Elisa Cella, Lisbeth Dal Pozzo, Fabio Mariani, Maurizio Piccirillo. La collettiva di quattro giovani artisti diviene, per una volta, l'appuntamento ideale per trovarsi in un luogo quasi spirituale tra musica e arte.
Ho un appuntamento tra dieci minuti’ è la frase più banale che esista, la più comune che giornalmente possa ascoltarsi, chi non ha mai avuto un appuntamento dopo dieci minuti?
Lavoro, visite mediche, palestra, relax, svago, le motivazioni più disparate con innumerevoli persone.
Pensare di visitare un’esposizione che possa essere l’appuntamento reale che immerge in uno spazio ideale è l’obiettivo dell’esposizione: lasciandosi alle spalle tutto e identificando davanti ad opere d’arte un relax mentale si individuano leggiadri e ingestibili gestualità, sognanti atmosfere poetiche, obliosi neri, languidi toni cromatici, dripping moderno e geniale.
La musica intrisa di proiezioni poetica è il prologo di una esposizione che ha come epilogo un’arte fervida e luminescente creata da Elisa Cella, Lisbeth Dal Pozzo, Fabio Mariani, Maurizio Piccirillo.
La particolarità espressiva è il motore silenzioso ma visivo che muove Elisa Cella nell’atto del creare.
Apertamente scientifica nell’operare, matematica nel pensare e tassonomica nel produrre, Elisa Cella ha la capacità di comunicare affidandosi alla scienza. Un fare che si appropria di una duplice passione e che, in antitesi, si incontra sullo spazio della tela: razionalità e pulsione, l’una fattore imprescindibile della scienza e l’altra tensione incontenibile dell’arte. Le sensazioni cariche di emozioni approdano ad un ordine fascinoso e misterioso che in una sinergia ‘pluricellulare’ si palesa in aspetti intimi, umani e universali. I concetti matematici si trasformano in sferiche soluzioni, un cerchio che spiega l’esistenza del dentro e del fuori, un elemento cardine che origina tutto e a cui tutto torna. Principi che inconfutabili divengono strumenti e soggetti di una scrittura artistica che si colora di umanità. Parlando di Elisa Cella non si può solo parlare delle sue opere, ma di un’arte, un lessico che contemporaneo si ripropone nelle ipotesi già affrontate da Kandinsky per il quale l’immaginazione artistica ben poteva esser sostituita da quella matematica. Non una sostituzione ma una evoluzione, un procedere su binari paralleli che nel non incrociarsi procedono insieme, su uno stesso piano. Un’arte che dimostra come tutto sia possibile; come la logica e la pittura possano trasformarsi in armonia vibrante, una complementarità inattesa e sorprendente perché l’arte non è il negativo della scienza né il suo limite, ma semplicemente una compagna misteriosa, per comprendere, ritrovare e progredire.
Attraverso una tecnica materica e dettagliata Fabio Mariani si fa grido, gesto, moto, atto e verbo insieme di un primordiale gesto automatico di pittura che sorge inconsciamente nel proprio animo, fonte di trascorsi e vissuti personalissimi. Procedendo verso una individuazione pittorica più essenziale l’artista inquadra spazi di corposo spessore eliminando ogni confine tra spazio e immagine e movendosi verso una fluidità ricercata. Volendo concretizzare l’incorporeità della materia, Mariani individua un’arte che esce dai canoni della tradizione per rivolgersi alla gente. I dipinti hanno una struttura essenzialmente semplice, inquadrati come sono in schematiche zone che serbano una energia espressiva imparagonabile.
Le opere divengono superficie che registra costantemente i pensieri dell’autore, percezioni o citazioni personali o altrui che gli consentono di denotare le opere di una rara eccellenza.
Come una vera e propria esibizione dal tono teatrale le lastre digitali di Maurizio Piccirillo vedono in scena gesti essenziali volutamente spettacolari. Senza alcun riferimento a oggetti e forme riconoscibili, l’artista fa emergere solo l’intento analitico di una forte pulsione inconscia che non consentire alla mente la possibilità di pensare e alla ragione di intervenire. Solo l’istinto entra in scena a guidare la descrizione ignota di un gesto digitale rapido e fluente. Gesto e traccia sono un tutt’uno, si esauriscono nella velocità di un istante lasciando vasti campi neri dove scie soffici tendono verso l’osservatore, quasi a volersi staccare dalla scenografia del palcoscenico. Nelle voluttuose linee si può cogliere una caratteristica peculiare dell’artista: la sua sensibilità nostalgica per una dimensione di serenità ideale e fuori dal tempo.
Pennellate, sgocciolature, dripping, cromatismi e nuance si dispongono nello spazio e si fanno guidare dalla creatività lessicale di Lisbhet dal Pozzo d’Annone. Spesso si corre il rischio di credere che ci si trovi di fronte a macchie di colore. E invece no, perché ogni gesto è meditato, è intriso di sensazioni proprie capaci di trasmettere le emozioni e utili per comprendere il carattere di chi si palesa sullo spazio da dipingere. Lisbeth compie se stessa avvalendosi di un estro che è insito nelle sue opere e nelle soluzioni alternative che la vogliono artefice di sperimentazioni ottenute attraverso le luci, gli apporti materici, le sfumature e i supporti. Si calibrano le scelte cromatiche e si impreziosiscono di qualcosa in più ogni qual volta vengono distese sul fondo esplodendo in esso. Sono accurate ricerche stilistiche:linee, forme morbide e aleggianti, di una eleganza inaspettata e sorprendente si sovrappongono in raffinati giochi del dripping più vero e si lasciano attraversare dalla luce, integrandola. Creativa ed estrosa l’arte di Lisbeth è la sua scrittura, il suo modo per tramutare impulsi e animi, per lasciare che sia la tela a comunicare, lei a parlare della gioia e dell’allegria. Una solarità incontenibile che si alimenta e che dà voce al proprio estro divenendone matrice.
Vernissage domenica 1 marzo alle 20.30
Centro Culturale Zerouno
Via Cialdini, 8 - Barletta (BA)
Orari: 11:00 - 13:00 19:30 - 21:30. Chiuso il sabato e le mattine di domenica e lunedì
Ingresso libero