Elisabetta Benassi
Ginou Choueiri
Elisabetta Di Maggio
Michael Fliri
Francesco Gennari
Pascal Hachem
Lina Hakim
Joanne Issa
Zena el Khalil
Marzia Migliora
Randa Mirza
Giuseppe Pietroniro
Luisa Rabbia
Marwan Rechmaoui
Rima Saab
Andrea Salvino
Gabriele Basilico
Costantino D'Orazio
"Speranze & Dubbi". L'Istituto Italiano di Cultura a Beirut e la Fondazione Merz di Torino presentano il progetto che coinvolge 8 artisti italiani e 8 libanesi in una mostra in due tempi. L'esposizione propone momenti di riflessione sulla condizione di precarieta' e incertezza nei confronti del futuro, che dalla condizione politica del Libano si estende alla condizione esistenziale di una generazione. La scelta degli artisti e' avvenuta a partire da una consonanza di temi e linguaggi che permette di accostare, come in ideali duetti, le loro opere. "Gabriele Basilico, Beirut 1991" raccoglie circa venti scatti tratti dal grande servizio fotografico realizzato nel 1991 al termine della guerra civile che devasto' il Paese.
a cura di Costantino D’Orazio
L’Istituto Italiano di Cultura a Beirut e la Fondazione Merz di Torino sono lieti di presentare la
mostra “Speranze & Dubbi”, progetto a cura di Costantino D’Orazio che coinvolge otto italiani e
otto artisti libanesi in una mostra che si svolgerà a Beirut e a Torino.
L’esposizione punta alla costruzione di un ponte ideale tra la scena artistica italiane e libanese,
attraverso le opere di alcuni artisti contemporanei che propongono visioni del mondo
accomunate dal medesimo atteggiamento interrogativo. Malgrado le vicende storiche dei due
paesi siano così diverse, tra Italia e Libano esiste un comune sentire in tutti gli ambiti della
creatività. Gli artisti libanesi hanno sempre mostrato una naturale proiezione verso i linguaggi
del Mediterraneo occidentale e, allo stesso tempo, gli artisti italiani condividono con i colleghi
libanesi una simile attitudine nella descrizione della precarietà del mondo attuale.
Il Libano, uno dei paesi più vivaci e interessanti del Mediterraneo, oggi non può permettersi il
lusso di fare programmi a lunga scadenza e vive in una costante condizione di incertezza. Questa
situazione, in cui il dubbio è lo stato d’animo più frequente, accomuna il Libano ad una intera
generazione di artisti, che su scala globale sono animati dallo stesso sguardo interrogativo verso il
futuro. La domanda più frequente degli artisti riguarda non tanto la politica, quanto la possibilità
di rappresentare il mondo contemporaneo, riassumerlo in una immagine e trovarne le chiavi di
lettura. La mostra “Speranze e Dubbi” vuole proporre alcuni momenti di riflessione sulla
condizione di precarietà e incertezza nei confronti del futuro, che dalla condizione politica del
Libano si estende alla condizione esistenziale di una generazione.
Il progetto nasce da un contesto in evoluzione costante, come il Libano, in cui è impossibile
prevedere gli sviluppi e impossibile fermare il movimento di crescita. Beirut rinasce
continuamente dalle proprie ceneri, il popolo libanese dopo ogni evento bellico riprende sempre
dal punto in cui si è fermato. E’ evidente però che la condizione umana rimanga sempre fluida e
incerta, ricca di potenzialità che non riescono a trovare il tempo per esprimersi. Lo stesso vale
per i giovani artisti contemporanei, che si muovono in un mondo ricco di sollecitazioni ed
urgenze, dove un’opera d’arte deve essere pronta a confrontarsi con il contesto globale. Non
esiste più una tendenza dominante, è sempre più difficile riferire il lavoro di un artista ad una
tradizione culturale e soprattutto nessuno può prevedere in quale direzione si muoveranno gli
artisti nel prossimo futuro, né chi di quelli oggi attivi potrà essere ancora riconosciuto tra molti
anni. Beirut come l’Arte Contemporanea è un flusso di energia in costante cerca di futuro.
GLI ARTISTI E LE SEDI
Elisabetta Benassi, Ginou Choueiri, Elisabetta Di Maggio, Michael Fliri, Francesco Gennari
Pascal Hachem, Lina Hakim, Joanne Issa, Zena el Khalil, Marzia Migliora, Randa Mirza
Giuseppe Pietroniro, Luisa Rabbia, Marwan Rechmaoui, Rima Saab, Andrea Salvino.
Se l’arte libanese negli ultimi trent’anni è stata il riflesso continuo della difficile e incerta
condizione politica e sociale del Paese, facendo della guerra l’argomento prediletto dagli artisti,
nelle opere delle ultime generazioni è possibile leggere una relazione più matura con questo
soggetto, che viene trattato con maggiore distacco, fino a coinvolgere l’ironia. I protagonisti della
mostra, che hanno iniziato a lavorare negli anni Novanta e Duemila, hanno vissuto appieno gli
anni della pace e della ricostruzione, che ha permesso loro di sviluppare uno sguardo più
disincantato e aperto agli stimoli globali. Il loro problema fondamentale oggi rimane la scarsità di
occasioni per mostrare il loro lavoro sulla scena internazionale.
Per questo il progetto “Speranze & Dubbi” vuole offrire una reale possibilità di scambio tra gli
artisti di due paesi mediterranei, invitando gli Italiani a scoprire uno dei contesti più interessanti
del Medioriente, vittima ancora di stereotipi, e permettendo ai Libanesi di godere di uno dei
palcoscenici dell’arte contemporanea più attivi d’Europa, la città di Torino. Sia in Italia che in
Libano, lo spazio espositivo prescelto è estremamente significativo. A Beirut la mostra si terrà
presso il Dome City Center, un ex cinema in rovina occupato dai cecchini durante la guerra
civile, mentre a Torino le opere dialogheranno con le installazioni di Mario e Marisa Merz,
esposte all’interno di un ex stabilimento della Lancia. In entrambi i casi, le città offriranno una
cornice di grande intensità.
La scelta degli artisti è avvenuta a partire da una certa consonanza di temi e linguaggi, che
permetterà di accostare, come in ideali duetti, le loro opere.
Andrea Salvino dipinge le contestazioni degli anni Settanta con l’eleganza demodè della
pennellata divisionista, mentre Rima Saab ritrae i muri di Beirut, sui quali si leggono i segni
della guerra civile, come paesaggi impressionisti. Elisabetta Benassi ha registrato con sottile
ironia il verso spiazzante di un corvo che ha imparato ad imitare i rumori di una officina
meccanica, mentre Pascal Hachem ha costruito un meccanismo di martelli che colpiscono senza
sosta i muri dello spazio espositivo, mettendo in scena l’azione di distruzione/ricostruzione che ha
caratterizzato Beirut negli ultimi anni. Se Marwan Rechmaoui presenta una pianta di Beirut
intarsiata in un tappeto di gomma nera, che permetterà al pubblico di riconoscere i quartieri e le
strade della capitale riprodotti grazie ad approfondita ricerca storica, Giuseppe Pietroniro
raccoglie la suggestione della mappa urbanistica per trasformarla in un lavoro interattivo, dove i
visitatori potranno indicare il luogo nel quale abitano. Sia Zena el Khalil che Elisabetta Di
Maggio invaderanno lo spazio con le loro installazioni, che sfrutteranno l’intera altezza del Dome
City Center. Khalil collocherà centinaia di soldati giocattolo, resi innocui e allegri attraverso il
colore rosa shocking, mentre per contrasto Di Maggio sospenderà le sue carte bianche,
delicatamente intarsiate in forme astratte, vagamente ispirate all’arte orientale. Francesco
Gennari e Ginou Choueiri giocano in modo sottile con la vita e la morte, in opere che
raccontano il destino dell’uomo come parte di un ciclo naturale. L’albero stabilizzato di Gennari è
un cipresso al quale è stata tolta la linfa, che rimane per sempre verde e “vivo” grazie ad un
liquido artificiale, eppure però deve stare steso come un cadavere perché privo di radici.
L’assenza di terra e di nutrimento farà “morire” anche i ritratti di persone che Choueiri stampa
sul centinaia di patate, costruendo un ricco catalogo di espressioni ed emozioni. Una certa
attenzione al mondo femminile contraddistingue il lavoro di Marzia Migliora e Joanne Issa, La
Migliora presenta una serie di 33 disegni in cui costruisce situazioni di gioco e precarietà, mentre
di Issa sono in mostra tre ritratti di giovani ragazze che appaiono dal folto di una selva come
inquiete ninfe moderne.
Il lavoro sulla materia accomuna le ricerche di Lina Hakim e Luisa Rabbia. Della giovane
libanese sarà esposta una scultura costituita da cassetti della memoria, nei quali ritrovare i segni
di un destino che lega le persone alle vicende storiche del Libano, la Rabbia invece presenta una
scultura a parete in ceramica dipinta, in cui la forma di un albero diventa lo spunto per riflettere
sul passaggio del tempo e della memoria.
Infine l’assurdo è il contesto nel quale si muovono Michael Fliri e Randa Mirza. Mirza apre una
finestra sul paesaggio in trasformazione di Beirut, divisa le rovine e i novi grattacieli che sorgono
sul lungomare. Fliri invece parte dal proprio autoritratto per riflettere in modo ironico sulle
numerose maschere che la vita ci impone, con le quali non sempre riusciamo a convivere.
La mostra si avvale del contributo di alcune aziende libanesi: la Banque Libano-Francaise,
Magrabi Optical e la collaborazione tecnica dell’Hotel Monroe e di Solidere.
Gabriele Basilico - Beirut 1991
In contemporanea alla mostra Speranze & Dubbi. Arte giovane tra Libano e Italia, collettiva di otto artisti libanesi e altrettanti italiani, la Fondazione Merz presenta la personale di Gabriele Basilico, Beirut 1991, che raccoglie circa venti scatti tratti dal grande servizio fotografico realizzato a Beirut nel 1991 al termine della guerra civile che devastò il paese.
Il risultato è un documento fotografico che propone una riflessione su ciò che resta di una città dopo il conflitto bellico e che si appresta a “ricominciare”. L’occhio del fotografo ritrae i luoghi con discrezione e rispetto, con uno sguardo chiaro e preciso e con una attenzione al dettaglio che rivela la formazione architettonica dell’artista milanese.
Nel 1991 fui coinvolto dalla scrittrice libanese Dominique Eddé in un progetto che aveva come obiettivo la documentazione fotografica dell’area centrale della città di Beirut. Il lavoro era stato pensato per un gruppo di fotografi le cui esperienze si sarebbero liberamente incrociate... L’area topografica individuata era uguale per tutti. La parte centrale della città limitata a nord dal mare, a sud dalla tangenziale chiamata Ring, a est dal quartiere cristiano e a ovest da un quartiere misto. Non si trattava di realizzare un reportage o di produrre un inventario, bensì di comporre uno “stato delle cose”, un’esperienza diretta del luogo affidata ad una libera interpretazione, in un momento delicatissimo e irripetibile della storia di Beirut: la fine, nel 1990, di un’estenuante guerra iniziata quindici anni prima (13 aprile 1973), e l’attesa di una ricostruzione annunciata. (Gabriele Basilico)
La Fondazione Merz ha scelto di ospitare contemporaneamente due mostre con l’intento di “raccontare” un luogo dove lavora una nuova generazione di artisti che è cresciuta proprio nel periodo tra la distruzione e la ricostruzione della città di Beirut, momento che lo sguardo di Gabriele Basilico ha puntualmente catturato.
Info: 5 Sensi tel. +39.0697616618 - email: info@5sensi.net
Fondazione Merz tel +39. 011 19719437 - email: info@fondazionemerz.org
Istituto Italiano di Cultura Tel. +961 1 749801 - email: iicbeirut@esteri.it
dal 20 al 23 Dicembre 2008
Dome City Center Martyr's Square Beirut
dal 22 gennaio al 1 marzo 2009
Fondazione Merz via Limone, 24 Torino
Orari martedì - domenica 11 - 19
Biglietti Euro 5,00 intero, Euro 3,50 ridotto (studenti, gruppi organizzati min. 10 persone)
Gratuito: bambini fino a 10 anni, maggiori di 65 anni