Viaggio al termine della natura. La mostra, a cura di Sandro Parmiggiani, rende omaggio a Ennio Morlotti, Mattia Moreni e Pompilio Mandelli. I tre artisti sono presenti con circa 15-20 lavori ciascuno, provenienti da istituzioni pubbliche e collezioni private, con particolare riferimento al ventennio racchiuso tra i primi anni Cinquanta e la meta' degli anni Settanta.
A cura di Sandro Parmiggiani
Morlotti, Mandelli, Moreni, ovvero, stando alla celebre definizione di Francesco Arcangeli, "gli ultimi naturalisti".
L'assunto del grande critico viene indagato in una estesa rassegna in cui i tre pittori "modernamente neoromantici" sono messi a confronto, con oltre 50 dipinti a documentare l'intero loro percorso. L'occasione è offerta dalla Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo che dal 24 aprile al 4 luglio propone "Morlotti Mandelli Moreni. Viaggio al termine della natura". La mostra, promossa dalla Fondazione presieduta da Manfredo Manfredi, è curata da Sandro Parmiggiani.
"Coi suoi possibili limiti, ma con la sua reale autenticità,
l' 'ultimo naturalismo', anche se fu formulazione meno arrischiata
(ma meno astratta per qualche aspetto) del più tipico 'informel',
tentò di spostare in qualche modo la frontiera del rapporto
con la natura rispetto al secolo che ci ha preceduti" (Francesco Arcangeli)
Nel 1954 il critico Francesco Arcangeli pubblica su "Paragone", mensile di arte e letteratura diretto da Roberto Longhi, un articolo intitolato Gli ultimi naturalisti, nel quale viene individuato in ambito informale l'estremo sussulto della pittura di natura, seppure con linguaggio indiretto e allusivo. "Natura è la cosa immensa che non vi dà tregua, perché la sentite vivere tremando fuori, entro di voi": è uno "strato profondo di passione e di sensi" in cui, secondo il critico bolognese, si trovano all'unisono "felicità" e "tormento". Questa condizione "traboccante, inquieta, eppure ancora terribilmente amorosa" è al centro dell'indagine pittorica, fra gli altri, di Ennio Morlotti, Pompilio Mandelli, Mattia Moreni. Gli "ultimi naturalisti" cui fa riferimento il titolo del saggio sono in un qualche modo gli eredi di una tradizione tutta italiana, specificatamente padana, che ha in Wiligelmo, Foppa, Caravaggio, Crespi e Fontanesi i suoi capisaldi. A differenza dei maestri del passato, i pittori informali citati da Arcangeli vivono la natura come una situazione "profondamente e amorosamente angosciata, quasi medianicamente intuita".
L'incubo della catastrofe nucleare, così acutamente sentito nel dopoguerra e negli anni Cinquanta, e un latente "mal di vivere", li spingono verso una deriva esistenzialistica che si riverbera nelle loro opere. Per "ultimo naturalismo" Arcangeli intende dunque un'arte che pone la natura al centro della visione, non come forma o idea, ma come impasto fisico di vita e morte, come "ciclo di stagione, di rigenerazione", una natura "che si guarda, si respira, si sente, si soffre, ancor prima che la si dica in parole". Nel 1957 Arcangeli pubblica, sempre su "Paragone" un secondo articolo, Una situazione non improbabile, che si pone in diretta continuità con il primo e fornisce una prima risposta alle varie critiche rivoltegli. Arcangeli rivendica l'esistenza di "una prima e indistruttibile naturalità, vigente anche quando ogni altra cosa sembra venir meno", e richiama la necessità di "un ritorno alla natura" come "condizione immemorialmente anarchica", finalizzata a una "ricarica" contro "esaurimenti, inerzie, formalismi". La risposta sottolinea ulteriormente la componente romantica del pensiero ultimo-naturalista, o, forse meglio, il suo ancoraggio a una "emozione modernamente neoromantica" sottesa alla realizzazione artistica.
Accostatisi alla poetica arcangeliana per un tempo più o meno lungo, Ennio Morlotti (Lecco, 1910 - Milano, 1992), Pompilio Mandelli (Villarotta di Luzzara, Reggio Emilia, 1912 - Bologna, 2006), Mattia Moreni (Pavia, 1920 - Ravenna, 1999) ne sono, in misura diversa, affascinati e la interpretano ognuno a modo proprio, traendone linfa per altre avventure che li porteranno in direzioni spesso divergenti e ad approdi anche molto lontani. Nel 1956, Morlotti (presentato da Testori), Mandelli (presentato da Arcangeli) e Moreni (presentato da Tapié) sono presenti nelle sale della Biennale di Venezia e incarnano (assieme a Ruggeri, Saroni, Vacchi, Bendini, Pancaldi, Giunni) il volto che l'"ultimo naturalismo" ha assunto in quegli anni. I percorsi dei tre artisti saranno presto diversi: del resto, lo stesso Arcangeli nel febbraio dello stesso anno (presentazione della mostra di Mandelli alla Galleria "Il Milione" di Milano) parla del lavoro di Moreni come qualcosa che già si va ponendo a latere, intuisce che egli "'estroverte' con violenza personale motivi probabilmente analoghi" a quelli di Morlotti e Mandelli, e precisa acutamente, in occasione della Biennale, che Moreni "estroverte il rapporto in un dialogo simbolico, fra un cielo alieno eppur fisico, e vegetazioni ed esseri fulminati."
Quel che avviene dopo è noto. Morlotti dà vita una pittura di straordinaria intensità creativa e lirismo, che pare quasi volere riproporre l'immediatezza della natura nella sua turgida materia e nei suoi colori assoluti; dopo il personale tributo a Arcangeli in occasione della morte del critico (1974) con la serie dei Teschi, approda verso la fine della sua vita alle Bagnanti, figure di derivazione cézanniana che s'ergono libere dal magma materico-naturale in cui erano state in precedenza imprigionate.
Mandelli mantiene per tutta la vita, nei confronti del "compagno di strada" ed amico Arcangeli, anche dopo la sua scomparsa, una sorta di devozione, lavorando attorno e scavando nei due motivi, il paesaggio e la figura, su cui si era fin dall'inizio soffermato, mutando negli anni Settanta la stesura del gesto pittorico, più disteso e abbandonato, e ritornando, negli ultimi anni, a rivisitare, con il ciclo delle Mannequins, le sue ascetiche figure degli anni Quaranta.
Moreni, infine, presto abbandona l'informel degli anni Cinquanta, impregnato della straordinaria carica gestuale che gli è propria e che ricorda quella dell'espressionismo astratto americano, per avviare una ricognizione panica della natura, in cui già affiorano pulsioni erotiche: il ciclo delle Angurie, che negli anni Settanta si fa esplicitamente sesso femminile, per poi, attraverso l'assunzione di un linguaggio marcatamente espressionista, caratterizzato dai rilievi materici e dal canto del colore, inoltrarsi sulla strada di un'ironia impietosa e dissacrante, che non raramente investe l'artista stesso - si pensi ai cicli che alludono alla Regressione della specie e alla sua deriva verso l'Umanoide, in cui egli esprime una sorta di angosciata sensibilità, una volontà di strenua difesa dei valori della natura e del corpo umano, intesi come nuclei, baluardi di sensorialità e passionalità, contro la sempre più invasiva minaccia della macchina e del computer.
La mostra alla Fondazione Magnani-Rocca non casualmente intende rendere omaggio a Ennio Morlotti nel centenario della nascita (1910) e a Mattia Moreni nel novantesimo anniversario sempre della nascita (1920). Morlotti, Mandelli, Moreni - emblemi degli "ultimi naturalisti" - sono presenti con un numero limitato di lavori (circa 15-20 ciascuno, anche in relazione alle loro dimensioni), tutti assai selezionati, provenienti da istituzioni pubbliche e collezioni private, con particolare riferimento al ventennio racchiuso tra i primi anni Cinquanta e la metà degli anni Settanta, mentre gli esordi e gli ultimi approdi dei tre artisti sono necessariamente documentati da un numero ristretto di opere.
In occasione dell'esposizione viene pubblicato un catalogo con testi di Sandro Parmiggiani e Claudio Spadoni, una selezionata antologia critica, conversazioni con tre collezionisti (Mario Matasci, Giuseppe Bertolini, Serafino Penazzi) che hanno fatto, rispettivamente di Morlotti, Mandelli e Moreni, il fulcro delle loro collezioni, e la riproduzione delle cinquanta opere in mostra.
Immagine: Mattia Moreni, La caduta, 1956
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Ufficio Stampa: Studio Esseci
Sergio Campagnolo tel. 049 663499 info@studioesseci.net
Inaugurazione venerdì 23 aprile, ore 17
Fondazione Magnani Rocca
via Fondazione Magnani Rocca 4 - Mamiano di Traversetolo (PR)
orario: dal martedì al venerdì orario continuato 10-18 (la biglietteria chiude alle 17)
sabato, domenica e festivi orario continuato 10-19 (la biglietteria chiude alle 18).
Ingresso: E 8,00 valido anche per le raccolte permanenti - E 4,00 per le scuole.
Aperto anche 25 aprile, 1° maggio e 2 giugno.