Casello di Guardia
Porcia (PN)
via Pellegrini
0434 922629

Nicolas Vavassori e Liuba Giro
dal 7/11/2009 al 21/11/2009
inaugurazione ore 11
349 8602251

Segnalato da

Casello di Guardia



approfondimenti

Nicolas Vavassori
Liuba Giro



 
calendario eventi  :: 




7/11/2009

Nicolas Vavassori e Liuba Giro

Casello di Guardia, Porcia (PN)

Giro in Vavassori. Liuba Giro con la sua pittura interroga il corpo femminile, la sensualita' e l'armonia fisica. Vavassori riempie tele, sculture, installazioni e design approdando a un'arte totale.


comunicato stampa

La nostra società composta da uomini semplici e virtuosi, da uomini scaltri e furbi, da uomini buoni e cattivi, da città devastate dalle guerre, da città invase da problemi politici e da delinquenza, sono alcune delle tematiche su cui si basa tutto lo studio dell’artista Nicolas Vavassori. Con la sua mano, per alcuni versi pesante ma sempre coerente di tutto quello che ci circonda, esprime nella maniera più personale possibile il nostro mondo contemporaneo. Un’artista che riempie tele, sculture, installazioni e design approdando a un’arte totale, detta “Total-art”. Nicolas apporta innovazione, accosta materiale di scarto per dare vita alle sue opere, per far si che si animino e ci animino quando vi ci troviamo di fronte. Lo spettatore non potrà non soffermarsi davanti alla sua scultura e pittura e cercare di vedere la propria comunità e quello che la televisione ci trasmette giorno dopo giorno; in alcuni casi rappresenta le sue creature in chiave ironica e ludica, altre volte in modo da farci riflettere e pensare sul problema che affligge l’umanità. Proprio a proposito di questo va sicuramente menzionata l’opera “Tre religioni” composta da ben 5700 soldatini (ognuno di loro è pronto a svolgere il ruolo di difesa per la propria religione) ma allo stesso tempo il cristianesimo, l’ebraismo e l’islamismo arrivano ad essere vicine e a dialogare tra loro. Secondo Nicolas non è possibile ammettere che la religione sia motivo di odio, di guerra e di morte, e che la strumentalizzazione religiosa ha già portato a troppi misfatti. Non è tollerabile che la cupidigia e la follia umana vengano giustificate in nome di una qualsiasi di queste religioni. Dobbiamo trovare la forza di spezzare il circolo vizioso dell’odio e cercare una dura riconciliazione tra mondi, che pur sembrando diversi, hanno in verità molto in comune a cominciare da un unico Dio.

Di Nicolas meritano una particolare attenzione le opere create con i coltelli di Maniago (PN) come “Ali” create con i resti che riesce a raccogliere dalle fabbriche locali: proprio assemblando coltelli, chiavi, strumenti da taglio e chiavi inglesi, che la società reputa di basso valore, crea delle statue (un dinosauro, una libellula…). L’oggetto di scarto prende vita, diventa un’opera d’arte, che lo spettatore guarda, ammira e contempla, facendoci ricordare che ogni oggetto che ci circonda è ingegno.

Proprio l’ingegno è la parola chiave con cui descrivere la personalità di questo artista, che con ogni mezzo, oggetto di scarto, oggetto di uso quotidiano, anche banale per certi versi, regala ai suoi ammiratori un pezzo unico da definire prodotto artistico. La scultura di Nicolas è un assemblaggio, un modellare continuamente la materia, a seconda dell’elemento che si trova davanti, scolpendolo, intagliandolo per arrivare al prodotto finito di cui noi possiamo usufruire. In questa maniera le sue opere sono più vicine alla nostra realtà quotidiana.

Un’altra tematica qui presente in mostra è lo studio personalissimo del corpo umano. Egli riesce, attraverso i suoi manichini, anche in questo caso a rappresentare il disagio della società, storpiarla e in alcuni casi abbellirla, dandogli sempre un proprio e personale significato. Nell’opera “Androide” Nicolas ci fa capire che ormai l’uomo si sta trasformando e sta diventando un robot. Androide appunto: questo termine deriva dal filosofo, teorico e scienziato S.Alberto Magno che lo utilizzò per definire esseri viventi creati dall’uomo per via alchemica; proprio Alberto Magno costruì un vero e proprio androide in metallo, legno, cera, vetro e cuoio, addirittura con il dono della parola, che aveva la funzione di servitore nel lontano 1200. Nicolas arriva attraverso la sua scultura a farsi portavoce del disagio umano, dell’individuo che all’interno della società compie ogni giorno come una macchina la solita routine, diventa il piccolo robot di se stesso. Allo stesso tempo Nicolas vuole farci capire, attraverso questo manichino, come l’uomo può trasformarsi in maniera brutale grazie alla sua cattiveria ed egoismo nei confronti della società. L’Io del singolo, con le sue turbe, viene mostrato a tutti, alla società contemporanea.

Nello stesso modo Liuba Giro inizia a interrogarsi se il corpo (all’opposto di Nicolas, prende in visione il corpo femminile) è un luogo o meglio, il luogo della realtà materiale, matrice, principio di produzione di senso, chiave di lettura di varie realtà quotidiane attraverso lo studio della “Globalità dei linguaggi” di Stefania Guerra Lisi. Liuba arriva a sublimare la donna in un omaggio costante alla sua armonia fisica, alla sua sensualità, al suo erotismo, porgendola come simbolo terreno dell’offrirsi e del ritirarsi. La tematica a molti potrebbe apparire noiosa e sempre la stessa, ma viene affrontata ogni volta con tecniche differenti, alcune volte portate al vero e proprio figurativo classico come nelle opere “Tacet” e “Silere” altre volte arriva a compiere delle opere al limite con il surrealismo nell’opera……, ma in ognuno la sua trama strutturale si conclude come una diagnosi del tutto convincente e precisa del momento narrativo che l’autrice ha scelto di fissare con il pennello sulla superficie della tela. Ma un vero e proprio processo di analisi dell’immagine lo troviamo nei tratti sottili del carboncino: questi filamenti assomigliano sempre più a una trama tessuta che rappresenta i fili della vita stessa, e sono tesi alla generazione di quest’ultima fino ad arrivare alla figura umana e alla percezione corporea, portandoci alla sua verità interiore, cercando la bellezza nel segreto di uno sguardo, nel fremito controllato di una bocca, nel movimento di una ciocca di capelli. Le sue figure femminili sono per alcuni versi drammatiche e contorte, per altri indifese e disperate.

Soprattutto i suoi ritratti, studi minuziosi del suo corpo, arrivano ad essere dei costrutti analitici, nei quali vibrano temperature esistenziali tenute sotto controllo dal pudore dei sentimenti ma che vogliono trasmetterci una forte sensualità senza mai arrivare a un turpiloquio delle stesse.
Le sue radici potrebbero essere ricollegate agli anni Venti del ‘900, in quella fase di ricerca sul vero che aveva segnato il superamento dell’ermetismo futurista. Liuba ha una forte reminiscenza di Lucien Freud, i quali tendono ad una forte espressività, deformando dei volti e oggetti in direzione della Nuova Oggettività (movimento artistico nato in Germania alla fine della 1° Guerra Mondiale, termina con il Nazismo che la considerava un’arte degenerata) la quale si distingue dal realismo in quanto conserva una componente emozionale, per questa componente alcuni particolari vengono accentuati all’estremo ed intensificati espressivamente.

La pittrice compie una sfida continua, sgomitolando, giorno dopo giorno, una matassa, cercando di trovare attraverso la sperimentazione delle luci, delle ombre e dei passaggi cromatici un suo unico filo conduttore per dare il giusto risalto al soggetto figurale e per conferire alla visione una sensualità appagante.

Inaugurazione domenica 8 novembre alle 11

Casello di Guardia
via Pellegrini - Porcia (PN)
Ingresso libero

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