Testarossa. Le opere dell'artista, vivaci e colorate, raccontano con ironia il mondo intimo del femminile, fatto di paure, insicurezze e disagi. A cura di Anita Belardi e Arianna Di Loreto.
a cura di cura di Anita Belardi e Arianna Di Loreto
Si inaugura lunedì 20 luglio 2009 alle ore 19.00, e resta allestita fino a venerdì 31 luglio, una mostra dell’artista Anita Calà, a cura di Anita Belardi e Arianna Di Loreto, intitolata Testarossa.
“Poliedrica, vivace, colorata, ironica, intelligente, fisica, sono molti gli aggettivi che possono descrivere l’opera di questa artista che gioca con l’osservatore come una donna fa davanti a uno specchio nella propria stanza, dove si conosce e si ‘riconosce’. Anita Calà presenta a noi il mondo intimo del femminile, fatto di paure, insicurezze e disagi: caratteristiche che possono per assurdo divenire dissacranti al punto da essere prese in giro, perché una donna sa e può farlo. Le opere esposte sono ritratti di corpi femminili, descritti con tecniche e visioni diverse tra loro in cui è palese la provocazione: rimanere impotenti davanti alla richiesta di aiuto di una delle sue creature chiusa al di là del nostro spazio (video), poter acquistare una donna sottovuoto come in un supermarket (scultura), osservare attraverso una sequenza di scatti fotografici il processo del desiderio che si trasforma in eccesso di vanità. La coerenza del lavoro di questa artista è continua e stravolgente, Anita, lavora da sempre per e con il corpo femminile, trovando nel suo percorso artistico l’espressione di un mondo che gli appartiene. L’ironia nel comunicare con l’osservatore non ha in questo caso l’unico fine di indurre al riso, ma piuttosto di sensibilizzare alle problematiche connesse al mondo femminile, alla sua normalità e alle sue anormalità. E l’ironia – strumento da un lato, e risultato di una sofferenza esistenziale dall’altro – implica l'assunzione di una posizione, un atteggiamento di rifiuto dell’ipocrisia nell’uso del corpo femminile tipico dell’era contemporanea. Anita rappresenta perfettamente nelle sue opere il suo modo di rapportarsi al quotidiano: far apparire il suo mondo meno importante di quanto sia; auto-ironia, allora, perché il soggetto ironizzante è anche direttamente l'oggetto dell'ironia che fa. Le sue immagini, aiutate dagli eccessivi toni dei colori, creano un effetto di stacco tra il significato superficiale e il suo significato più nascosto. Nelle opere fotografiche si trova una piacevolezza eccitante, lontana dalla visione più rassicurante del bianco e nero. Figure provocanti come Lolite costrette ad esistere in una sorta di Paese delle Meraviglie colmo di colori esasperati che aumentano la distanza dalla realtà ma avvicinano al sentire astratto e interiore dell’osare: provocando, esse trattengono lo sguardo dell’osservatore.” (Anita Belardi)
“‘Bla bla bla: la-povera-ragazza-aveva-voglia-di-parlare-ma-le-scritte-erano-troppo-piccole-e-nessuno-la-stava-ad-ascoltare’. La tela di Testarossa esplicita in sottili sillabe rosse il disagio e la delusione della ragazza-fumetto rappresentata. Le stesse che si percepiscono appartenere alla ragazza dai capelli rossi fotografata con occhi-bocca-mani censurati dalle ‘X’ dolorosamente pennellate, perché non può guardare-parlare-agire come vorrebbe. Quella ragazza vorrebbe esprimersi, liberarsi, mostrarsi com’è e non come gli altri la vorrebbero, ma non trova nessuno ad accoglierla, ad accettarla, ad amarla. Nell’audio-video di Heeeelp la ragazza rompe il silenzio e chiede disperatamente aiuto a chiunque, anche al ‘signore-voyer’ seduto al di là del monitor nella speranza che possa liberarla, non solo dal buffer in cui è costretta, ma anche dalla propria auto-critica distruttiva che emerge quando, alla fine della sequenza, di fronte al silenzio dello spettatore si chiede ‘perché’ nessuno l’aiuti. Il soggetto di Testarossa prova a dilatarsi nella carne per poi restare inscatolata nella tela, espandendosi come può nelle due dimensioni senza riuscire a conquistare la terza, e resta imprigionata in un velo viola che svela la sua flessuosa nudità e sincera intimità, mutilata negli arti come una Venere di Milo. Anità Calà, in arte Testarossa, si rivela per tutto questo un’artista sensibile ed eclettica, in grado di esprimere in maniera multiforme un disagio che non appartiene solo a lei. Attraverso i diversi canali della fotografia-pittura-scultura-video, ha usato la semiotica del fumetto – che fin da piccoli ci abitua a leggere la realtà – per rappresentare il suo interessante punto di vista della realtà ai grandi. Con la creatività e l’ironia, Testarossa ci ricorda di come possiamo liberarci da ciò che ‘ci sta stretto’: come da quelle trendissime scarpe a spillo tacco 12 della divertente sequenza fotografica, che se indossate per simulare una femminilità stereotipata ma senza una reale consapevolezza della propria identità, possono renderci impacciate, rallentarci nella strada personale da percorrere, e farci inciampare!” (Arianna Di Loreto)
“Ancora un’autrice felicemente abile nel delicatissimo ruolo di porre in gioco le proprie intimistiche rivelazioni. Il legittimo dubbio se un’estetica del ‘fai da te’ condotta all’eccesso possa ambire al riconoscimento come espressione d’arte trova nelle multiformi costruzioni di Anita Calà un esito positivo accattivante. Tratto d’unione delle tele e delle fotografie in technicolor, così come delle sculture mixed-media e delle animazioni al computer, è una tessitura estremamente coerente di sottilissime motivazioni di pensiero. I provocanti bozzetti allegorici scaturiscono tutti dal concepimento introspettivo di una specie di antieroe decadente contemporaneo in versione femminile, i cui drammi irrisolti tingono di amara quanto benevola autoironia ogni plausibile spunto di dialogo con l’osservatore. Stilisticamente eclettica, ponderatamente esagerata, Anita Calà ci lancia incontro urli mascherati da sorrisi beffardi: col susseguirsi asincrono e fascinoso di creature mostruose e buffe, di sequenze mimiche canzonatorie, di oggetti quasi ready-made in spettacolare bilico tra pop e trash, e di figure il cui effetto shock riemerge dalla plateale censura di marcate ics iridescenti nientemeno che amplificato.” (Carlo Gallerati)
Anita Calà è nata nel 1971 a Roma, dove vive e lavora. Dopo il diploma al Liceo artistico, frequenta l'Accademia di moda e costume. Per più di quindici anni lavora nello spettacolo come costumista, raggiungendo i massimi livelli di carriera. Dal 2005 sceglie di dedicarsi interamente all’arte figurativa e, con lo pseudonimo di Testarossa, comincia a presentare al pubblico i propri lavori di pittura, fotografia, scultura e animazione.
Inaugurazione lunedi' 20 luglio 2009 alle ore 19.00
Galleria Gallerati
Via Apuania, 55 - Roma
Orario: dal lunedì al venerdì: ore 17.00-19.00 / sabato, domenica e fuori orario: su appuntamento
Ingresso libero