E' il gesto che improvviso crea la forma. In mostra la produzione dagli anni Sessanta in avanti. Una pittura che rinuncia a qualsiasi riferimento naturalistico per costruirsi su un alfabeto fatto di soli segni e colori, che forti e decisi animano la tela e non cercano di delineare alcuna forma compiuta.
La Galleria d'Arte Maggiore G.A.M. di Bologna rende omaggio, a partire dalle ore 17.30 del 29 novembre, a un grande artista, svizzero di nascita ma francese di adozione: Gérard Schneider. Particolare attenzione sarà posta da Franco e Roberta Calarota alla produzione degli anni Sessanta in avanti, una stagione molto produttiva che coincide con l'età matura del pittore, nato nel 1896 e morto a novant'anni nel 1986, che ha così continuato per tutta la sua vita a sperimentare e a rinnovarsi, giungendo a un linguaggio astratto informale molto personale, oggetto di profonde riflessioni da parte dell'artista.“Io non includo il contenuto in una forma, ma creo la forma di un contenuto”.
Dopo gli studi accademici all’Ecole des Beaux-Arts di Parigi negli anni Dieci ed aver respirato l'aria ricca di influssi seurrealisti, cubisti e, soprattuto, astratto-geometrici degli anni Trenta, Gérard Schneider incomincia a mostrare le sue qualità di pittore in seno alla cosiddetta Jeune Ecole de Paris, un gruppo variegato di artisti tra cui compaiono anche Hans Hartung e Pierre Soulages, con cui Schneider espone insieme nel 1947 ai Surindépendants.
Inizia da qui ad emergere una caratteristica chiave di tutta la produzione successiva dell'artista: una pittura che rinuncia a qualsiasi riferimento naturalistico per costruirsi su un alfabeto fatto di soli segni e colori, che forti e decisi animano la tela e non cercano di delineare alcuna forma compiuta. Schneider elabora una personale concezione del gesto: il gesto artistico non deve essere figlio dell'automatismo o del nonsenso, ma deve esistere in relazione a un impulso che proviene dall'interiorità dell'artista e ne diventa quindi una puntuale registrazione, libera da qualsiasi riferimento a modelli precedenti e dalle limitazioni d'espressione che la figurazione porta con sé.
Dopo il segno, anche il colore diventa elemento di riflessione per l'artista e acquista sempre più importanza e spazio nei suoi quadri: incominciano a comparire sulle tele fondi compatti, dalle tinte accese e dirette. La forma che anima lo sfondo è tracciata con un pennello largo, materico, che sembra muoversi veloce, per brevi tratti. Il termine “astratto” acquista in pieno tutto il suo significato, diventando la vera identità e sostanza dell'opera. Come si legge nel saggio di Flaminio Gualdoni, contenuto nel catalogo della mostra, “l'astratto è sostantivo, non attributo”
La fama internazionale arriva già nel 1948, anno in cui espone alla Biennale di Venezia, che lo ospiterà anche in altre edizioni successive. Tra le altre manifestazioni a cui partecipa vi sono due edizioni di Documenta e la vittoria del Premio Lissone nel 1957. Tra le mostre vale la pena citare “The International” al Walker Art Center di Minneapolis, ma le sedi si moltiplicano velocemente: New York, Tokyo, Bruxelles, Barcellona, San Paolo e Buenos Aires per citarne alcune.
Le sue opere oggi si trovano in sedi molto prestigiose: tra queste possiamo citare a Parigi il Musée National d’Art Moderne, il Musée d’Art Moderne di Bruxelles, la Kunsthaus di Zurigo, la Galleria Civica d'Arte Moderna di Torino e la Galleria d'Arte Moderna di Roma, il Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, la Phillips Collection di Washington D.C. e l'University of California di Los Angeles.
Galleria d'Arte Maggiore
via D'Azeglio 15 - Bologna
Orari: 10,30 - 12,30 e 16,30 - 19,30
Chiuso domenica e lunedì mattina