Sono esposti dipinti, fotografie ed oggetti realizzati da Man Ray tra i primi anni '20 e i primi anni '70, a confronto con una selezione di 25 lavori prodotti da Robert Mapplethorpe tra il 1975 e il 1986. La mostra permette di identificare analogie e differenze tra le opere e i punti di vista dei due poliedrici artisti americani accomunati dalla capacita' di far emergere le forme e la bellezza dei soggetti scelti: dai fiori, agli oggetti, ai nudi maschili e femminili.
Il 23 marzo la Fondazione Marconi di Milano presenta la mostra “Man Ray-Mapplethorpe”, realizzata in concomitanza con la mostra “Robert Mapplethorpe. La perfezione della forma” (21.03-13.06.2010) organizzata dal Museo d’Arte di Lugano diretto da Bruno Corà, ed in collaborazione con la Mapplethorpe Foundation di New York.
La mostra permetterà di identificare analogie e differenze tra le opere e i “punti di vista” dei due poliedrici artisti americani, tra loro distinti per generazione, ma accomunati dalla magistrale capacità di rendere le forme e la bellezza dei soggetti scelti: dai fiori, agli oggetti, ai nudi maschili e femminili. Nel 1920 a Parigi, Man Ray inizia a lavorare come fotografo professionista e con il tempo diviene un collaboratore di "Harper's Bazar", "Vogue", "Vu", "Vanity Fair" e altre riviste famose. Sebbene in quegli anni Man Ray sia noto soprattutto per i ritratti, è allora riconosciuto come artista della fotografia grazie ai suoi rayographs e alla solarizzazione. Il suo assistente, Lucien Treillard dice di Man Ray “Man Ray fotografo? No, si è servito della fotografia come di altri mezzi espressivi: matita gouache, pittura a olio, ecc. Ha creato opere d'arte con l'ausilio del mezzo fotografico. Man Ray è un artista e rivendica questa etichetta. Certo, ha realizzato opere commerciali per la moda o per clienti occasionali. Ma spesso la fotografia diventa grazie a lui opera d'arte."
Come Man Ray, anche Robert Mapplethorpe, nella sua breve carriera, dopo essersi inizialmente dedicato alla pittura, rivolge la sua attenzione alla fotografia, attraverso la quale ricerca ed esalta la bellezza e la sensualità della forma, in un equilibrio complementare tra bianco e nero, linee angolari e non, classicità e contemporaneità. In un’intervista con Janet Kardon del 1988, Robert Mapplethorpe afferma: “Credo che uno potrebbe sfogliare una quantità delle mie fotografie e dire: ‘Ecco, questa somiglia all’artista tale, e questa somiglia all’artista talaltro’. Ma mi piacerebbe pensare che le influenze non siano poi troppo forti”. Molti artisti moderni e contemporanei, hanno infatti in parte influenzato l’opera di Mapplethorpe, tra questi si inserisce sicuramente la figura di Man Ray, profondamente stimato e considerato dall’artista il più importante fotografo mai esistito.
In quest’occasione, al primo e secondo piano della Fondazione, saranno esposti fotografie, dipinti e oggetti di Man Ray realizzati tra i primi anni ’20 e i primi anni ’70, a confronto con una selezione di 25 lavori dal 1975 al 1986, di Robert Mapplethorpe. Tra queste si segnalano uno dei numerosi ritratti dei primi anni Ottanta di Lisa Lyon, atletica musa e collaboratrice di Mapplethorpe, contrapposti a “Woman in Bondage” del 1928-29 di Man Ray; le “Calle” iconiche di Mapplethorpe del 1983 e quelle di Man Ray rappresentate attraverso la tecnica della solarizzazione nel 1931; il nudo “Ken, Lydia, Tyler” del 1985 a confronto con la fotografia dell’assemblaggio di oggetti, in cui Man Ray accosta arte classica a geometria “Target” del 1933; il ritratto di Jennifer Jakobson del 1981 a confronto con “La chevelure” di Man Ray del 1929.
Man Ray (Emmanuel Radnitzsky) nasce a Philadelphia nel 1980 da genitori ebrei di origine russa che erano emigrati negli Stati Uniti alcuni anni prima. Trasferitosi con la famiglia a New York, dopo gli studi secondari e i primi corsi di disegno industriale, frequenta il Ferrer Center ed entra in contatto con Alfred Stieglitz e gli ambienti dell’avanguardia newyorkese. Dopo le prime opere di ispirazione cubista avvia la sperimentazione di varie tecniche – collage, sculture e assemblaggi, pittura ad aerografo – e inizia a dedicarsi alla fotografia. Insieme a Marcel Duchamp è il principale animatore del dadaismo newyorkese e promotore di numerose iniziative, dalla fondazione della “Società degli artisti indipendenti” (1916) e la “Société Anonyme Inc.” (1920) alla pubblicazione della rivista “New York Dada” (1921).
Nascono in questa fase i primi “oggetti d’affezione”, tra cui il celebre Enigme d’Isidore Ducasse. Nel 1921 si trasferisce a Parigi, dove ritrova Marcel Duchamp, e nello stesso anno ha una personale alla Librairie Six. Realizza i primi Rayographs, che pubblica nel volume Champs délicieux (1922) con prefazione di Tristan Tzara. Dopo la partecipazione al Salon Dada, che si tiene nel 1922 alla Galerie Montaigne, lavora al film Retour à la raison e si lega al gruppo dei surrealisti, con i quali espone alla Galerie Pierre nel 1925 e in tutte le mostre successive. Rimane a Parigi fino al 1940, affermandosi come uno dei migliori interpreti della poetica surrealista, con dipinti, assemblaggi d’oggetti, film d’artista e sperimentazioni fotografiche, continuando ad esporre sia in Europa che in America. Dopo lo scoppio della guerra si reca negli Stati Uniti, a Los Angeles dove rimane fino al 1951. Durante il soggiorno americano si dedica soprattutto alla pittura realizzando la serie Equations shakesperiennes e Alphabet for Adults. Tornato a Parigi, continua la sperimentazione fotografica, la creazione di dipinti e oggetti d’affezione. Nel 1959 l’Istitute of Contemporary Art di Londra gli dedica una grande antologica e due anni dopo gli è conferita la medaglia d’oro per la fotografia alla Biennale di Venezia. Nel 1966 prima grande retrospettiva a Los Angeles al County Museum of Art. Nel 1970 si tiene una grande retrospettiva itinerante in varie sedi d’Europa, che si inaugura al Museum Boymans van Beuningen di Rotterdam. L’artista muore a Parigi il 18 novembre 1976.
Robert Mapplethorpe nasce nel 1946 a Long Island, terzo di sei figli in una famiglia cattolica della media borghesia. Negli anni Sessanta frequenta la scuola per le arti applicate, il Pratt Institute di Brooklyn, dove ha inizio il lungo sodalizio privato e artistico con la cantante Patti Smith. Dal 1971, incoraggiato dal curatore della sezione grafica di stampa e fotografia Metropolitan Museum, John McKendry, si dedica alla fotografia. Sostenuto nel suo lavoro dal collezionista Sam Wagstaff, Mapplethorpe diventa presto l’enfant terrible della scena culturale di New York, pubblicando le sue immagini shock del mondo gay. Tra il 1980 e il 1982 ritrae ripetutamente la campionessa di body building Lisa Lyon. Negli anni Ottanta le sue fotografie sono esposte nei più grandi musei e gallerie d’arte di tutto il mondo. Numerosi sono i libri monografici (alcuni postumi) tra cui: Lady, Lisa Lyon con un’introduzione di Bruce Chatwin, A Season in Hell (Una stagione all’inferno) sul testo di Arthur Rimbaud, Black Book (Libro nero), presentato da Ntozake Shange e Flowers (Fiori) con una dedica di Patti Smith. Malato di Aids, Robert Mapplethorpe si spegne nel marzo del 1989 a Boston.
Immagine: Robert Mapplethorpe, KenMoody, 1983
PressOffice Cristina Pariset
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Inaugurazione 23 marzo 2010 h.19
Fondazione Marconi
via Tadino, 15 - Milano
Da martedì a sabato, 10.30-12.30 e 15.30-19
Ingresso libero