Una mostra di Douglas Gordon e Jonathan Monk con quattro nuovi film, una misteriosa performance gastronomica ed altre sorprese. A cura di Mirta d'Argenzio. I due artisti, pur avendo gia' lavorato insieme, presentano a Napoli per la prima volta una collaborazione espressamente dedicata alla citta'. Essi condividono lo stesso interesse per il cibo, il bere, la performance, le immagini trovate ed i testi ed entrambi hanno utilizzato in passato.
..........................english below
La Fondazione Morra Greco è lieta di annunciare Leon d’Oro, una mostra di Douglas
Gordon e Jonathan Monk con quattro nuovi film, una misteriosa performance
gastronomica ed altre sorprese. A cura di Mirta d’Argenzio.
I due artisti, pur avendo già lavorato insieme, presentano a Napoli per la prima
volta una collaborazione concepita e dedicata alla città con un nuovo progetto
realizzato specificamente per la Fondazione.
Douglas Gordon e Jonathan Monk condividono lo stesso interesse per il cibo, il bere,
la performance, le immagini trovate ed i testi ed entrambi hanno utilizzato in
passato sia fotogrammi di film che vecchie fotografie come materiale di diversi
lavori. Spazio e tempo costituiscono spesso il soggetto ossessivo delle loro
investigazioni. A Napoli è il piacere dell’improvvisazione e lo spirito dei primi
instruction pieces che torna di nuovo ad occupare la scena. Poiché l’intera vicenda
artistica dei due parte proprio da quella esplorazione dell’arte come idea che ha
origine nel lavoro di artisti dell’Arte Concettuale degli anni Sessanta e Settanta.
Douglas Gordon (1966 Glasgow) ha manomesso e rallentato il ritmo di proiezione di
alcuni fra i più iconici film hollywoodiani, di molti mitici concerti rock e di
altro materiale di documentazione medica della preistoria cinematografica
utilizzandone i fotogrammi come materiale ready made così come ha fatto con i testi
delle sue prime performances. Zidane a 21st century portrait (2006) è l’ultimo
paradigmatico esempio del suo uso magistrale delle immagini, realizzato in
collaborazione con Philip Parreno.
Jonathan Monk (1969, Leicester) ha utilizzato foto degli anni Cinquanta e Sessanta
tratte da un vecchio album di famiglia per riscrivere, commentare e smontare il
senso comune trasmessoci dalla storia dell’arte. Ha poi considerato le coincidenze,
così come ogni altro materiale trovato, come sostanza e spunto per attivare un
processo di investigazione attraverso il quale poter mettere in questione il
processo stesso del fare arte e la sua percezione. Monk non è interessato
esclusivamente ad interrogare l’arte in sé ma, così facendo, ricerca la propria
identità di artista e persona. Le sue opere più recenti, fra queste le frequenti
citazioni-omaggio a Boetti, come ad altri artisti, non fanno che evidenziare questa
pratica.
“Immaginazione morta immagina. Un luogo, ancora quello. Mai un’altra domanda. Un
luogo, poi qualcuno, ancora quello.” Il contesto di Quello che è strano, via di S.
Beckett (scritto nel 1963, ma pubblicato solo nel 1976), può essere considerato di
nuovo come il punto di partenza per questo progetto. Suggerendoci altri modi di
ripensare sia il ruolo tradizionale dell’artista che lo stesso processo creativo. E’
come un sottotesto ideale per questo e molti altri lavori. Ancora quello.
La mostra Leon d’Oro consiste in Sublimations of Desire (2008), è il titolo dei
quattro diversi film realizzati da Jonathan e Douglas a “quattro mani” e presentati
per la prima volta in un’unica installazione. In una stanza diversa una serie di
testi intermittenti, saranno parte di un nuovo instruction piece. Una segreta
performance gastronomica verrà poi eseguita da Gordon per Monk. E viceversa. Solo
per una notte, durante la serata della vernice, all’esterno, nella vicina Piazza
Dante. L’impresa sarà compiuta partendo da un’idea a sorpresa sul cibo e sul bere. E
si concluderà con un’esplosione di colori brillanti all’interno della Fondazione
Morra Greco.
“Sgabello, pareti nude, quando la luce si accende, facce di donne sulle pareti.
Quando la luce si accende. In un angolo quando la luce si accende sintassi a
brandelli di…”cibo napoletano, bevande e linguaggio con lo stesso ambiguo e
seducente testo. Pure parole.
Un antidoto all’insopportabile luogo comune della mozzarella e del Vesuvio.
“Le parole, diceva Mallarmé, possono e devono bastare a se stesse. Hanno la loro
potenza personale, la loro forza, la loro individualità, la loro esistenza propria.
Hanno abbastanza forza per resistere all’aggressione delle idee.” Degas aveva poi
confidato a Ludovic Halévy, il quale l’aveva riportata, che in realtà quella
mirabile frase era sua. Aggiungendo però che non aveva molta importanza, poiché
comunque riassumeva la teoria di Mallarmé sulle parole.
Degas e Mallarmé alle soglie del Novecento. Il senso profondo della loro
collaborazione e delle loro parole si ritrova ancora in questa nostra avventura.
Oggi Monk e Gordon lavorano insieme come facevano i due amici. Allo stesso modo. E’
ancora la stessa tela mentale.
........................english
Fondazione Morra Greco is glad to announce Leon d’ Oro, an exhibition by Douglas
Gordon and Jonathan Monk with four new films, a mysterious gastronomic performance
and others surprises. Curated by Mirta d’Argenzio.
Even if the two artists have worked together before, this is the first time they
present a unique collaboration specifically dedicated to Naples with a new project
made for the Fondazione.
Douglas Gordon and Jonathan Monk share the same interest in food, drinks,
performance, found images, texts and they have used in the past found film footage
and photographs in several of their works. Space or time became the obsessive
subject of their investigations.
In Naples the pleasure of improvisations with the spirit of the early instruction
pieces is back again. As they continues today the exploration of art as idea first
instigated by the Conceptual artist of the 1960s and 1970s.
Douglas Gordon (1966, Glasgow) has manipulated and slowed down Hollywood films,
bootleg concerts, medical history recordings and other un-canny film-clips and used
found texts since his early performances. Zidane a 21st century portrait (2006), his
most recent paradigm of the use of images and ready-made, was a project realized in
collaboration with Philip Parreno.
Jonathan Monk (1969, Leicester) has used 50's and 60's photographs from an old
family album to rewrite, comment on and strip down the conveyed art history. He has
also dealt with coincidences and used other found material, and through them, has
questioned the process of making art and the perception of it. Monk is not only
interested in questioning art itself but also searches his own identity as an artist
and as a person. His recent works, like the quotation, appropriation and variation
from Boetti, and other artist, makes this practice evident.
“Imagination dead imagine. A place that again. Never another question. A place, then
someone it, that again.” The context of All strange away by S. Beckett (written in
1963, but published only in 1976) could be assumed as the point of departure for
this new project. Suggesting ways of rethinking both the traditional role of the
artist and the creative process. Like the ideal subtext for this and many others
pieces. Again
The exhibition Il Leon d’Oro consist in Sublimations of Desire (2008), four
different films realized by Jonathan and Douglas a “quattro mani” and presented for
the first time in one video installation. In another room a series of intermittent
texts, will be part of a new instruction piece.
A secret gastronomic performance will be played for Gordon by Monk. And vice versa.
Just for one night, during the evening of the opening, outdoor, in the nearby Piazza
Dante. It will evolve around an unexpected idea on food and drinks. It will
eventually explode in bright colours inside the Fondazione Morra Greco.
“Stool, bare walls when the lights comes on, women’s faces on the walls when the
light comes on. In a corner when the light comes on tattered synthaxes of…”
Neapolitan food, drinks and language with the same ambiguous and tempting text.
Against the unbearable common place of mozzarella and Vesuvio.
“Words, wrote Mallarmé, can and must be self-sufficient. They have their own
personal strength, their force, their individuality, their own existence. They have
enough strength to oppose to the aggression of ideas. “ Further, Degas told
confidentially to Ludovic Halévy, which in turn reported it, that in fact that
brilliant sentence was his own. Adding though that it did not matter, as it
epitomized Mallarme’s theory on the use of words.
Degas and Mallarmé at the beginning of the Twentieth century. The same profound
sense of their collaboration and the common theory on words can be found once again
in this adventure of ours. Today Monk and Gordon work together like those two
friends did. In the same manner. It is the same mental canvas.
Opening 20 febbraio 2009 ore 19
Fondazione Morra Greco
Largo Avellino, 17 - Napoli
Visitabile su appuntamento inviano una email oppure chiamando al 3336395093.