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Arte.it (2001) Anno 1 Numero 2 maggio 2001



Le disordinazioni, i paradossi marginali e la vecchia arte contemporanea

Edoardo de Falchi



arte contemporanea e teoria della comunicazione
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Nel rapporto ambivalente che hanno non solo gli artisti, ma anche gli "antiartisti" con il sistema dell'arte è contenuta una contraddizione tipica di tutte le 'avanguardie'.
È abbastanza plausibile pensare che alcuni fuorilegge particolari, come contrabbandieri e spacciatori siano a favore del proibizionismo.

Può essere interessante stare sul confine (tra arte e anti-arte, ad esempio, o tra cultura 'bassa' e cultura 'alta', o tra rivoluzione e istituzione), ma per spostarlo, per sospenderlo, per toglierlo, non per fare del contrabbando da una parte all'altra.

La documentazione fotografica può forse "traghettare" un'operazione di "avanguardia" nei "quartieri alti della cultura" (Nardone). Ma è forse una questione di scarsa immaginazione? E dov'è il concetto in questa arte 'concettuale'?
Qual è poi l'effetto di questa operazione dell'avanguardia? Produce forse qualche cambiamento, da qualche parte, nel modo di pensare il sistema dell'arte?
E se non lo fa, in cosa consiste la sua innovazione?

Il compito di certe "avanguardie" artistiche sembra essere quello di preservare il sistema dell'arte anche ai suoi confini.

Ma allora: che bisogno si può sentire, di considerarsi degli avanguardisti, anziché dei semplici artisti, se non si cambia e non si vuole cambiare in qualche modo l'idea complessiva di arte?

Forse ogni artista non affermato è un artista d'avanguardia?
Cos'è che trasforma un fallito in un rivoluzionario? Un traghetto che lo espone nei quartieri alti?

Quale è poi la differenza tra costituire una avanguardia e il rappresentare semplicemente un precedente?
L'avanguardia è in un rapporto più stretto con il movimento e/o il comportamento diffuso che si produce in seguito. Non solo introduce una moda, ma la sostiene finché non è riuscita ad affermarla.

L'arte è sempre stata una elaborazione raffinata di contenuti già presenti in una tradizione, in una cultura popolare.I prodotti della cultura marginale - ovviamente - non hanno bisogno, in questo senso, di una avanguardia.La rielaborazione artistica della cultura marginale non ha certo bisogno di avanguardisti, semmai - si potrebbe dire - di artisti.

Naturalmente è possibile mostrare quanto vi sia di esteticamente valido in certe forme di comunicazione più o meno libere, spontanee, acerbe, rozze, popolari, ecc. Certo spesso alcune di esse sono "superiori" a tante opere di arte contemporanea esposte nei musei. Lo stesso, ad esempio, vale per i pranks. Effettivamente si tratta di una forma di arte, forse la più interessante da qualche anno a questa parte. Eppure non è stato finora possibile renderla istituzionale, o popolare, o redditizia. Da una parte è un peccato, perché appunto ci sono grandi artisti fra i pranksters, e con dei finanziamenti e una maggiore promozione potrebbero realizzare cose certamente notevoli. Ma dall'altra sarebbe assurdo pretendere anche una cosa del genere. Come artisti, sia i pranksters che i disordinatori sono troppo anti-artistici (troppo d'avanguardia).

In questo senso con l'arte le disordinazioni non c'entrano niente, a meno che non si cambi radicalmente l'idea di "arte" che è risultata finora dominante, grazie soprattutto alla fossilizzazione del sistema dell'arte (mercato e istituzioni). Questa idea d'altronde è ormai completamente inutile e priva di interesse. Ci si annoia solo a pensarci.

Ma il limite delle avanguardie artistiche come dell'anti-arte è proprio nel loro essere contro un'idea di arte ormai vuota di significato, in una posizione che si rivela alla fine conservatrice. Tralasciamo allora questa opposizione, che forse è più apparente che
sostanziale.Le disordinazioni intendono superare proprio questa nozione contraddittoria e assurda di arte, e di avanguardia artistica.

L'esperienza straniante, la situazione-limite, la comunicazione al di fuori delle logiche della cultura dominante, non il mercato, sono lo scopo delle
disordinazioni.

Il superamento proposto con le disordinazioni dell'idea normale, corrente, contemporanea, di arte è di certo un superamento di carattere negativo: come si può ancora credere in una cosa del genere? Di cosa si tratta, in definitiva?

Ogni tanto (sempre più di rado) qualcuno si attacca un quadretto astratto al muro e si ritiene (abbastanza) soddisfatto dell'idea che ha dell'arte. Va a vedere mostre di young british artists e magari si lascia sorprendere da una esposizione in stile neoclassico di mutande usate. Compra un'installazione di Pistoletto e pensa di aver fatto un buon investimento. Non si appiccica un adesivo con la scritta "non è vero" sulla tv, o sul frigo, o sulle mutande, o sul pistoletto. Però sarebbe meglio. Di fatto c'è qualcuno che fa cose del genere, peraltro anche senza sentire per questo il bisogno di cambiare il concetto dominante di "arte". Ad esempio sono diversi anni che i Jerky Boys pubblicano dischi esclusivamente di scherzi telefonici.

Malgrado lo scetticismo assoluto, l'intento puramente negativo, che caratterizza operazioni come le disordinazioni, esse contribuiscono comunque alla costruzione di una scena, di un movimento, di un contesto indipendente sempre più autonomo dai momenti istituzionali e imbalsamati della cultura ufficiale (ammesso che esista una cosa del genere).

C'è quindi un aspetto costruttivo ("avanguardistico") anche in queste operazioni, poiché con esse si intende costituire un diverso contesto di riferimento, che non coincide (se non saltuariamente, parzialmente, casualmente) con il cosiddetto sistema dell'arte o della cultura 'ufficiale'. In parte questo contesto esiste già, anche se ancora lo si considera come "sottoculturale", mentre in realtà già da tempo non corrisponde più a questa definizione. La marginalità sociale non può essere considerata un fenomeno marginale, vale a dire trascurabile. Processi tecnologici, economici e politici decisamente rilevanti hanno contribuito alla marginalizzazione e alla frammentazione di strati sociali sempre più ampi.

Inoltre la marginalità non può essere definita solo da un punto di vista sociologico. Esiste una marginalità filosofica, scientifica, psicologica, politica, artistica, musicale, logica, linguistica. Naturalmente non si tratta essenzialmente dei filosofi esclusi dal mercato o dalle istituzioni della filosofia, così come non si tratta necessariamente dei musicisti esclusi dal mercato o dalle istituzioni della musica, o dei politici senza partito, o degli scienziati matti. Si tratta piuttosto di quanto viene espulso da un ambito disciplinare (spesso surrettiziamente), in quanto è causa di paradossi e contraddizioni: contraddizioni che pur essendo perfettamente razionali non offrono altre soluzioni se non dei cambiamenti radicali. È questa marginalità il contesto di riferimento delle disordinazioni: il punto critico ma consapevole dell'insorgere dei paradossi, delle contraddizioni, dei cambiamenti radicali.