L'atelier dell'artista erano i gradini della chiesa di Sant Anastasio in via del Babuino, ed e' su questo sacrato che Martini, dipingeva le sue cupole di fuoco, i suoi cipressi sconvolti dal vento, i suoi celi squarciati di giallo dove volteggiano figure femminili tormentate.
Lo chiamavano l’artista matto, il Ligabue. Ma lui amava definirsi “l’ultimo
pittore che pittura”.
Il suo Atelier era i gradini della chiesa greco cattolica di Sant Anastasio,
a Roma via del Babuino.
E’ su questo sacrato che Mario Martini, dipingeva le sue cupole di fuoco, i
suoi cipressi sconvolti dal vento, i suoi celi squarciati di giallo dove
volteggiano figure femminili tormentate.
Un mondo onirico che ha confini precisi: Piazza di Spagna ridotta, sulla
tela , a un granchio che inarca il dorso e rende inaccessibile la scalinata,
il Pincio dalle architetture barocche e neoclassiche che esplodono e infine,
piazza del Popolo trasformata in un gufo arcigno che allarga le ali per
atterrire e difendersi. Dentro a questo spazio si muoveva Mario Martini Uno
spazio in cui à sempre vissuto e nella quotidianità, compiva tappe precise.
Tocca i muri dei palazzi, li tasta, come a voler delineare il limite
invisibile di questa frontiera che è anche confine di una pittura fatta di
chiese, colonne, obelischi che si dilettano e si stringono,Un mondo di
appena trecento metri, nel quale è racchiuso anche il suo spazio vitale: il
ripostiglio del portiere nell’ex casa paterna, dove ha sistemato il letto e
ha messo i gerani sul davanzale. Da giovane faceva il finanziere, poi
iniziano i primi segni di instabilità. Viene ricoverato in ospedale,
imbottito di psicofarmaci. Ma alla fine ce la fa, salvandosi con la pittura.
Negli anni Cinquanta,raccontava lo storico dell’arte Giuseppe Cordone, che
ha curato alcune sue mostre , “si butta a capofitto nell’arte. Frequenta De
Pisis, Mafai, Fazzini, Montanarini, G.B. Salatino, per poi attingere dal
filone espressionista, che sconvolge e ricrea con la sua sapiente e rapida
tecnica gestuale “. L’artista, parlando di se in terza persona, dice:
Martini è l’ultimo pittore che dipinge con penelli, con le dita, con il
palmo della mano. Che non si è mai voluto legare a un preciso movimento. Che
ha scelto di lavorare sui gradini di una chiesa per poter parlare alla gente
liberamente.
A due anni dalla scomparsa di Mario Martini, Mara Albonetti e Maurizio
Nardini lo vogliono ricordare dedicandoli questa mostra nella storica
galleria “IL CANOVACCIO” .
La galleria diretta da Mara Albonetti, che fu la prima a capire l’artista ed
ospitarlo per tantissime volte in questa storica galleria.
Maurizio Nardini
Inaugurazione: 13 febbraio 2009, ore 17,30
Il Canovaccio
Via delle Colonnette, 27 - Roma
orario: tutti i giorni escluso festivi dalle 16 alle 19,30
ingresso libero