Palazzo Ferrero
Biella
corso del Piazzo, 25
015 4507212
WEB
Teatri Possibili
dal 3/4/2009 al 27/6/2009
mart-gio 15-19, ven 15-22, sab e dom 10-19
015 4507212
WEB
Segnalato da

Andrea Carta




 
calendario eventi  :: 




3/4/2009

Teatri Possibili

Palazzo Ferrero, Biella

Percorsi visivi, simmetrie e affinita' dall'epoca barocca alla video/art. La mostra si sviluppa attorno al tema delle problematiche sociali contemporanee quali l'emigrazione, il lavoro, la differenza razziale, la sessualita', la politica... Problematiche comuni a molte epoche e periodi storici che hanno trovato eco nelle interpretazioni e nelle differenti sensibilita' degli artisti del passato e di oggi. A cura di Andrea Busto.


comunicato stampa

a cura di Andrea Busto

Le strette vie ospitavano facciate che si erigevano alte verso lo spazio infinito del cielo e la loro severa composizione architettonica rimandava alla classicità e all’opulenza della ricchezza provinciale. Palazzo Ferrero venne edificato tra il XV e il XVI secolo dalla famiglia Ferrero e nella sua attuale conformazione sono aggregate quattro strutture edili differenti ma confinanti almeno su uno dei lati. La sua conformazione e la sua struttura attuale sono legate alle esigenze della famiglia che lo PALAZZO FERRERO Palazzo Ferrero, il loggiato interno e la torre Palazzo Ferrero, la sala delle Allegorie Palazzo Ferrero, la sala dello Stemma edifico e abitò fino al secolo scorso. Besso Ferrero fu il capostipite della famiglia a cui si fanno sorgere le origini della famiglia, dai suoi due figli Sebastiano (1438-1519) e Gian Enrico (1468-1525) presero origine due rami nobiliari che conservano ancora dei discendenti nel caso di Gian Enrico, mentre il ramo di Sebastiano si estinse nel 1836.

Il palazzo, frutto di acquisizioni, demolizioni e ricostruzioni è bendocumentato negli archivi catastali del comune nonché da una tarsia ligneadi Defendente Ferrari eseguite per il coro della chiesa di San Gerolamo a Biella-Chiavazza. Nello stesso palazzo, nella sala dei castelli, é documentato in uno degli affreschi eseguiti nel 1632 ed è ben riconoscibile per la presenza dell’inconfondibile torre ottagonale. Esso mostra un’unica manica organizzata su due livelli e munita di contrafforti e nell’illustrazione del1680 di Bleau di Amsterdam riprodotta nel Teatrum Sabaudiae si riconosce la corte interna quadrangolare. Il palazzo non subì ulteriori trasformazioni e la sua struttura restò invariata fino praticamente ai giorni nostri. Estintosi nel 1831 il ramo dei Principi di Masserano, possessori del palazzo, questo passò nelle proprietà dei conti La Marmora che lo affittano dapprima all’intendenza di Finanza per trasformarlo poi, nella seconda metà dell’Ottocento, in fabbrica di tessuti e tintoria. Quindi nel 1864 divenne istituto idroterapico e i locatori ne trasformarono purtroppo l’assetto e le stanze, aggiungendo corridoi e tramezzi per ricavarne stanze per gli ospiti dell’istituto che rimarrà in attività fino alla fine del secolo.

Nel 1900 la famiglia La Marmora vendette il palazzo al Comune tenendo però di sua proprietà la torre ottagonale. L’edificio fu quindi adibito a convalescenziario militare e, successivamente, trasformato in caserma fino al 1945, subendo ulteriori radicali trasformazioni. Per oltre cinquant’anni il palazzo venne affittato a locatori vari perdendo ogni connotazione aulica e il degrado a poco a poco appannò definitivamente la bellezza della facciata e delle parti comuni. Finalmente all’inizio del nuovo millennio si decise di intervenire definitivamente sulla struttura, sugli affreschi e sul giardino per ridare a questa dimora storica la sua giusta collocazione e il giusto risalto nel rione Piazzo, cuore storico della città di Biella. Oggi, dopo un importante progetto di ristrutturazione e restauro, Palazzo Ferrero è tornato all’antico splendore. Palazzo Ferrero, la sala dei Medaglioni Palazzo Ferrero

Adrian Paci, albanese di nascita (Scutari, Albania, 1969), si confronta a tematiche legate al mondo del lavoro e le sue opere/video trovano eco nelle opere di Vincenzo Morbelli in cui, le classi sociali operaie vissute a cavallo dell’Ottocento, sembrano un’immagine speculare dei nostri contemporanei. Altri, come il gruppo Masbedo (Milano, anno di formazione 1999), trattano tematiche vicine alle problematiche della solitudine, dell’angoscia e della follia e intersecano visioni teatrali a mondi surreali in cui, maestri come Dalì, deChirico e Magritte, sembrano aver trovato attori per le loro tele. Adrian Paci, Turn on, 2005 video a colori Masbedo, Teorema di incompletezza, 2008 video a colori

La mostra si sviluppa attorno al tema delle problematiche sociali contemporanee quali l’emigrazione, il lavoro, la differenza razziale, lo svago, la scuola, l’amicizia, la sessualità, la politica, la natura, la gioventù e la vecchiaia. Problematiche comuni a molte epoche e periodi storici che hanno trovato eco nelle interpretazioni e nelle differenti sensibilità degli artisti del passato e di oggi. Una “corrispondenza” fuori dal tempo si è venuta a instaurare fra molti video/artisti che si sono ispirati ai capolavori del passato. Uno fra tutti è l’americano Bill Viola che prende spunto per la produzione dei suoi video dalle opere del passato, in modo particolare da Pontormo, dalle grandi pale rinascimentali e dalle icone del Trecento senese.

PERCORSI VISIVI SIMMETRIE E AFFINITÀ DALL’EPOCA BAROCCA ALLA VIDEO/ARTteAtri possibili Gako Tengen Chiben, Kanzan e Jittoku, 1790 c.a inchiostro grigio e nero su carta Patrizia Guerresi Maïmouna (Verona, 1951) coniuga oriente e occidente attraverso le figure reali delle figlie, concepite attraverso due differenti matrimoni, il primo con un europeo cattolico e il secondo con un africano di religione musulmana/islamica. Questo dualismo interpreta al meglio la problematica multirazziale contemporanea, in cui popoli differenti tentano a grande fatica l’integrazione in culture, nazioni e società lontane. Il binomio culturale e razziale, impersonato dalle due sorelle, esemplifica le simbologie dualistiche con radici ancestrali e cosmologiche appartenenti a tutte le culture mondiali, che siano europee, africane o asiatiche.

Artur Zmijwski (Varsavia, 1966) inscena, con dei giovani uomini, atti unici sulla guerra ambientati però in sale da ballo. Il ruolo dei personaggi e la loro assurda collocazione pone l’azione in un contesto ridicolo, come se tutto il sarcasmo di Groz e degli altri espressionisti tedeschi si facesse largo con una fragorosa risata dal 1935 ai giorni nostri. Salvator Rosa, Lanzichenecchi allo stagno, metà XVII sec. olio su tela Artur Zmijwski, KR WP, 2000 video a colori Patrizia Guerresi Maïmouna, Oracles, 2007 video a colori Pioniere della video arte, Bill Viola (New York, 1951) ha svolto un ruolo fondamentale per la consacrazione di questo genere come forma massimamente vitale all’interno del panorama dell’arte contemporanea e ha contribuito in maniera determinante al suo sviluppo in termini di tecnologia e contenuti. L’artista crea videotapes, video-installazioni, ambienti sonori e performances, concepite per immergere totalmente il visitatore nell’immagine e nel suono, coniugando così una straordinaria sofisticazione tecnica ad un’assoluta essenzialità formale. Intimamente spirituale, la sua arte esplora il fenomeno della percezione sensoriale come sentiero privilegiato per la conoscenza di se stessi: essa si concentra sulle esperienze universali dell’uomo (la nascita, la morte, la natura, la relazione con l’universo) e sulle emozioni intense, affondando le radici nella storia dell’arte occidentale e orientale così come nelle diverse tradizioni spirituali, dal buddismo zen al sufismo islamico, passando per il misticismo cristiano.

Marina Abramovic (Belgrado, 1946), esponente vitale di una generazione di performance-artists d’avanguardia – di cui fanno parte anche Bruce Nauman, Vito Acconci, e Chris Burden – fin dagli esordi ha scelto il proprio corpo come oggetto della sua poetica, mettendo in gioco e indagando i confini estremi della resistenza fisica e psicologica. Le sue performance e le sue videoinstallazioni mirano a investigare le potenzialità e i limiti della sopportazione: il corpo è l’oggetto e il soggetto della sua ricerca, usato sia come strumento per veicolare un messaggio al pubblico sia per comunicare e assorbire energia. L’artista si dedica alla creazione di opere che ritualizzano le semplici azioni del vivere quotidiano, come stare distesi oppure seduti, pensare o sognare: la sua indagine si inoltra, in sostanza, in quelle che sono le variegate espressioni di un unico autentico stato mentale.

Bill Viola, Remembrance, 2001 video a colori René Magritte, L’épreuve du sommeil, 1926 c.a olio su tela Gaetano Gandolfi, Vergine addolorata, seconda metà XVIII sec. olio su tela Marina Abramovic, Stromboli, 2002 video in b/n Giovan Battista Piranesi, Altra Veduta della facciata del pronao disegnata e descritta nella tavola V, 1778 acquaforte Giacomo Balla, Stilizzazione floreale tempera su cartoncino Tim White-Sobieski, Terminal at last (terminal 3), 2003 video digitale Tim White-Sobieski (Usa, 1976), artista di punta della video arte sperimentale americana, dal 2002 utilizza il mezzo video con un approccio tecnologico strettamente legato alla pittura. La sua fama si deve in particolare alla produzione di video che mescolano realtà e immaginazione e che, a volte, si presentano come vere e proprie opere di astrazione create attraverso l’uso di immagini in movimento. Recentemente ha collaborato con il produttore musicista Brian Eno che ha appositamente composto le musiche per la serie di video-loop Terminal (2003), ottenuiti con una tecnica digitale e computerizzata, in cui non vi sono forme o figure precise ma un susseguirsi di colori e luci “acquosi”, come in un flusso continuo e inarrestabile in cui sogni e paure, speranze e frustrazioni si ripetono ciclicamente.

Artista afgana, Lida Abdul (Kabul, 1973) si serve di video, installazioni e fotografie per esprimere la sua condizione di profuga e il suo costante sentimento di precarietà dovuto alla guerra. Ciò che più colpisce lo spettatore nell’ammirare queste opere è l’assenza di violenza e di barbarie alle quali i mass media hanno abituato il pubblico: la forza di queste immagini proviene proprio dall’intenzione di evocare sensazioni piuttosto che di mostrare la distruzione di un paese, attraverso gesti che divengono rituali e suoni che diventano preghiere. Lo sguardo di Lida Abdul è lucido, disincantato e oscilla tra una realtà estremamente dolorosa e le situazioni surreali di chi vive un dramma quotidianamente. Il gesto artistico della performance fa da cassa di risonanza alle memorie dell’uomo, caricandole di un senso nuovo, alto e imperituro.

Lida Abdul, Brick sellers of Kabul, 2006 video a colori William Kentridge, Zeno writing, 2001 video a colori Regina José Galindo, Recorte por la linea, 2005 video a colori Allora e Calzadilla, Under discussion, 2005 video a colori Francesco Ruschi, Allegoria della Vanità, 1630 c.a olio su tela William Kentridge (Johannesburg, 1955) è tra le personalità artistiche più importanti nel panorama internazionale della video arte. Ha una lunga esperienza come regista teatrale, ma le sue principali attività rimangono la grafica e la creazione di film d’animazione: questi ultimi sono realizzati a partire da disegni a carboncino, filmati a vari stadi della loro esecuzione, in un gioco di continue aggiunte e rimozioni delle parti progressivamente tracciate sul foglio. La sua poetica esplora la memoria personale e collettiva, il rapporto tra desiderio, estetica ed etica attraverso opere che ruotano attorno al dramma dell’apartheid, del potere arbitrario, del dolore e del conflitto nella società contemporanea.

Il lavoro di Regina José Galindo (Guatemala City, 1974) denuncia la violenza contro le donne e, più in generale, quella sociale, politica e culturale. Partendo dalla situazione del Guatemala, teatro di un conflitto permanente, allarga il discorso alla condizione globale della violenza, usando il terreno dell’arte per attirare l’attenzione del pubblico su quello che succede nel mondo reale, servendosi di disegni, video e performances. Nella sua ricerca Galindo torna sui luoghi dove la violenza è avvenuta e “rimette in scena” ciò che è accaduto utilizzando il proprio corpo che diventa oggetto, soggetto e mezzo di espressione. Per farlo sostiene rischi fisici e psicologici al limite del sopportabile: incatena il suo corpo, lo paralizza, lo priva della libertà e lo immobilizza, lo isola e lo esclude dai rapporti sociali, lo ferisce per trasformarlo nella metafora di un conflitto infinito, spingendo lo spettatore a distogliere lo sguardo per sfuggire la crudezza delle immagini.

Luigi Serralunga, Nudo allo stagno olio su tela Elina Brotherus, Baigneurs, 2001-2003 videoproiezione su tre canali Emilio Longoni, Riflessioni di un affamato, 1893 olio su tela Santiago Sierra, Cubo de pan, 2003 video in b/n Celebre per le sue performance provocatorie e i suoi video che hanno suscitato scandalo in tutto il mondo, Santiago Sierra (Madrid, 1966) compie una lucida analisi del sistema economico-sociale globalizzato e lo denuncia rappresentandone senza pietà le asimmetrie. Nel suo lavoro, che utilizza diversi mezzi espressivi – dalla scultura minimalista, alla fotografia e soprattutto alla performance – si riconosce un filo conduttore nella messa in discussione continua dei limiti del sistema adottato dalla società contemporanea. Realizzate il più delle volte mettendo in moto le dinamiche del salario, le sue performance si risolvono spesso in un atto clandestino o vandalico rappresentato sotto gli occhi di tutti come un evento.

Santiago Sierra non manca di criticare la struttura stessa del sistema dell’arte, analizzandone forma e organizzazione, e allo stesso tempo costringendo i suoi protagonisti e spettatori a porsi di nuovo a confronto con la vita reale. Nelle sue fotografie e nei suoi video, Elina Brotherus (Helsinki, 1972) rende partecipe il pubblico delle atmosfere fredde e contemplative della sua Finlandia in pose che per lo più ritraggono soggetti di spalle: tale scelta è una presa di posizione critica, un suggerimento nei confronti di chi osserva che in questo modo riesce a concentrarsi sulla totalità dell’immagine piuttosto che soffermarsi su dettagli dell’espressione umana. L’artista stessa si ritrae più volte lasciando parlare gli ampi spazi che la circondano (paesaggi o interni), confondendosi così col biancore accecante del cielo nordico. In molte delle sue opere si possono rintracciare riferimenti e ai nudi di Venere della pittura rinascimentale e barocca, ai paesaggi di Claude Lorrain, alle bagnanti di Cézanne, alle sale da bagno di Pierre Bonnard e primo fra tutti Caspar David Friedrich.

I temi dei video di Annika Larsson (Stoccolma, 1972) affrontano dinamiche di ruolo, di comportamento e di potere, legate all’identità maschile come “costruzione sociale” dell’odierna cultura occidentale. Nei suoi lavori ritorna anche il tema dell’abbigliamento, discorso meticolosamente sviluppato che porta alla rivelazione di norme sociali e rituali rigidamente basate su rapporti di sottomissione e dominazione. I video infatti ritraggono sempre una società esclusivamente maschile dove compaiono uomini d’affari vestiti impeccabilmente in giacca e cravatta, ripresi solitamente in momenti di convivialità e socializzazione tipicamente virili e in atteggiamenti stereotipati. Annika Larsson, Cigar, 1999 video a colori Mario Sironi, Figure, 1943 olio su tela TEATRI POSSIBILI Percorsi visivi, simmetrie e affinità dall’epoca barocca alla video/art .

Promossa da: Regione Piemonte Comune di Biella Associazione Culturale Velan, Torino Con il contributo di: Fondazione Cassa di Risparmio di Biella Lauretana Banca del Piemonte Organizzazione: Associazione Culturale Velan, Torino Media Partner: Eco di Biella IEB Comunicazione

Ufficio stampa: Giuseppe Galimi Tai – Turin Art International.
Torino tel. +39 011.7640258 info@taiagency.it
Grafica e web design: Roberta Alba Tai – Turin Art International.
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Numero verde 800 329 329
palazzoferrero@comune.biella.it

Conferenza stampa Sabato 4 Aprile ore 16,30
Inaugurazione: Sabato 4 aprile ore 18

Palazzo Ferrero
Corso del Piazzo 25 13900 Biella
Orari: da martedì a giovedì ore 15 – 19 venerdì 15 – 22
sabato e domenica 10 - 19
Ingresso gratuito

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