Le navigazioni esistenziali. In queste tele la figura, una vera e propria temperantia della realta', si scompone, sopravvive in frammenti, si ricompone.
Sabato 24 aprile 2010 alle ore 18:00 presso la Galleria CM Artestudio, Via dei Bertani, 28 a Mantova si inaugura la mostra personale Claudio Malacarne dal titolo “Le navigazioni esistenziali “.
In occasione della presentazione del catalogo “Le navigazioni esistenziali” curato da Floriano De Santi, l’artista Claudio Malacarne presenta i suoi ultimi lavori.
[..] Nei suoi quadri – a partire da Federica in blu del 2001 e da Tuffatrice dell’anno seguente – la figura, che è una vera e propria temperantia della realtà, si scompone, sopravvive in frammenti, si ricompone, unendosi ad altri frammenti, ad altre immagini ancora, in cui prende il sinolo di visibile e invisibile. Poiché lo sguardo penetrante non si arresta alle configurazioni date ma sa scorgere i mondi possibili, ampliando così l’esperienza attraverso la moltiplicazione dei significati, Malacarne giudica la possibilità creativa una categoria di pensiero ontologicamente superiore a quella della mera impressione fenomenica. Per estensione, nella sua produzione figurativa, potremmo ipotizzare che persino la singola immagine sia già di per sé una costellazione di immagini, qualcosa che porta in sé l’informe da cui si è generata, il tempo che ha attraversato, il presente che illumina il futuro con il suo improvviso lampeggiare.
[…] L’orientamento essenziale della poiesis pittorica di Malacarne è nell’attesa, l’incertezza della dimora nella quale l’assenza è da considerarsi una vera e propria Leitwort, un destino di silenzio dopo ogni figura, dopo ogni scheggia, fino a giungere alla possibilità di far entrare nello spazio di rappresentazione il silenzio. In effetti, nel silenzio dell’acqua in una piscina, si rintraccia il puro inizio, il puro pensiero per immagini: ecco perciò la difficoltà fondamentale per la pittura simboleggiata dal vuoto della tela o del foglio. Se pienezza del colore e vuoto della superficie potessero consistere nella medesima natura, allora ci sarebbe l’incontro dell’origine dell’oblio, della lotta della “parola” contro il silenzio, come nel mito di Orfeo ed Euridice. Ma per fare questo occorre attraversare il caos delle forme, risalire il pendio dell’autotes, dell’“essere per sé”, senza necessariamente negare che la risalita nella scaturigine ontologica consenta uno sguardo retrospettivo verso il disordine che si lascia alle spalle.
Al pari di uno specchio la cui superficie lucida trattenga l’apeiron della luce, la sua epifania, l’acqua in Riflessi del 2006, Controluce dello stesso anno e Swimming pool del 2009, è una metafora visiva dei “confini del mondo”, dove non c’è verità oggettiva né tempo, perché il passato è presente e avvenire. Nella pittura di Malacarne tutto passa, cambia e si trasforma, proprio come hanno sempre fatto i narratori visionari dell’epoca di Omero, quando le sorti del racconto erano nelle mani di due personaggi colorati, multiformi e simulatori, come Odisseo e Proteo.
[…] Nel lavoro più recente di Malacarne – da Relax sincronizzato a Fare il morto, da Bagnanti allo Squalo –, pur nel suo riflesso speculativo, operano due spinte uguali e contrarie: una orientata all’interiorizzazione di un tempo breve (al quale si addice l’istantaneità del flash) in sostanziale sintonia con il “credo artistico” di un Willy Sitte o di un Vladimir Velickovic; la seconda, una volta acquisito quel temperamento mediterraneo che, come nella theoria di Nietzsche, stempera il freddo espressionismo nordico e indulge all’empatia, approdando ad una figurazione che esplora il visibile, che lo genera senza avvalersi di un modello da riprodurre, e lascia affiorare sulla superficie della tela la configurazione simbolica suggerita inconsciamente dalla “necessità interiore”. Ma in Giochi d’estate e in Verde acqua c’è contemporaneamente, sebbene meno palese, la posizione del voyant, del contemplare. E mentre il voyeur ad esempio di Amiche non sa ciò che sta per scoprire, il voyant sa quello che guarda: la registrazione sensoria di uno sguardo di verità totale lungo i vortici degli istinti che scompaginano, erodono, esaltano le forme.
“Tanta anima mi cresce nella carne, che mi sembra di non avere quasi più carne”, afferma D’Annunzio. Anche Malacarne nel polittico Animal feeling del 2008 ha la sensazione di vivere a metà: tra l’estremo del corpo e il limitare dell’anima: tra la sensualità che si sfibra e lo spirito che sogna i propri sogni smisurati. Tutto lì, sembra senza limiti: lo spirito senza riva, il corpo senza forma; i confini dell’anima si perdono (gli eraclitei psyches peirata), i confini del corpo si cancellano. La vita è qualcosa di fluttuante e d’inesplicabile: trasognata, inquieta, indifferente; e l’invisibile gli viene incontro e gli penetra in cuore, come quello che il poeta di Alcyone attribuisce a Narciso. Ma anche l’occhio di Malacarne è pieno d’acqua dolce e marina: la pioggia che cade “pianamente, quasi melodiosamente” sui roseti notturni; il torrente che scorre sopra la pietra, odorando di fresco, mentre la ripa erbosa è intenta al fluire; la fontana del giardino che trabocca di tazza in tazza; la marea che strepita contro le rive levigate del Mediterraneo. Poi, come in trance, il pittore comincia a dipingere ombre, meandri, angoli, arabeschi, ondulazioni, colori azzurri e verdi come quelle delle antiche mattonelle persiane. Tutto sembra fermo per un istante; se non che ogni pennellata tracciata si spegne, si cancella, si dilegua nello spessore della materia, come nella rapidità di una corrente scura.
Testo di Floriano De Santi
Inaugurazione 24 aprile ore 18
Galleria CM ARTESTUDIO
via Bertani n. 28 Mantova
dal giovedì alla domenica dalle 16.30 alle 19 e su appuntamento
ingresso libero