Biblioteca Nazionale Marciana - Sale Monumentali
Venezia
piazzetta San Marco, 13/a
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Energenesi
dal 13/11/2008 al 6/1/2009

Segnalato da

Mariachiara Mazzariol




 
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13/11/2008

Energenesi

Biblioteca Nazionale Marciana - Sale Monumentali, Venezia

Energenesi. Due esposizioni personali con 14 sculture in bronzo a cera persa di Gianfranco Meggiato e 20 pitture a olio su tela di Pier Toffoletti appartenenti al ciclo intitolato Luminescenze arboree. Nelle opere di entrambi la materia naturale, organica e vegetale, non e' rappresentata, ma rivissuta a partire dal gesto.


comunicato stampa

L'esposizione intende ripercorrere le tappe dell'evoluzione artistica di Gianfranco Meggiato, in particolare degli ultimi dieci anni 1998-2008, in cui Meggiato ha ingaggiato un corpo a corpo con la materia bronzea.

La scelta della fusione a cera persa implica delle possibilità espressive altrimenti impraticabili, ma impone al contempo un rigore inflessibile nel controllo delle numerose fasi di lavorazione. Per questo motivo Meggiato, nel corso dell'ultimo decennio, ha investito tempo e energie sulla cura del processo produttivo, con una determinazione non comune nel panorama della scultura italiana. Ha scelto di allestire un atelier e di formare un'équipe di collaboratori che gli consentono di eseguire in proprio tutte le fasi della lavorazione (ideazione del modello in cera, confezionamento degli stampi, sgrezzatura, rifinitura, lucidatura, verniciatura per rendere il metallo inossidabile), a eccezione della colata. Il controllo assiduo da parte di Meggiato durante ogni singola fase ha un preciso significato sotto il profilo creativo, poiché la forma di ogni scultura non è predeterminata in partenza. Meggiato infatti non impiega bozzetti o schizzi preparatori, ma lascia che la struttura dell'opera scaturisca nel tempo stesso del fare, a partire dall'atto di manipolazione della cera. È una forma fatta di divenire, e questo divenire va rispettato e sorvegliato.

La genesi della poetica di Meggiato è già compiutamente incarnata dal Pannello alveare del 1998: la fermentazione della materia viene colta nel suo istante germinale, in cui i gangli opachi dello spessore interno emergono verso la superficie, dove si distende una nervatura più sottile, dorata, lucida. La sostanza rappresentata non corrisponde a un preciso elemento chimico, né a un tessuto biologico identificabile, poiché riproduce una trasformazione in atto, una transizione di fase. La fusione non paralizza il processo organico nella staticità del metallo, piuttosto restituisce un movimento non finito, senza compimento possibile, che nasce dai moti endogeni della materia e, d'altro canto, dall'azione degli agenti esogeni (le forze atmosferiche, la corrosione, la consunzione, il lavoro dei microorganismi, l'azione degli insetti). Questo movimento non finito è incessantemente riproposto all'occhio e al tatto dell'osservatore, che è invitato a confluire attivamente nel processo disciogliendovi tutte le sue facoltà percettive e cognitive – ogni buco della trama di bronzo è uno sguardo, ogni cambio di prospettiva rimargina i vuoti e riavvia il processo. Il brulicare della materia è inscritto in una cornice deliberatamente artificiosa, come a significare che essa impone un limite arbitrario rispetto a un fenomeno che si estende in ogni direzione, senza un confine proprio. Il formato rettangolare tipico dell'arte figurativa è solo una finestra momentanea che ci permette di gettare un'occhiata su ciò che accade nell'intimità della materia.

Negli anni successivi il lavoro di Meggiato fa i conti anche con la tridimensionalità nelle sue forme più plastiche. La sfera, il cubo, la piramide, il disco sono le matrici di partenza, le forme canoniche della geometria solida che si presentano con contorni riconoscibili al primo sguardo, ma perdono ogni compattezza di figure ideali. La superficie della sfera, ad esempio, è perforata, il suo interno percorribile negli anfratti più reconditi, offerto alla visione e al tatto che scoprono diversi gradi di consistenza, di densità, di opacità. La manipolazione di Meggiato decostruisce l'omogeneità del solido, in cui tutti i punti si equivalgono, e ricostituisce la forma complessiva attraverso un processo di concrezione in cui ogni segmento avrebbe potuto torcersi in un'altra direzione, dando vità però a un risultato armonico, come nelle ramificazioni dei coralli.

La finalità filosofica di Meggiato è quella di riprodurre le dinamiche generative della materia nella misura in cui esse trovano eco nell'andamento dei percorsi vitali dell'individuo. Ogni persona, al di là dell'apparente compattezza della sua identità, si rivela come l'esito di uni'infinita serie di punti di biforcazione, in cui il caso, la scelta, gli ostacoli, le coincidenze determinano di volta in volta una spinta centrifuga o un ripiegamento. La persona, anche nel senso etimologico di “maschera”, non è esente da buchi, scissioni e smagliature: ma proprio queste discontinuità nel tessuto identitario consento di scendere nell'abisso del proprio sé, per ritrovare il contatto con la sorgente propulsiva dell'esistenza. La presenza, in alcune sculture, della sfera dorata e liscia all'interno della figura geometrica intende alludere precisamente a questa dimensione, profonda ma non sepolta nell'interiorità di ciascuno.
Nelle sculture più recenti, a partire dal Doppio Totem del 2007, e ancor più in quelle appena ultimate, la ricerca di Meggiato si è discostata progressivamente dal riferimento alle figure geometriche. Il bronzo prende corpo in uno spazio privo di piani definiti, destrutturato, esposto integralmente all'interazione con l'aria e la luce. La materia è soggetta ad agglutinazioni e rarefazioni improvvise, che accentuano la non staticità della scultura di Meggiato, e suggeriscono un'esperienza estetica che difficilmente l'occhio dell'osservatore può ricondurre a griglie concettuali predefinite.


PIER TOFFOLETTI
L'esposizione personale di Pier Toffoletti si concentra sulle Luminescenze arboree, ovvero il percorso più recente e innovativo della sua produzione pittorica, che negli anni ha abbracciato il largo spettro compreso tra l'informale e il figurativo.

Comporre immagini significa per Pier Toffoletti indagare lungo gli anfratti del preconscio e ricavarne stupori, misteriose nozioni figurali che hanno una conclusione, ma come lasciata in sospeso, a livello di lettura visiva.Nella sua produzione più recente ha abbandonato l’incantesimo che trasmettevano le sue figure femminili, di una beltà plastica fine a se stessa, dove l’ombra sembrava vincere sulla luce. Oggi la situazione pare capovolgersi: la fonte attuale della sua ispirazione tende alla rappresentazione di un biancore che rivela un palcoscenico intimista, d’inquieta espressività, riconoscibile nelle sue premesse spirituali. Pare quindi iniziato un proficuo e approfondito dialogo tra l’artista e la propria anima, tra l’Io e il Sé. Il pittore porta alla ribalta un’apparenza di immagini, come situazioni umane e naturali, e un’astrazione caotica non casuale nei fondi di splendida stesura informale. In questo caso, viene in superficie un altrove che egli titola Luminescenze arboree. Sono fenomeni dell’immaginazione, che egli affronta, e che lo condizionano secondo l’angolo interiore da cui emergono. La luminescenza è il denominatore comune che trasfigura il visibile in inafferrabile essenza. Le raffigurazioni mutano da quadro a quadro, come tanti passaggi musicali, contrappunti dialogici, ben realizzati da un pittore che conosce l’arte del disegno e della tavolozza. Sono mutazioni visive, trionfi della natura arborea, momenti di ritualità che volutamente ingannano la percezione visiva, porgendo momenti luminosi che provengono dalla sua interiorità, che vivono in lui, come essenze-presenze.

Sono momenti decisivi nell’arte di Pier Toffoletti. Le prodigiose apparizioni di alberi appaiono come simboli della natura, con una loro anima - intrecci dove i rami sono forme informi, rappresentati come tante scariche elettriche. Forse è materia che ricopre mitici eventi, invenzioni, corpi che pretendono un proprio spazio in una prospettiva definita. Ma questi differenti aspetti comprendono, in verità, l’esperienza volitiva di un pittore inquieto che ha vasti interessi culturali e fantastici, quelli di un mondo attivo e radiante, ai confini di ciò che noi definiamo etereo; un cosmo di cose e di fatti che si ricollega alla necessità di conciliare e di rimanere in equilibrio tra figurazione e astrazione. Il motivo conduttore della ricerca di Pier Toffoletti è di portare alla conoscenza di chi osserva improvvisi di luce che sgorgano dal suo inconscio e che diventano magma e segni riconoscibili di momenti suadenti, percezioni di bagliori , di stupori, di essenze illusorie: inquieti travasi di un mondo interiore.

Inaugurazione 14 novembre 2008 alle ore 17

Sale Monumentali della Biblioteca Nazionale Marciana, Venezia
Piazzetta San Marco n. 13/a - Venezia

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