L'importante rassegna che apre il 10 giugno agli Uffizi, nelle Sale espositive al primo piano, intende portare all'attenzione del pubblico, attraverso il mito della fanciulla fenicia rapita da Giove in forma di toro e trasportata a Creta, l'origine antichissima del nome di Europa.
La leggenda è stata variamente interpretata dagli antichi e dai moderni, mentre dal nome della sua protagonista - di origine semitica e forse collegato a una voce che significa Occidente - sarebbe derivato quello di Europa, la terra a Occidente dell'Asia Minore. Si tratta quindi un tema molto attuale nell'odierno contesto internazionale, politico e storico.
Promossa dal Ministero per i Beni e le Attività culturali, dalla Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Fiorentino, dall'Opificio delle Pietre Dure di Firenze e da Firenze Musei, curata da Cristina Acidini Luchinat con Elena Capretti, affiancate da un autorevole comitato scientifico, la mostra vuole illustrare, attraverso circa centocinquanta opere di pittura, scultura, arti decorative, manoscritti, i principali episodi del mito che, pur breve, occupa una posizione cardine nell'impianto dell'intera mitologia greco-romana.
Ogni civiltà , ogni idemtità culturale, ogni aggregazione artistica ha inoltre interpretato il mito a suo modo, secondo le istanze dominanti del proprio momento storico ed è quindi affascinante scoprirne le varianti e gli sviluppi attraverso il percorso della mostra che si articolerà per nuclei tematici o tipologici all'interno di un cammino essenzialmente cronologico.
Già le arti figurative classiche si erano largamente ispirate al mito d'Europa in bassorilievi, pitture vascolari, mosaici, gemme e cammei, tra cui le semplici figure sulle metope di Selinunte e il famoso affresco pompeiano ora nel Museo Nazionale di Napoli. La riscoperta del mito avviene però nella cornice del più generale ritorno della mitologia mediterranea, grazie all'appassionato interesse per gli autori latini e greci da parte degli Umanisti dal XIV secolo in poi: Boccaccio, Poliziano, Liberale da Verona, Filippino Lippi tramandano i racconti di Ovidio, Orazio, Luciano e, con l'affinarsi dei costumi sociali, Europa viene rappresentata come eroina e sposa.
Nel Cinquecento, sull'esempio di Bernardino Luini e Raffaello, Europa compare invece entro cicli mitologici complessi, che esaltano il tema degli Amori di Giove, così come le fantasiose immagini di viaggiatrici marine. A Venezia, probabilmente anche in relazione al ruolo geopolitico della città come avamposto del continente contro l'Islam, il mito e l'immagine di Europa godono di grande successo per tutto il Cinquecento: molti tra i più importanti artisti dell'epoca, Giorgione, Tiziano, Tintoretto, Veronese, Bassano si dedicano a questo tema. Del Tintoretto è memorabile la raffigurazione di quattordici metamorfosi negli ottagoni di un soffitto a Modena, nella Galleria Estense, Tiziano stabilisce l'iconografia del Ratto come evento sconvolgente, percorso di suggestioni erotiche, Veronese crea invece la situazione galante dell'abbellimento d'Europa e del toro prima del ratto vero e proprio, Bassano infine offre una singola versione ''di genere'' con Europa e il toro ben lontani e un primo piano invaso da armenti.
Nell'allegorismo cinquecentesco i caratteri geografici assumono spesso l'aspetto di personificazioni maschili o femminili. I continenti non sfuggono a questa convenzione rappresentativa: divenuti quattro dopo la scoperta dell'America, sono rappresentati da matrone circondate da attributi che ne identificano i tratti culturali e naturali salienti. Europa diviene così talvolta la fanciulla del mito, con il toro al fianco, più spesso una regina titolare della dignità imperiale, della supremazia religiosa, delle scienze, delle arti, delle lettere, o ancora, tra Cinque e Seicento, la donna-continente lacerata e afflitta dalle guerre e divisioni religiose. Anche gli artisti fiamminghi e olandesi attingono al mito, ambientandolo in scene naturalistiche molto curate nei dettagli.
E' poi nella pittura emiliana del Cinque e Seicento che il mito d'Europa viene riconsiderato su basi completamente nuove. Svincolata da ogni accenno di allegorismo politico, l'immagine della fanciulla rapita che va per mare sul candido toro riprende la carica di fantasiosa sensualità che aveva a suo tempo animato le descrizioni degli autori antichi. I delicati impasti cromatici suggeriscono la dolcezza atmosferica della marina, la freschezza delle forme giovanili della protagonista e delle compagne, il languido smarrimento della rapita, espresso con gestualità teatrale. Annibale Carracci dedica un intero ciclo di affreschi al tema, così come Francesco Albani e Guido Reni ne offrono magistrali interpretazioni.
Il tema ha una grande fortuna ed è trattato nel Seicento da diversi pittori di varie nazioni e correnti artistiche. In certi quadri di Piola, l'Orbetto, Baroni, Vouet la coppia Europa-toro è mostrata in primo piano dando luogo a una visione ravvicinata e diretta di grandi figure di ascendenza caravaggesca. All'opposto altri pittori, come Claude Lorraine, diluiscono la presa emotiva del soggetto, allontanandolo entro un'ampia cornice paesistica. Altri ancora, come Padovanino e Luca Giordano, orchestrano composizioni affollate di semidei marini, di eroi in volo, di fanciulle gesticolanti tra gli armenti. Rubens e Jordaens tra gli Olandesi, Poussin e Coypel tra i Francesi studiano il tema a più riprese e con esiti sempre diversi.
Nel Settecento, lo spunto offerto dal Veronese due secoli prima con la sua versione galante di Europa viene raccolto e sviluppato, specialmente nel Veneto, da Tiepolo, Zais, Crosato. Il momento prima del ratto diviene una vera e propria ''toeletta'' di Europa, assimilata così a una sposa che si prepari alla cerimonia assistita da amiche e cameriere. Con questa interpretazione mondana del mito saranno in sintonia soprattutto gli artisti francesi come Watteau e Boucher.
Dopo l'Ottocento, in cui il tema appare oscurato dalla pittura di storia, che predilige richiami alle tradizioni culturali locali in ossequio al concetto di ''nazione'', Europa riconquisterà il campo dell'arte nel Novecento, prima tra i Simbolisti, con interpretazioni di altissima qualità in Gustave Moreau, poi con Picasso che recupera le arcaiche mitologie taurine mediterranee, infine con Klee, Ernst, Kiefer, Beuys ed altri dove prevale l'interesse a raffigurare Europa in chiave politica, alla luce delle drammatiche vicende del secondo conflitto mondiale. Questa sezione in particolare esplora i significati del mito anche rispetto alla polarizzazione tra fascismo e antifascismo, all'emancipazione femminile sino ai più utopici tentativi di coniugare l'Oriente con l'Occidente.
Un percorso intenso che si snoda lungo l'arco di oltre nove secoli con al centro la figura bellissima, declinata in tanti diversi modi e linguaggi, della giovane fanciulla il cui nome racchiude la storia del nostro continente.
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