pubblicate nel 1942, e le acqueforti per le Georgiche di Virgilio del 1948. Disegna anche scenografie e costumi, tra cui quelli per l’Edipo Re di Stravinskij del 1965, per il Tristano e Isotta di Wagner del 1971 e per il Macbeth di Verdi del 1985.
Muore nel 1991 e viene sepolto l’anno seguente presso la Raccolta Manzù di Ardea, museo inaugurato nel 1969 e donato dieci anni dopo allo Stato italiano per volere dell’artista.

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Ian Tweedy: I'll Meet You at the Rendezvous
a cura di Alessandro Rabottini

All’interno della programmazione di Eldorado – la serie di mostre che la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo dedica agli artisti più interessanti all’interno del panorama della giovane arte internazionale – la GAMeC presenta I’ll Meet You at the Rendezvous, la prima mostra personale che un museo dedica all’emergente Ian Tweedy (Hahn, Germania, 1982. Vive e lavora a Milano).

Artista di origini statunitensi, ma nato e cresciuto in una base militare in Germania e ora residente in Italia, Ian Tweedy ha fatto di questa sua condizione nomade il centro del suo lavoro. Alla base della sua pratica artistica, infatti, ci sono temi come il rapporto tra la biografia individuale e il passato collettivo, l’appropriazione soggettiva della storia recente e remota, la ricerca di nuovi significati per i concetti di identità, appartenenza e libertà.

Attraverso l’uso di pittura, collage, disegno, video e installazione – tecniche spesso combinate tra loro in una sovrapposizione di figure, supporti, atmosfere e significati – il lavoro di Tweedy si muove lungo due direttrici principali di ricerca: da un lato il passato e la storia come immensi archivi di immagini da recuperare e trasformare, dall’altra l’esperienza della Street Art e del Graffitismo come forme di creatività che vivono un confronto costante con la quotidianità, l’imprevisto e il succedersi frenetico della vita urbana.
Sui muri delle nostre città, infatti, le immagini hanno vita breve: esse durano fin quando non vengono ricoperte da un altro graffito, cancellate da un intervento di restauro o consumate dal più semplice trascorrere del tempo. Ogni immagine, quindi, si sovrappone a un contesto fatto di vita, rumori e segni, un contesto che preesiste a quella stessa immagine e che le sopravvive.
Ian Tweedy porta questa esperienza all’interno della pittura e per fare questo dipinge usando supporti che possiedono già in partenza una memoria, che portano in sé le tracce di un passato più o meno recente, come copertine di vecchi libri, cartine geografiche logorate dall’uso, stracci utilizzati per pulire i pennelli.
E in questo suo coniugare la densità dell’archivio con la natura affollata del paesaggio visivo metropolitano, Tweedy crea un’arte dell’accumulo e della memoria, dell’invenzione e della sopravvivenza, in cui le immagini sono il frutto di un recupero, di una cancellazione e di una costante ri-trascrizione.

La mostra appositamente concepita per la GAMeC e interamente composta di lavori inediti occupa tre sale del museo e vede impiegati i mezzi più diversi, dalla pittura al wall painting, dal video all’installazione e al disegno. Come accade quasi sempre nel lavoro dell’artista, le immagini sono all’origine fotografie o, per lo meno, tradiscono una natura fotografica che emerge anche nella loro nuova veste pittorica: questo continuo ricorso al prelievo da un archivio personale, rivela nell’arte di Tweedy non soltanto la centralità del collage e del montaggio cinematografico – intesi non solo come tecniche ma soprattutto come modalità operative e di pensiero – ma anche la continuità con una tradizione della pittura che va da Robert Rauschenberg a Gerhard Richter e giunge fino a Luc Tuymans e che nel rapporto con la fotografia trova il suo centro.

Accompagna la mostra il primo catalogo dedicato all'artista, edito da Lubrina, contenete i contributi di Alessandro Rabottini e Luca Cerizza.
Ian Tweedy (Hahn, Germania, 1982. Vive e lavora a Milano) nel 2007 ha esposto alla terza Biennale di Praga e alla Fondazione Teseco di Pisa; nel 2006 all’Isola Art Center di Milano e a Palazzo Te a Mantova.

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Sterling Ruby: GRID RIPPER
a cura di Alessandro Rabottini

La GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo presenta GRID RIPPER la prima mostra personale che un museo europeo dedica a Sterling Ruby (Bitburg, Germania, 1972. Vive e lavora a Los Angeles).
La mostra sarà accompagnata dalla più esaustiva monografia finora dedicata al lavoro dell’artista e pubblicata da JRP / Ringier, con testi di Jörg Heiser, Robert Hobbs, Alessandro Rabottini e con una lunga conversazione tra Sterling Ruby e Catherine Taft.
Mostra e catalogo sono realizzati in collaborazione con la Galleria Emi Fontana, Milano e West of Rome, Los Angeles.

La moltitudine dei mezzi e delle tecniche che Sterling Ruby utilizza nel suo lavoro – spaziando dalla scultura al collage, dall’installazione alla pittura, dalla ceramica al video e alla stampa – si accompagna a un universo altrettanto denso di temi e di riferimenti sia interni che esterni alla storia dell’arte, come il conflitto tra le pulsioni individuali e i meccanismi di controllo sociale, la funzione coercitiva dello spazio architettonico, l’arte come dominio dell’irrazionalità, la sfera dei comportamenti disfunzionali, il Minimalismo e l’Art Brut, il graffitismo, la violenza urbana, il desiderio e il piacere.

GRID RIPPER fa parte di una trilogia di mostre che affronta il tema dell’astrazione in rapporto con la percezione corporea e con la dimensione metafisica dell’esistenza. A completare la trilogia saranno la mostra ZEN RIPPER – seconda mostra personale dell’artista alla Galleria Emi Fontana di Milano dal 19 settembre 2008 – e la mostra SPECTRUM RIPPER, alla Galleria Monika Sprüth Philomene Magers di Londra dal 9 ottobre. Al centro di ciascuna mostra ci sono i concetti di Geometria, Meditazione e Colore posti in relazione con le idee di potere, disubbidienza, perfezione estetica ed eternità.

Il titolo della mostra alla GAMeC è emblematico di un aspetto fondamentale dell’arte di Sterling Ruby, ovvero quello della frizione tra forme geometriche e razionali e impeto espressivo e performativo. In questo senso le sculture e i dipinti presenti in mostra – all’interno di un progetto inedito e site specific appositamente ideato dall’artista per lo Spazio Zero della GAMeC – sembrano nascere da una sorta di atto vandalico, allo stesso tempo distruttivo e generante.
La principale sala espositiva è dominata da due imponenti strutture fatte di solidi di formica sovrapposti: a metà strada tra l’architettura e la scultura, occupano lo spazio come fossero totem minacciosi dall’oscura funzione, costruzioni dalla natura ambigua, di cui è difficile comprendere se siano nate per difendere o per imprigionare, o se siano il teatro abbandonato di una violenza senza scopo. Il loro aspetto geometrico e quasi brutale di rovine domestiche è spezzato dall’uso marcato e gestuale della vernice spray, in un richiamo frequente da parte di Ruby al graffitismo come tentativo estremo di testimoniare la propria esistenza nell’orizzonte anonimo e alienato della vita nelle metropoli moderne.

La vernice spray è anche il mezzo con cui l’artista realizza i quadri in mostra, campiture astratte di colore in cui il gesto dello scrivere sui muri il proprio pseudonimo – un gesto spesso usato dalle bande urbane per marchiare un territorio e rivendicarne la proprietà – viene trasformato e recuperato all’interno di una lunga tradizione di pittura astratta e gestuale, che spazia dall’Espressionismo Astratto all’Arte Informale, fino a chiamare in causa la funzione terapeutica dell’arte, l’Outsider Art e la dimensione meditativa dell’arte astratta.
In questi dipinti – come in tutta la sua arte, d’altra parte - Ruby sembra appropriarsi di gesti all’apparenza privi di una grammatica estetica e formale e voler articolare, all’interno di un vocabolario estremamente consapevole della storia dell’arte del secondo dopoguerra, le voci e le dimensioni dell’esistenza umana più nascoste e refrattarie alla comunicazione.

Quella di Ruby è un’arte che coniuga la memoria del passato con l’attenzione per i fenomeni urbani e popolari contemporanei. È un’arte dell’espressione e dell’accumulo, della sovrapproduzione di informazioni e del delirio dei sensi, della nevrosi e della paranoia, e in cui il gigantismo delle forme e il loro proliferare appare come una manifestazione corrotta del desiderio, del consumo, dell’ansia e della necessità di controllo che caratterizza la cultura occidentale contemporanea.

Cenni biografici
Sterling Ruby (Bitburg, Germania, 1972) vive e lavora a Los Angeles. Ha ricevuto il Bachelor in Fine Art all’Art Institute di Chicago e si è laureato all’Art Center College of Design di Pasadena. Sue mostre personali recenti sono state ospitate dal Museum of Contemporary Art di e dal Drawing Center di New York, entrambe nel 2008. Ha inoltre preso parte a numerose mostre collettive, tra le quail Stray Alchemists, Ullens Center for Contemporary Art, Pechino (2008); Moscow Biennale of Contemporary Art, Mosca (2007); Triennale di Torino, T1 – La Sindrome di Pantagruel, Torino; California Biennial, Orange County Museum of Art, Newport Beach; e Red Eye: LA Artists from the Rubell Family Collection, Rubell Family Collection, Miami (tutte nel 2006).

Immagine di Ian Tweedy

Prenotazioni visite guidate
tel. +39 346 9699741 (martedì e giovedì: 14.30 - 18.00; mercoledì e venerdì: 10.00 -13.30)
Servizi educativi tel. +39 035 270272
e-mail: giovanna.brambilla@gamec.it

Ufficio Stampa
CLP Relazioni Pubbliche
tel. +39 02 433403 / +39 02 36571438
fax +39 02 4813841
e-mail: ufficiostampa@clponline.it; press@clponline.it

Inaugurazione Martedì 30 settembre 2008, ore 18.30

GAMeC - Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo
via San Tomaso, 53 - Bergamo
martedì - domenica: 10 - 19; giovedì 10 - 22;lunedì chiuso
Ingresso GAMeC: intero: 5,00 euro - ridotto: 3,50 euro
(il biglietto dà diritto all’accesso a tutte le mostre)
gruppi scolastici: 1,00 euro a studente (gratuito per scuole dell’infanzia)
Aperture straordinarie GAMeC:
sabato 1 novembre, lunedì 8 dicembre, venerdì 26 dicembre, mercoledì 31 dicembre (fino alle ore 13.00), giovedì 1 gennaio, martedì 6 gennaio CHIUSO: 25 dicembre
Visite guidate GAMeC: per gruppi: 70,00 euro italiano / 85,00 euro lingua straniera
per scuole: 50,00 euro
diritto di prenotazione: 5,00 euro a gruppo

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