L'osservazione si concentra sul senso del consumo e sul pericolo avvertito nell'uso improprio e smodato delle risorse del pianeta, che vanno a compromettere la sopravvivenza delle generazioni future, ma anche della nostra.
Giunti con la presente alla quarta tappa del progetto espositivo sull'arte che
ricicla materiali finalizzati all'opera, si potrebbe tentare un consuntivo dei
lavori che si ritrovano oggi a Palazzo Doria Panphilj a Valmontone.
Nelle esposizioni ospitate nel 2008 prima alla Fonderia delle Arti di Roma, poi
alla chiesa di San Francesco a Capranica, e di seguito alla sede londinese della
galleria Candid Arts, si possono rintracciare delle linee fondamentali.
Nelle opere si tematizza il riciclo mirando a farne l'oggetto
dell'opera. L'osservazione si concentra sul senso del consumo e sul
pericolo avvertito nell'uso improprio e smodato di quelle stesse risorse del
pianeta che vanno a compromettere non solo la sopravvivenza delle generazioni
future ma anche della nostra.
Queste visioni si risolvono spesso in una paesaggistica espressamente caotica (con
gran pullulare di plastiche ) e in immagini di una natura ormai desertificata. Tra
astratto e figurale, i rifiuti vengono adottati per essere finalmente rimessi a
fuoco e sperimentati in un campo d'azione dove si è guidati dalla
concretezza dei materiali in una visibile e a volte allucinata araldica.
Non mancano immagini apologetiche e analisi per frammenti. Tutta
l'apparentemente compiuta ciclicità naturale trova pericolosi ostacoli
in una cultura industriale spesso colpevolmente silenziosa delle reali conseguenze
delle sue scelte.
Altrimenti, nel caleidoscopio delle immagini e delle composizioni, i materiali e
gli oggetti vengono direttamente prelevati giocando ironicamente con la componente
decorativa e la manipolazione. Con atteggiamento pragmatico, alcuni artisti (che
fanno in modo di sembrare ingenui) re-impiegano in arte ciò che è
già stato usato evitando in tal modo di prelevare materiali nuovi. Si
considera questa soluzione una forma di risparmio energetico grazie alla quale
materiali inquinanti assumerebbero leggerezza e soavità lirica perdendo la
loro carica apocalittica.
In alcuni lavori si intende forse salvare le tracce del vissuto privato, preservare
gli scarti e assegnare loro un'emblematicità, una vita fissata, fino a
proporre un positivo riscatto dei brandelli, una qualche riabilitazione del
degrado.
La produzione artistica, anche la più germinativa o seriale, non si piega
all'atteggiamento onnivoro del consumo. Prolifera, certo agisce capillarmente
ma, sia pure non andando a piantare boschi come Beuys, decanta, purifica. Comunica
all'umanità in cui confida.
Tutti gli artisti del pianeta per quante tele coprano di colore (pur con le
innumerevoli prove e studi preliminari necessari per giungere a una singola opera
riuscita) non partecipano al degrado della natura prodotto
dall'umanità, perché ciò sarebbe direttamente
corrispondente al degrado stesso dell'umanità.
Agli artisti si impone, pure in modo implicito, di lanciare dei segnali chiari. Di
dissenso. Di spostamento o di spaesamento.
Panta rei, tutto gira, tutto è ciclico ma mai identico.
Al riciclo dei materiali siamo tutti obbligati in quanto uomini, ma gli artisti non
desiderano il ricliclo delle loro opere. Gli artisti lavorano per proprio conto
contro il riciclo. Sognano di resistere al tempo, pretendono di lasciare una traccia
stabile.
La storia dello smembramento e la tarda ricomposizione della tavola del San Gerolamo
di Leonardo, sottratta al suo destino di sgabello ed oggi ammirata nei Musei
Vaticani, è, almeno per gli artisti, una consolazione.
Eppure nella follia del consumare l'uomo è costretto sempre di
più a fare i conti con un pianeta impoverito e degradato. Se vuole
sopravvivere deve imparare a non sprecare, a progettare ogni oggetto in vista di una
sua trasformazione in altro.
E perché l'artista dovrebbe illudersi di sfuggire a questo destino?
Si può davvero immaginare un'opera d'arte riciclabile?
Gianni Piacentini
Info:
anto.camp@fastwebnet.it Tel. 06 95995046 - 339 4394399
Inaugurazione Sabato 7 marzo 2009, ore 17:30
Palazzo Doria Pamphilj
piazza Umberto Pilozzi, 9 - Valmontone
orari di apertura - mart-ven - 9-13 / sab-dom 10-13 - 15.30-19
ingresso libero