L'Idioma
Ascoli Piceno
via delle Torri, 23
0736 254740 FAX

Mario Loprete
dal 7/11/2008 al 28/11/2008
feriali 18-20 festivi 10,30-12

Segnalato da

L'idioma




 
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7/11/2008

Mario Loprete

L'Idioma, Ascoli Piceno

Libera nos a malos. Personale di pittura. Il discorso e l'analisi intrapresa dall'artista si amplia e accede a realta' con le quali giornalmente conviviamo senza accorgercene o facendo finta di nulla, come se non esistessero. A cura di Alberto Mattia Martini e Augusto Piccioni.


comunicato stampa

a cura di Alberto Mattia Martini e Augusto Piccioni

ll quesito che ne potrebbe scaturire, osservando i lavori di Mario Loprete è del perché un'artista italiano abbia deciso di dedicare la propria ricerca artistica degli ultimi sei anni ad una tematica apparentemente così distante, sia geograficamente che socialmente dalla realtà nella quale egli vive. È veramente Mario Loprete nato in Italia, realtà effettivamente dissimile da quella americana nella quale è nata la così detta cultura hip-hop? Possiamo affermare con estrema certezza che Loprete è italiano, nato a Catanzaro, dove si è formato e dove tutt'ora vive. Questo tuttavia non aiuta a risolvere il quesito iniziale, anzi ne alimenta i dubbi e le curiosità.Prendendola come si dice alla lontana, è ormai assodato, che la culla dell'umanità sia l'Africa e quindi che i nostri progenitori non avevano di sicuro la pelle bianca e che di conseguenza un po' di "sangue nero" scorre nelle vene di ognuno di noi. Non ne farei comunque una questione solo di pelle o per lo meno solo di esteriorità o estetica, in quanto il lavoro di Mario Loprete è un indagine concentrata ed indirizzata ad inoltrarsi in ben più reconditi territori umani."Sono terribilmente e morbosamente attratto dalle persone di colore, li ritraggo con massima intensità emotiva.

La figura umana è affascinante da ritrarre, ma le persone di colore sono una sfida, sono molto espressive e sono a mio avviso, l'incarnazione e la materializzazione dell'Anima". Dalle parole dello stesso artista appare emergere immediatamente l'interesse, direi anche la curiosità e l'attrazione non solo fisica, ma introspettiva, per l'uomo di colore. Loprete parla di Anima, volutamente con la A maiuscola, per rafforzare e ampliare il ruolo dell'aspetto spirituale nella sua ricerca, del peso imprescindibile che l'introspezione, l'esplorazione del sé, ha da sempre impegnato non solo il suo lavoro, ma la vita di tutti i giorni.Sempre ad una superficiale interpretazione il fatto che lo stesso artista calabrese si definisca ateo, potrebbe apparire come un controsenso; a mio avviso invece questa sua "infedeltà" lo rende più libero da preconcetti e vincoli, che inevitabilmente il culto e la devozione comportano. Come è noto l'hip-hop nasce negli anni '70 a New York e più esattamente in uno dei luoghi più degradati e socialmente problematici: il Bronx.

Una società, una realtà multietnica, dove oltre ad essere molte le difficoltà sono numerose anche le diversità, le etnie, gli stili di vita, le attività, le religioni.Certamente anche le influenze che danno vita all'hip-hop sono molteplici, tra queste la cultura africana e i generi musicali come il funk, il dub, il blues e il soul o musica dell'anima; un'anima che quindi non solo non ha mai abbandonato lo spirito degli uomini di colore, ma è radicata da sempre nel territorio delle sensibili emozioni. L'indagine sociale di cui abbiamo accennato precedentemente una volta osservate le opere di Loprete, prende forma e si dispiega nella realtà americana, tra la gente e i luoghi dove è nato questo movimento artistico-musicale. I così detti "B-Boy" sono colti nei loro comportamenti quotidiani, nell'atteggiamento, nelle movenze, nella inconfondibile ed inimitabile gestualità ed espressività corporea, nella intenzionale "abbondanza" dell'abbigliamento, con quel cappellino da baseball immancabile sulle teste e perennemente posto con la visiera o su un lato o dietro la nuca, ma mai in posizione centrale sulla fronte.

Le creature di Loprete non sono solamente cappucci di tute, cannoniere, t-shirt, catene d'oro e fisici scultorei, sono passioni, desideri, timori, paure, speranze, sorrisi, violenza, disagio, insofferenza, amore, amicizia, vita e morte, che si rincorrono ogni giorno tra le streets delle metropoli.Dallo sguardo, dai volti di questi personaggi traspaiono forti emozioni, individui che come si dice in questi casi "hanno vissuto", non si sono sicuramente risparmiati negli eccessi e nella ricerca di una dignità, indipendenza, libertà e parità, che molto spesso gli viene negata e che nella maggior parte dei casi non avranno mai come compagna di vita.L'espressione nella quale Loprete immerge sé stesso è quella di chi da ormai molto tempo conosce e avverte anche le minime vibrazioni delle "sue" creature, volti, figure colte nella loro integrità con uno sguardo più vicino a quello di un fotografo; l'istante, gioca con le suggestioni, la visione di colui che ritrae e si immerge nell'unicità dell' attimo che fugge carpendo e "rubando" la singolarità del soggetto descritto. L'occhio è quello del fotografo, ma la tecnica ad olio è quella di chi con estrema precisione comunicativa non smarrisce nessun dettaglio, che possa risultare dotato d'importanza per poter istaurare un dialogo tra reale e irreale, tra protagonista dell'opera e fruitore.Pochi di loro ce la fanno, la musica e lo sport, sono i mezzi grazie ai quali ai "ragazzi neri" è permesso di accedere alla società che conta: "Hanno rotto le catene ed ora mettono la palla dentro", afferma Loprete.

Ma questi, i cosiddetti nuovi ricchi, personaggi dello spettacolo, del mondo dello sport, che diventano protagonisti delle pagine dei rotocalchi del gossip, sono solo una minima parte rispetto alla stragrande maggioranza di ragazzi, che non solo negli Stati Uniti vivono ai margini della società. Il discorso e l'analisi intrapresa da Mario Loprete si amplia e accede a realtà, che ci riguardano da vicino, con le quali giornalmente conviviamo senza accorgercene o peggio ancora facendo finta di nulla, come se non esistessero. Il diverso, si sa, fa paura e quindi è meglio o che muoia a casa sua o che se proprio deve vivere nella "mia" città , nel mio ambiente lo faccia senza darmi fastidio in modo che io possa fare finta che non esista. Ecco che il razzismo si insinua tra le viscere della società passando da una parte all'altra senza distinguo: bianco contro nero, che poi diventa nero contro bianco, cattolico contro mussulmano e viceversa e quindi tutti contro tutti, "aspettando" il morto, come è accaduto alcuni giorni or sono a Milano.

Giochi duri, violenti, che come sottolinea Loprete nella serie delle Pistole, assumono il nome di donna, divenendo compagne di vita a volte più fedeli e importanti delle vere fidanzate. I believe, io credo in qualche cosa che mi possa aiutare a trovare la soluzione a tutto ciò, che un giorno, il più prossimo possibile possa liberarmi dallo scenario di fattezze militari nelle quali vivo. Mi muovo, mi racconto, congiungo le mani e poi le allargo, ti indico, ti osservo, ma per te è come se non esistessi, come se tu guardando attraverso di me vedessi solamente lo sfondo nel quale vivo. Io credo che il rispetto non debba essere nell'integrazione che ne annulli l'identità e che obblighi l'altro a essere come me, ma in quanto credente nell'uomo e nell'umanità devo bilateralmente credere e riconoscere chiunque, in modo che possa mantenere e accrescere la propria specificità.
Alberto Mattia Martini

inaugurazione sabato 8 novembre ore 18,00

L'Idioma
Via delle Torri, 23 Ascoli Piceno
Orari : feriali 18-20 festivi 10,30-12
ingresso libero

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