Jacopo Benassi, Alessandra Carossa, Nero e Matteo Sanna. Con media differenti che vanno dalla fotografia all'installazione, i giovani artisti contaminano lo spazio, se ne appropriano, lo alterano, gli infondono ricordi, esperienze e tracce del passato. A cura di Guido Cabib.
a cura di Guido Cabib
"...chiunque si introduce o si trattiene nell’abitazione altrui, o in altro luogo di privata dimora o nella appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si introduce clandestinamente o con l’inganno."
Venerdì 9 Aprile 2010 dalle ore 18.00, la galleria CHANGING ROLE in collaborazione con Salauno, Piazza di Porta San Giovanni 10, Roma, inaugura la mostra “Violazione di domicilio”, collettiva di Jacopo Benassi, Arianna Carossa, Nero e Matteo Sanna a cura di Guido Cabib.
Negli ultimo decennio abbiamo vissuto in Italia un forte incremento di attenzione, da parte di un pubblico sempre più numeroso, verso il cosiddetto sistema dell’arte contemporanea; ciò è indubbiamente servito a migliorare la visione complessiva dell’arte, portandola molto di più verso il presente senza dimenticare il passato. I fruitori sono aumentati sensibilmente, così come gli addetti ai lavori, siano essi, Gallerie, Fondazioni, Musei, artisti, critici e studiosi; tuttavia non ci chiediamo più come l’opera artistica incarni i valori di una società, non ci soffermiamo più al godimento emotivo che un opera può soddisfare; piuttosto ci chiediamo come funzioni il mercato dell’arte, come e da chi vengono comprate e vendute le opere d’arte, quale sarà l’artista che avrà maggior riconoscimento da parte della critica, come gli artisti si adattino alle condizioni in cui il loro lavoro verrà venduto ed in quale Museo (evento rarissimo in un Paese come il nostro che dà peso alle apparenze piuttosto che al mantenimento ed all’acquisizione di opere da lasciare ai posteri!) verrà poi collocato.
Così abbiamo assistito ed accompagnato una crescita del Sistema più indirizzata ad una Sociologia del Lavoro e del mercato piuttosto che alla Sociologia dell’arte, che definisce l’arte come un fenomeno a sé, in cui la creatività viene alla luce e il carattere peculiare di una società trova, specialmente nelle opere del genio, la sua espressione.
La mostra, che è la prima esperienza collaborativa tra i due spazi espositivi, nasce con l’intento di recuperare, attraverso le opere dei quattro giovani artisti, il primato dell’ ”Opera” su tutta la catena del Sistema.
Abbiamo assistito ad acquisizioni smisurate fatte solo sul nome dell’artista, come se fossero “blu chip” obbligazionarie ed azionarie, molto spesso si acquisisce un’opera solo perché prodotto creativo di un Artista “di cui tutti parlano”, che aveva sì dato vita ad opere di estremo valore sociale ed emotivo, ma che nella condizione di grande successo economico aveva dimenticato, per dare importanza all’aspetto di vendibilità, quanto fosse importante il rapporto costante con la sua anima, le sue visioni, i suoi migliori afflati emotivi.
Si ammirano opera ed artista che l’ha creata e non viceversa. Un breve viaggio nella Storia dell’arte, anche solo del nostro Paese (Paese che in millenni di storia non ha mai smesso di produrre Arte), basterebbe per capire quanto sia importante il Prodotto artistico piuttosto che tutto il sistema che gli gira attorno; le Gallerie, le Fondazioni e gli stessi Musei sono contenitori, i critici e gli storici sono attenti lettori; entrambi con le loro attività possono addirittura distogliere l’attenzione dall’Opera.
Un altro aspetto importante da tenere presente è che gli artisti, svincolandosi nel secolo scorso, dalla morsa creativa legata al circolo virtuoso mecenate-committente-mercante, hanno potuto rendersi totalmente liberi ed utilizzare la loro capacità creativa rivolgendo il proprio sguardo direttamente alle loro emozioni, alla loro “sfera intima”.
Quando, nel 1958, Allan Kaprow pubblicò su ARTNWES il saggio L’eredità di Jackson Pollock, pur riferendosi al lavoro dell’artista scomparso due anni prima, regalò al mondo dell’arte un programma per il futuro della stessa, affermando a ragione che: ”…. I giovani artisti d’oggi non hanno più bisogno di dire: ”sono un artista” o “un poeta” o “un ballerino”. Sono assolutamente “artisti”. Tutta la vita è aperta a loro. Scopriranno il senso dell’ordinarietà per mezzo di cose ordinarie. Non tenteranno di renderle straordinarie, ma si limiteranno a stabilire il loro significato reale” ed ancora: ”…Oggetti di qualsiasi genere costituiranno materia per la nuova arte: pittura, sedie, cibo, luci elettriche, neon, fumo, acqua, calzini usati, film, un cane e mille altre cose che saranno scoperte dalla nuova generazione di artisti.
Non si può fare a meno di restare ammirati di fronte alla preveggenza di Kaprow in queste righe!
Dagli anni Sessanta in poi, molta arte d’Avanguardia realizza la sua profezia, o per lo meno concorda con questo o quell’aspetto della sua descrizione; ancora oggi gli Artisti continuano su questa linea adattandola ai nuovi linguaggi visivi e tecnologici.
Si può quindi agevolmente sostenere che un’opera d‘arte oggi sia da assimilare ad una “privata dimora”, in quanto è quasi sempre espressione intima di una artista e resta per sempre di appartenenza ideologica dello stesso.
Allora cosa accade quando i fruitori, siano essi collezionisti o meno, si appropriano delle emozioni, dell’intimità espressa da un opera?
Quando gli artisti espongono le loro opere si prestano ad una violazione della loro intimità che nel contempo soddisfa, quando viene accettata e condivisa, i bisogni emotivi non materializzabili dei fruitori, creando un rapporto quasi sado-masochistico tra artista ed osservatore-fruitore.
L’opera non va descritta, non va illustrata, ma va vista sentita e letta. Attraverso di essa si deve creare un afflato, un cortocircuito emotivo, che se avviene è l’esperienza più forte che si possa avere e provare nella nostra vita, è un sentimento che si avvicina ad un amore viscerale.
Gli artisti presentati, accumunati anche dall’uso poliedrico di Tecniche artistiche, non hanno prodotto le loro opere cercando di rappresentare un tema,
sono esclusivamente uniti per la forte connotazione intimistica ed emotiva dei loro lavori; il coraggio di offrire, di mostrare il loro vissuto emozionale e di cercare fruitori che osservando le opere, condividano le stesse emozioni, diviene un rapporto amoroso che continua sempre anche quando passa da fruitore a fruitore, perché l’opera d’arte è l’oggetto del desiderio emotivo ed intellettuale di coloro che lo condividono e lo cercano.
Jacopo Benassi (La Spezia, 1970) vive e lavora a La Spezia
Arianna Carossa (Genova, 1973) vive e lavora a Milano
Nero - Alessandro Neretti (Faenza, 1980) vive e lavora a Faenza
Matteo Sanna (San Gavino Monreale, 1984) vive e lavora a Roma
Inaugurazione 9 aprile ore 18
Galleria Sala 1
piazza di Porta San Giovanni, 10 - Roma
Orario: Martedi-Venerdì 16.30-19.30
Ingresso libero