Nel progetto dell'artista "Le figure si muovono dietro, lateralmente e fra le gambe, ma soprattutto attraverso la trama della pelle. Attraverso il gioco, creato da insolite geometrie visive, emerge il tracciato di un microcosmo abitato da particolari tipi fisici che incarnano un'ideale di classicita' perduta ma anche rivisitata e focalizzata in particolari bizzarri, al limite del grottesco" (M. M. Gazzano).
a cura di Rolando Bellini
Testo Critico di Marco Maria Gazzano
Una riflessione su come l’impatto con la tecnologia possa plasmare il rapporto che l’individuo ha con il corpo. L’immagine diventa il luogo in cui si realizza la relazione percettiva e corporea tra l’io e il mondo e come apertura della possibilità di un accesso alla dimensione ontologica della visione e della sensibilità (Merleau Ponty).
Il corpo sembra essere ultima roccaforte in cui ripararsi dagli attacchi esterni e mezzo di sperimentazione che conduce all’ampliamento delle proprie possibilità percettive attraverso la tecnologia (l’innesto tecnologico).
La sagoma creata dalle cosce sembra dar vita ad un luogo uterino in cui concepire visioni. Le immagini che ne scaturiscono appaiono come scandagliate dalla macchina e rese talvolta fisicamente molto vicine alle immagini ecografiche. Il lavoro è sviluppato in realtà tutto sulla superficie dell’immagine ma in modo tale che risalti il dentro e il fuori della superficie corporea, oltre a quella trasparenza creata dalla macchina che sembra diventare realmente una possibilità organica del corpo stesso.
Le figure si muovono dietro, lateralmente e fra le gambe, ma soprattutto attraverso la trama della pelle. Attraverso il gioco, creato da insolite geometrie visive, emerge il tracciato di un microcosmo abitato da particolari tipi fisici che incarnano un’ideale di classicità perduta ma anche rivisitata e focalizzata in particolari bizzarri, al limite del grottesco. La forte componente ludica è legata al desiderio di giocare, giocare con le immagini dei passanti. Nel video “Dieci gradi” il sonoro che richiama il gioco del pong, primo gioco virtuale, funziona da catalizzatore di questa energia nel continuo e ossessivo richiamo all’impatto.
Il passante rappresenta un loop di pensieri ossessivi, nell’immobilità dell’afa estiva e in una sorta di visione frammentaria ma reiterativa, viene preso di mira da una insolita postazione, (a mò di cecchino), divenendo feticcio seriale. Lo spioncino attraverso cui l’artista guarda il mondo è un varco creato dal corpo-macchina che riesce ormai a stabilire solo rapporti virtuali, da videogame. Il lavoro procede per misurazioni goniometriche (ed altre rappresentazioni geometriche), partendo dai 180° fino ai 10° ed è diviso in tre sezioni: le proiezioni d’archivio, il video e le stampe fotografiche. Una sorta di filo rosso unisce le tre dimensioni del lavoro, una stessa volontà straniante, una stessa provocazione, usata per spingere il fruitore al limite dell’alienazione.
Inaugurazione 21 gennaio 2010, ore 18.30
Dieffe arte contemporanea
via porta palatina 9, Torino
Orari: dal martedì al sabato dalle 15.30-19.30 o su appuntamento
Ingresso libero