La mostra raccoglie 55 opere, tra dipinti, disegni e sculture, realizzate tra 1952 e il 2008, "che sviluppano metodologicamente la didattica del segno, ovvero l'elaborazione di ogni immagine possibile."
a cura di Giuseppe Appella
Domenica 8 febbraio 2009, alle ore 11, nel Museo Pericle Fazzini di Assisi, si inaugura la mostra antologica di Guido Strazza. La mostra, a cura di Giuseppe Appella, accoglie 55 opere (dipinti, disegni e sculture) datate 1952-2008, provenienti dallo studio dell’artista e dal MUSMA. Museo della Scultura Contemporanea. Matera, in anticipo sulla personale che verrà ospitata in marzo al Grand Palais di Parigi, nell’ambito di “ArtParis 2009”. Le opere scelte sviluppano metodologicamente la didattica del segno, ovvero l’elaborazione di ogni immagine possibile, il pensiero dialogato su ciò che possiamo vedere e far vedere, raccolti anche teoricamente in volumi quali Il gesto e il segno stampato da Scheiwiller nel 1979, Il segno e il colore negli occhi, un testo del 1974 pubblicato da Alibrandi nel 1993, e Vedere, uscito con Masoero nel 1994: due libri di segni e brevi storie che, dopo gli Appunti di lavoro del 2005, sembra abbiano accentuato le necessità espressive di Strazza.
Una delle annotazioni che si possono fare alle ricerche di questi ultimi anni è che il segno, spesso, soccombe al colore. Lo spazio ha perduto ogni mistero, è stato riempito di colore, e il risultato è un non vedere. Ma per Strazza anche il colore è segno, “radicalmente indefinibile e indescrivibile. Senza direzione, curvatura o lunghezza, non ha in sé traccia del gesto né di ciò che fa del segno il costruttore dello spazio. Tuttavia, lo riempie di sentimento. Col colore si costruisce uno spazio psicologico”.
Traspare, da questi concetti, la capacità di risolvere nella ricerca, dai “Cosmati” ai “Segni di Roma”, la contraddizione sostanziale tra materia e forma, tra precisione e imprecisione, tra progetto e realizzazione. In questo contesto si situa l’interesse, tra il 1964 e il 1969, per la scultura in ferro o in plastica, severa e semplice, attenta alla crisi ormai avvenuta nella situazione artistica italiana, lontana dalle fonti culturali più facilmente indicabili (Gonzales, David Smith, Colla) e perfettamente inserita nel lavoro sperimentale sul segno portato avanti alla Calcografia Nazionale tra il 1964 e il 1966, attraverso immagini stampate su carta, doppiate e trasferite su schemi mobili trasparenti di materia plastica. “Facendo ‘sculture’, non ho fatto altro che far segni come in realtà faccio e ho sempre fatto; e posso dirlo se penso al segnare come risposta al richiamo di un fulmineo riconoscere qualcosa che nessuno prima aveva visto, non c’era, e d’improvviso c’è, si fa presenza assoluta e luminosa”.
Il ricercare di Strazza, il suo vedere sono, in fondo, ansia di penetrare nella realtà attraverso uno stato di vitalità, di innocenza che assicuri un minimo di spazio per l’immaginazione.
Guido Strazza è nato a Santa Fiora (Grosseto) nel 1922.
Dopo alcuni anni a Genova, dove il padre si era trasferito per lavoro, e dove studia fino al ginnasio, insieme alla madre e alla sorella si sposta a Milano. Qui rimane fino al rientro del padre dalla Somalia dove era stato spedito nel 1936.
La sua attività artistica inizia dopo un incontro con F. T. Marinetti che vede i suoi lavori giovanili e lo invita alle mostre di Aeropittura che si tengono, nel 1942, a Roma, in Palazzo Braschi, e a Venezia, nell’ambito della XXXIV Biennale Internazionale d’Arte.
Nel 1946 si laurea in Ingegneria a Roma ma, due anni dopo, lascia la professione per dedicarsi alla pittura. Si reca in Sud America e si muove dal Perù in Cile e in Brasile. A Lima è tra i promotori della “Agrupaciòn Espacio”, l’associazione di architetti e artisti che lavorano al progetto di ristrutturazione della città di Callao distrutta dal terremoto, sviluppa un vasto interesse per l’arte preincaica, cura la mostra della collezione archeologica Larco Herrera. A Rio de Janeiro conosce Fayga Ostrower che lo inizia alle tecniche incisorie e alla preparazione delle sue prime lastre. A San Paolo del Brasile, nel 1951 e nel 1953, espone le sue opere nella I e nella II Biennale d’Arte.
Rientra in Italia nel 1954 e apre uno studio a Venezia dove rimane fino al 1957, anno in cui si trasferisce a Milano. Qui vive fino al 1963. In questi anni, sviluppa i racconti segnici e le lunghe pitture in rotolo, oggi al Museum Ludwig di Colonia, gli studi sulle metamorfosi delle forme raccolti in una serie di cicli dedicati al Paesaggio (esposti alla Galleria del Naviglio, Milano 1956), ai Balzi Rossi (esposti alla Galleria dell’Ariete, Milano 1958), Paesaggio Olandese (esposti allo Stedelijk Museum, Amsterdam 1961).
Torna definitivamente a Roma nel 1963 e, tra il 1964 e il 1967, frequenta il laboratorio della Calcografia Nazionale diretta da Maurizio Calvesi e aperta agli artisti che vogliono approfondire il linguaggio dell’incisione con una rinnovata ricerca sul segno. Il risultato di questa esplorazione (segno-luce, luce-geometria) viene presentato nel 1968 alla Biennale di Venezia, dove gli viene dedicata una sala personale, e raccolto nel ciclo Ricercare del 1973.
Nel 1974, chiamato dal Direttore Carlo Bertelli, ritorna in Calcografia per impostare una didattica sull’incisione. Il lavoro di gruppo dura fino al 1976 e viene, in seguito, elaborato nel libro pubblicato da Vanni Scheiwiller nel 1979, Il gesto e il segno, e nei cicli di pitture e incisioni Trama Quadrangolare (esposti a Milano, in Palazzo Reale, nel 1979), Segni di Roma, Cosmati (esposti nella sala personale alla Biennale di Venezia del 1984), che gli valgono nel 1988 il Premio Feltrinelli per la Grafica, fino ai più recenti Archi e Orizzonti (esposti a Il Bulino di Roma nel 1998 e nel 2002), che gli fruttano nel 2003 il Premio Feltrinelli per l’Incisione.
La prima antologica dell’opera incisa è del 1990 alla Calcografia Nazionale, la seconda, in Palazzo Sarcinelli a Conegliano, nel 1999, comprende anche la pittura. Nel 2001 partecipa alla mostra Novecento alle Scuderie del Quirinale, in Roma. Nel 2002 riceve il Premio “Cultori di Roma”.
La mostra è accompagnata da un catalogo, pubblicato da De Luca Editori d’Arte nella Collana del Museo “Laboratorio”, con un saggio del curatore, un testo di Strazza sull’incontro con Fazzini ai tempi dell’Accademia di Belle Arti a Roma, le notizie biobibliografiche e le immagini a colori di tutte le opere esposte.
Ufficio Stampa: De Luca Comunicazioni, Roma
Tel. e fax 06/44137540 m.deluca33@virgilio.it
Museo Pericle Fazzini
Piazza Garibaldi, 1/c – S. Maria degli Angeli – 06081 Assisi
Orario 10-13 - 16-19, tutti i giorni tranne il lunedì.
L’ingresso, comprensivo della visita al Museo, è di Euro 5.00, ridotto Euro 3.00, per le scuole Euro 2.50.