Playlist a cura di Eleonora Farina. La selezione prende il via dal 1989, momento in cui i romeni hanno deciso di alzare fieramente la testa per tornare a far parte di un'Europa simbolo di democrazia, di uguaglianza, di liberta'.
“Negli autobus, diceva Edgar, siede la gente con le teste chine. Si crede che
dormano. I primi giorni mi sono chiesto come riescano a svegliarsi e a scendere
alle fermate esatte. Quando si viaggia in autobus con loro, si china la testa
come loro. Il pavimento è rotto. Attraverso i buchi si vede la strada.”
La scrittrice romena Herta Müller ha vinto l’ultimo Premio Nobel per la
Letteratura, nel 2009. Con uno stile molto particolare, al confine tra fantasia e
favola/leggenda, nei suoi libri ha rappresentato in modo duro, a tratti tragico lo
stato di prostrazione fisica e psicologica vissuta dal suo popolo durante la
decennale dittatura comunista (1967-1989).
La mia selezione per la Playlist prende il via da quel Dicembre
dell’Ottantanove, prende il via dalla fine di quegli anni Novanta che sono stati
per tutto l’ex blocco sovietico l’importante momento della rinascita. Momento
in cui i romeni hanno deciso di alzare fieramente la testa per tornare a far
parte di un’Europa simbolo di democrazia, di uguaglianza, di libertà. L’inizio del
nuovo Millennio e l’ingresso nell’Unione Europea (2007) hanno dato loro da una
parte grande energia e voglia di fare e dall’altra speranza e atteggiamento
positivo verso il futuro.
Gli artisti scelti appartengono a due generazioni successive ma profondamente
diverse per esperienze di vita: due di loro fanno infatti parte di quella che ha
vissuto in prima persona il periodo di Regime e che, solamente con il crollo di
questo, è riuscita a varcare i confini nazionali e ad avere una prima forma di
contatto con l’Estero; gli altri tre sono i trentenni di oggi, i loro figli spirituali,
quelli che hanno solo ricordi sbiaditi di quanto accaduto negli anni Ottanta e
che attualmente, invece, studiano fuori dalla Romania e passano da una
residenza internazionale all’altra. Quasi due generazioni a confronto, che si
confrontano a loro volta entrambe con la videoarte, un medium proibito al
tempo dittatura (si contano sulle dita di una mano gli artisti che avevano una
videocamera durante il periodo comunista). Eppure ciò non ne impedisce un
suo largo utilizzo oggigiorno. Forse è ancora presto per capire quanto la cultura
artistica contemporanea occidentale abbia influito su questo aspetto. Certo è
però che i trentenni di vent’anni fa lavoravano in modo assolutamente lontano
da quelli attuali (tra tutti si vedano i progetti di Dan Mihalţianu e Vlad Nancă,
rispettivamente il più anziano e il più giovane artista della selezione).
Ecco allora la mia Playlist interamente dedicata alla Romania del futuro, proprio
ora che siamo agli inizi di Marzo e che quindi viene celebrata la ricorrenza del
Mărţişor** (letteralmente: “piccolo Marzo”), la festa tradizional-popolare che
ricorda l’arrivo della primavera, della fertilità, della rinascita, l’arrivo degli anni
Dieci del nuovo Millennio...
Video selezionati:
Călin Dan (Arad, 1955), Sample City, 2003, 11’32”
La mia Playlist inizia con il video Sample City di Călin Dan. Il protagonista,
nonostante abbia una posizione china a causa del peso della porta che
sorregge sulla schiena - come ci ricorda Herta Müller - mantiene sempre e
comunque la fronte alta. Non sappiamo in realtà chi sia, ha un volto ma non un
nome; e non ci è neanche dato sapere perché sta passeggiando in questa
condizione. Ma la casa immaginaria che si porta sulle spalle attraversa con lui
le strade di Bucarest, una città rasa al suolo più volte (prima dalla seconda
guerra mondiale, poi dal terremoto del 1977 e infine da Nicolae Ceauşescu).
Una capitale europea che conserva la sua identità e la sua anima grazie a
questa stratificazione architettonica, e sociale. Forse è proprio la strada - a
tratti non asfaltata - che si vede attraverso i buchi dell’autobus? Il video fa
parte del progetto d’artista “Emotional Architecture”.
Vlad Nancă (Bucarest, 1979), Dacia – 30 Years of Social History, 2003, 4’44”
Ed ecco ripresa la città di Bucarest, con tutte le sue debolezze e bellezze, nel
video Dacia – 30 Years of Social History del giovane Vlad Nancă. Una sequenza
di immagini fotografiche, uno slide-show che, attraverso l’icona per eccellenza
all’estero della Romania, la Dacia appunto, mostra l’immobilismo decennale
insito nella dittatura comunista. E’ infatti proprio questa macchina l’oggetto
che è rimasto sempre uguale a se stesso; stessa ‘uguaglianza’ che ha reso per
lungo tempo la Romania una nazione schiava di malcostumi e soprusi, di
corruzione routinaria e non scalfita. Nancă aggiunge un pizzico di comico - o
forse solo di tristemente ironico? - al suo lavoro; lo stesso che ha alleggerito la
pesante vita quotidiana di quegli anni. La Dacia (che già dal nome ricorda il
territorio nel quale era locata la Romania durante l’Impero Romano) diventa
quindi il simbolo stesso di una società ossidata nella sua povertà fisica e
mentale.
Dan Mihalţianu (Bucarest, 1954), La Révolution dans le boudoir, 1999, 22’30”
La Rivoluzione che ha portato al crollo del Comunismo in Romania e
all’uccisione della coppia di dittatori, Nicolae ed Elena, è stata prima di tutto (e
a detto di tutti ormai) una vera e propria rivoluzione mediatica, ovvero vissuta,
esperita grazie alla televisione. E questo è il soggetto alla base del video La
Révolution dans le boudoir di Dan Mihalţianu, nel quale il gesto della toilette
quotidiana, metodica, lenta, sempre uguale a se stessa e ripetuta nelle quattro
mura domestiche è contrapposto al trambusto esterno della rivolta, che però
raggiunge noi e il protagonista solamente attraverso le notizie concitate
provenienti dalla radio occupata dai manifestanti. Tanti sono i sospetti sulla
veridicità di questo movimento di massa diventato evento televisivo, descritto
quasi come il primo “big brother” della storia. Rivoluzione del popolo o (celato)
colpo di Stato? Questo non è ancora dato saperlo.
Anca Benera (Costanţa, 1977), Pacta sunt servanda, 2010, 3’37”
Problematica romena oggigiorno viva e scottante quella proposta nel lavoro di
Anca Benera. Il breve video Pacta sunt servanda (Conventions must be
respected) presenta in maniera diretta e ironica il conflitto centenario che si
vive nella regione della Transilvania, conflitto con il popolo ungherese che va
avanti da quando sono nate le due nazioni e che ancora rappresenta una ferita
aperta all’interno di entrambe. La Transilvania, nucleo fondante delle terre
daciche fino al 9° secolo d.C., passata poi in mano ungherese con la
formazione dell’Impero Austro-Ungarico e infine, dopo la disintegrazione di
quest’ultimo nel 1918, riassorbita nuovamente nel territorio romeno, rimane
ancora terra di confine, nella quale l’integrazione tra i due popoli è molto
lontana da avvenire. L’artista quindi, utilizzando il tipico approccio del teatro
dadaista (e della sua poesia simultanea), rende evidente l’impossibilità di
comunicazione tra le due etnie.
Daniel Gontz (Bucarest, 1978), URMA – A place for me, 2007, 4’39”
La mia Playlist si conclude con il videoclip per la canzone A place for me della
band romena URMA (Bucarest). L’artista Daniel Gontz lo ha realizzato quale
risposta/presa di posizione nei confronti dei gravi tumulti dell’estate del 2007
seguiti al referendum per la messa in stato di accusa dell’allora Presidente
della Repubblica Traian Băsescu.2 Nel video è presente la chiara e netta
disapprovazione del mondo artistico romeno a quei fatti e a quegli
avvenimenti: sullo sfondo delle immagini si intravedono prima l’abat-jour
firmata Vlad Nancă (con le immancabili forme pop-stilizzate della Dacia) e poi
un’opera fotografica dello stesso Gontz quale replica /omaggio a un lavoro del
gruppo subREAL (composto, nei primi anni Novanta, anche ma non solo proprio
da Călin Dan e Dan Mihalţianu); il video si chiude con il gallerista Dan Popescu
che distrugge brutalmente con un martello la Televisione di Stato.
Teste chine di fronte al futuro sono queste, presentate in occasione di questo Mărţişor?
** “Il Mărţişor rappresenta, nella tradizione romena, la festa dell’inizio della primavera e si
festeggia il 1° marzo. Le persone regalano ai propri cari dei piccoli portafortuna formati da un
fiore bianco e rosso realizzato con fili di cotone legati tra loro, chiamati appunto Mărţişor
(piccolo marzo). La tradizione vuole che questo simbolo sia portato sugli indumenti per tutto il
mese di marzo, vicino al cuore, così da evocare il sentimento dell’amore, della purezza e della
vita. Trascorso il periodo previsto, il Mărţişor viene appeso su un albero da frutta auspicando
così un copioso raccolto.” da: http://www.italiamoldavia.org/tradizioni.aspx
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via Zanardi, 2 - Bologna
Ore 19.30