L'artista lavora da sempre sul confine tra letteratura, storia ed arti visive. Aux cotes d'Elsa M. evoca una stretta comunanza artistica ed umana con la Morante, sviluppatasi intorno al suo romanzo 'La Storia'.
La galleria La Nube di Oort presenta la quarta mostra, negli ultimi tre anni, di un artista del Québeq, prova di un affinità stabilitasi con gli artisti e gli operatori culturali di questa parte del mondo. La mostra si inquadra nei festeggiamenti del 400˚ anniversario della fondazione della città di Québeq, da parte dell’esploratore francese Samuel de Champlain e nella VI edizione della biennale “Orizzonte Québeq”.
L’artista Monique Régimbald-Zeiber lavora da sempre sul confine tra letteratura, storia ed arti visive. «Aux côtés d’Elsa M.» rientra nel ciclo «La série des grandes romancières» ed evoca una stretta comunanza artistica ed umana con la grande scrittrice, sviluppatasi intorno al romanzo “La Storia”. Alcuni appunti di Monique sono la migliore chiave di lettura di questa complessa operazione artistica e ne riportiamo alcuni brani :
Una donna descrive un’altra donna in un quotidiano di guerra.
Esse sono prese nella Storia. Insieme. Ho scelto Elsa Morante, la sua piccola istitutrice Iduzza e La Storia, per rientrare ogni giorno, attraverso di lei, nella scrittura di un quotidiano impossibile, per essere insieme testimoni di queste informazioni strane e inaudite, che le altre donne rifiutavano come fantasie...
La Roma delle patate e del carbone.
Dei giri quotidiani di faticante. Un quotidiano che contiene nelle crepe della piccola storia, il lavoro, la famiglia, il cimitero, i pettegolezzi, la paura, il freddo, la fame. Cose così piccole rispetto alla vastità dei movimenti degli eventi, delle armate, delle date e degli uomini.
Rintracciare quella Roma. Il suo cielo, gli uccelli, i suoi gialli ed i suoi rosa, i suoi selciati. Rintracciare la memoria e l’oblio, insieme, sul lino, sulla carta, con dell’inchiostro, dei colori ed un pò d’acqua. Ma tu mi crederai se ti dico che gli uccelli vedono tutto, persino il colore, che raccontano tutto, persino l’orrore ? Solamente, se lo ricorderanno ?
Abbiamo chiesto a Rosa Pierno, una scrittrice italiana che da sempre si fa interprete sensibile dell’arte, un commento alla mostra, qui allegato, per aggiungere un altro tassello di sensibilità femminile a questi riverberi di dolore de La Storia.
Monique Régimbald-Zeiber – “AUX CÔTÉS D’ELSA M.”
Commento alla mostra di Rosa Pierno
E’ una prima impressione, ma fortissima, che invece di sparire, col perdurare dell’osservazione, si sostanzia di innumerevoli elementi considerati, questa volta, analiticamente: l’opera è un muro. Riempie totalmente il piano di visibilità dell’osservatore colmandone la percezione come un’acqua che fuoriesca dai bordi del campo visivo. Muro formato da mattoni confezionati con tela grigia, legato da un ampio geometrico nastro di malta, in realtà spazio vuoto fra le tele, su cui sono stampate regolari scritte. Alcuni mattoni sono bianchi e su di essi insistono sgraffi, mentre su altri viene ripetuta la griglia del muro, rappresentazione miniaturizzata del muro stesso ma colorato con ocra, rosso, giallo, quanti sono i colori, e parrebbe gamma infinita, dei muri antichi di Roma nelle diverse ore del giorno (pallidi all’alba, infiammati al tramonto).
Appartiene a Roma, infatti, il muro, per esplicita dichiarazione dell’artista canadese Monique Régimbald-Zeiber che costruisce quest’opera facendo riferimento al libro di Elsa Morante “La Storia”. Questo muro non rappresenta gli antichi imponenti monumenti che sono visti più come membra incongruenti, quasi provenienti da altro mondo (storia non è sempre ciò che conosciamo, con cui abbiamo un rapporto) che come evenienze intorno a cui il tessuto della città si è sviluppato.
In quest’opera viene rappresentata, più precisamente, non la città di Roma, ma una sua partizione: piccoli brani contenenti esclusivamente elementi insignificanti. La città, si direbbe, visitata da uno sguardo che si posa su infime caratteristiche, nella registrazione che può farne chi vi viva come estromesso, ai margini, derelitto, quasi cieco ai segni che la storia lascia come reperti non omologabili al proprio tessuto esistenziale. Si sta qui facendo riferimento, infatti, ai luoghi nei quali si svolge l’insignificante vicenda del singolo all’interno della tragedia della seconda guerra mondiale descritta nel libro della Morante e utilizzato da Monique Régimbald-Zeiber come guida per percorrerne le vie, per guardare la città di Roma con altri occhi. La scelta non è certo neutrale, con essa l’artista tenta di penetrare nelle maglie di una storia che viene interpolata con una spola gigantesca quando si voglia narrare un evento di portata nazionale e mondiale, ma che non serve quando si vogliano recuperare modalità esistenziali messe in atto per resistere, pur semplici canne pensanti o fuscelli, a simili travolgenti ondate. Perché il mistero delle mura che resistono equivale al mistero delle esistenze che con le loro fragili risorse hanno attraversato tali impervie vie addirittura fronteggiando eventi di drammatica portata con il solo loro desiderio, con il loro amore per le persone e per le cose, con la loro misera strumentazione e sopportandone pure il conseguente fallimento, da tenere comunque stretto a testimonianza di ciò che è andato irrimediabilmente perduto.
Così, muro o mappa che sia, col suo reticolato in quest’ultimo caso di cardini e decumani, l’opera della Régimbald-Zeiber, intende recuperare i luoghi senza contrassegno, privi di identità, che sono stati testimoni di questi silenziosi innumeri drammi. Non è un caso che le scritte che l’artista estrae dall’opera della Morante e che stampiglia sui “mattoni” (“la casa della via dei Volsci a San Lorenzo”, “l’unico edificio”) siano descrizioni che non consentono di individuarli univocamente, ma che li delineano nella loro genericità come elementi che connotano comunque un luogo, sorta di piccolo scenario teatrale, artificio che serve a rappresentare ciò che non è possibile nemmeno immaginare: la tragedia di cui la Morante stessa tenta il racconto attraverso una simbolica storia: la vita di Iduzza non inscena forse un dramma enorme a cui non si riesce nemmeno a credere, di cui sembra sovrumana impresa il tentativo di descriverne l’orrore?
E, dunque, è il muro-geografico che si erge esso stesso come monumento. Monumento alla memoria. Luogo da cui non si esce, che si eleva dinanzi agli occhi altissimo e incombente, che risucchia l’intero orizzonte e che coinvolge nella dialettica inesauribile e irriducibile tra movimento della storia e movimento dei singoli, tra resistenza nazionale e resistenza personale e che, inoltre, mantiene intatto il contraddittorio movimento dialogico tra immagine e parola, raggiungendo, l’artista, uno straordinario equilibrio, una concorrenza di intenti e di sensi che meraviglia, che lascia i suoi fruitori sospesi nell’osservazione del baratro non valicabile che si apre all’interno di una città e di una storia così rappresentata.
Inaugurazione martedì 11 novembre 2008 ore 18.30
La Nube di Oort
via Principe Eugenio, 6 Roma
Orario di apertura : 11 novembre – 13 dicembre 2008, da martedì a venerdì, 17.30 / 20
ingresso libero