I lavori che vengono proposti da Juliet -su tela, su carta e in sculture multimateriche- ruotano attorno al tema dello sguardo obliquo del cuore. Visione e desiderio sono termini costanti in queste opere, e l'entusiasmo del desiderio regala l'emozione come fattore inaspettato e fiabesco.
Il nichilismo coinvolge in un abbraccio a tenaglia sia il modo di vivere (i
vestiti che abitualmente indossiamo, l'umore che si stampiglia sul volto a
seguito di una parola forte quanto uno schiaffo, i cibi che si assumono per
sciocca abitudine dietetica, le azioni che ci rifiutiamo di compiere per
radicata indolenza) sia la sua rappresentazione (i modi e le forme che lo
esprimono, la possibilità o l'impossibilità di raccontarlo). Questo filo rosso
unisce Nietzsche e Musil, Munch e Dostoevskj, Walter Dahn e Paul Housley: ha
un passato, ha un presente e, ovviamente, avrà anche un futuro. La sfida fin
qui compiuta consisteva nel tentativo di individuare i dettagli di questo
malessere poliedrico e di metterli insieme, cercando di cavarne fuori il senso
generale del discorso.
Ma il mondo (per nostra fortuna!) non è sempre e solo l'immagine riflessa
della sua angosciosa e pulsante esistenza, non è solo sommatoria di sconfitte
e di progetti fallimentari e incompiuti, talvolta diviene anche un cenno
gentile o un sorriso gratuito. Bene, questa premessa ci serve per dire che il
lavoro di Paola Pezzi (che verrà presentato a Trieste, nello spazio Juliet di
via Madonna del Mare 6, II piano) è lontano mille miglia da queste (e
consimili) esperienze di dissoluzione, disfacimento, afasia, neurotismo,
paralisi, depressione, psicoparalogismi che all'opposto tanto sembrano
compiacere la critica contemporanea, per collocarsi, invece, su un piano di
solarità e di esuberanza organica.
Come dire: "lungi da me questo abisso di infondatezza in cui ogni unità della
persona si perde" (C.Magris). Altre sono infatti le parole sussurrate
dall'autrice: "Recupero i miei gesti pittorici e le tele. Metto insieme con i
chiodi assi trovate già storte e ci monto questi stracci dipinti e lavati. Ne
escono rimasugli di paesaggi antichi. Dalle guglie del Duomo, Milano è magica:
immersa in una luce fredda e tersa, invernale, che si riflette sui pinnacoli
bianchi. Tutti questi concitati visitatori giapponesi stridono in questo luogo
sopraelevato. Srotolo sedici metri di tela e mi armo di colori. Dipingerò la
città a trecentosessanta gradi. Ogni giorno è una scoperta e mi sento bene!"
La crisi, la sofferenza, il malessere dell'anima, per Paola, stanno in un
altro mondo e comunque al di fuori della porta del suo studio, dato che al
dono dell'ebbrezza non è più chiesto uno sguardo vasto quanto gli orizzonti di
un mondo globalizzato. Insomma, "l'uomo" potrà anche essere senza qualitÃ
(cioè disutile all'ordine costituito), come si diceva qualche decennio
addietro, eppure sarà sempre funzionale a sé stesso e a una piccola cerchia di
adepti che lo segue e lo venera.
Quindi, ciò che conta non è il dominio del grande stile o l'astrazione da
grandi orizzonti, non sono importanti i grandi sistemi o le ipercomplesse GTU,
quanto il fluire del sensibile nei piccoli segni personali, all'interno di
appunti diaristici e finanche intimi, spogliando il corpo di qualsiasi vestito
o ingombro visivo. In questo modo la nudità di un reale plurale emerge nella
sua inesauribile frammentarietà in segni, gesti, colori, materiali. Il tutto,
senza ansia, senza crisi di rigetto, senza affannosa ricerca, riaffermando
invece la propria compiutezza di essere umano e la propria profonditÃ
caratteriale di artista anche nella più piccola testimonianza.
I lavori che vengono proposti da Juliet -su tela, su carta e in sculture
multimateriche- ruotano attorno al tema dello sguardo obliquo del cuore.
Tuttavia, se nell'iconografia occidentale il cuore è sinonimo di centralitÃ
oltre che di forma che contiene l'energia (come la magica coppa del Graal, del
famoso ciclo arturiano), in queste opere l'accento si sposta e la messa a
fuoco dilata la volitività creativa dell'immagine, per condurre verso il lato
rabdomantico dello sguardo. Questa eccentricità permette, ancora una volta, di
vivere il momento dell'arte come luogo privilegiato, privo di limiti o di
ingannevoli gerarchie. Così, visione e desiderio sono termini costanti in
queste opere, e l'entusiasmo del desiderio regala l'emozione come fattore
inaspettato e fiabesco: un colore fuoriesce là dove non è prevedibile, un
segno se ne scappa veloce prima di farsi catalogare.
Infatti la bellezza non è mai dove si crede: per sua natura è sfuggente, è al
di fuori della razionalità : può essere qui e altrove, può albergare dentro di
noi o al di fuori; un po' come la vita nella poetica di Rimbaud che non poteva
mai stare nello stesso posto. La precarietà materiale delle opere, e la loro
asimmetria, la delicatezza fingente delle superfici, dimostrano come il
rapporto tra idea e pensiero, cuore pulsante e cultura, non sia facile; ma
tenendone conto si può toccare quel sesto senso che dà ragionevole sicurezza
all'azione creativa.
Nella foto: 'Studio con cane e tappeto con pesci .cm 180x150.
La mostra, curata da Roberto Vidali, si inaugurerà giovedì 11 aprile, alle ore
18, per proseguire poi fino alla fine di maggio.
Orario di visita ogni martedì
dalle ore 18 alle 21, oppure su appuntamento, telefonando al n. 040-313425.
Spazio Juliet via Madonna del Mare 6, II piano Trieste