Postnatural. Esponente della web art italiana, alla quale ha fornito negli ultimi anni uno dei contributi piu' originali, Costa presenta una serie di lavori realizzata per l'occasione e ancora del tutto inedita: le Arene del ciclo Posnatural.
a cura di Valerio Dehò
Da Emmeotto la prima mostra romana di Giacomo Costa, l’unica che l’artista presenterà in Italia nel corso del 2010. Protagonista indiscusso della web art italiana, alla quale ha fornito negli ultimi anni uno dei contributi più originali, Costa presenta una serie di lavori realizzata per l’occasione e ancora del tutto inedita: le Arene del ciclo Posnatural. Accanto alla produzione più recente la mostra propone un excursus delle fasi più note del lavoro dell’artista toscano in un percorso chiaro e articolato che consente di comprendere a pieno l’inconfondibile poetica delle sue visionarie macchine virtuali dipinte in 3D con la stessa tecnologia del cinema di fantascienza.
“Dopo il sopravvento della natura sulla civiltà umana poche tracce resteranno visibili. Le grandi città, simbolo della forza geniale ed autodistruttiva dell'uomo, saranno inglobate nel tessuto naturale... Le arene, da sempre luogo simbolico della passione collettiva e dello sfogo di quella aggressività che ha caratterizzato l'umano agire, saranno gli unici edifici visibili, quasi a monito della follia umana. Così come lo è stato il Colosseo, gli stadi resteranno luoghi della memoria a cavallo tra follia e passione, violenza e sopraffazione, perfetta metafora della storia umana.”
Il testo fa pensare al trailer di un kolossal fantascientifico-apocalittico prossimamente in uscita nelle sale cinematografiche e invece è la descrizione delle Arene, inediti lavori di Giacomo Costa, quarantenne digital-artist fiorentino oramai consacrato da fama internazionale, in mostra per la prima volta a Roma da Emmeotto. Accanto alle Arene viene esposta una selezione di opere realizzate nel biennio 2008-2009 e che rappresentano un po’ l’antefatto di Postnatural, ultimo episodio di una saga visionaria in cui il futuro possibile viene raccontato per immagini: immote vedute di assoluta perfezione formale che mimano alla perfezione la fotografia ma sono in realtà interamente disegnate in 3D.
“ Compongo immagini per testimoniare la mia visione del mondo in chiave metaforica, con un intento di forte impatto emozionale verso chi guarda. Ho adottato il mezzo fotografico perché mi è parso il più idoneo a realizzare lo scopo. In primo luogo per la sua immediatezza di lettura e poi per quel forte pregiudizio di verità che da sempre lo accompagna. Nella nostra mentalità la fotografia ha valore di documento, prova certa dell’esistente. Il mito della veridicità fotografica è così potente che anche di fronte al più surreale dei fotomontaggi si rimane inizialmente spiazzati e predisposti a cadere nell’inganno”.
Le perturbanti Still Towns di Giacomo Costa sono moderne Vanitas, immagini che veicolano attraverso la bellezza un severo monito morale: “Ricorda che potrebbe andare così”. E sono dipinte in qualità fotografica affinchè l’apparenza della veridicità renda quel monito del tutto convincente.
Per realizzare i suoi trompe l’oeil del disastro prossimo venturo Costa si affida ai software usati nel mondo del cinema e degli effetti speciali. La sua perizia nell’utilizzarli è oramai leggendaria e ha indotto i produttori dei sofisticati programmi che utilizza ad ingaggiarlo come consulente informatico. “I miei dipinti in 3D richiedono almeno un mese di lavoro. Il procedimento di costruzione virtuale è molto complesso e si articola in due tempi: prima progetto e disegno un’intera città e poi la fotografo, ragionando rispetto a quel mondo appena inventato esattamente come ragionerei se dovessi fotografare una città reale. E siccome solo allora decido quale sarà l’inquadratura finale, cosa apparirà in primo piano e cosa sullo sfondo, in prima battuta sono costretto a disegnare con dovizia di particolari ogni minimo dettaglio.”
L’eccellenza formale è un tratto distintivo del lavoro di Costa, che imputa l’ossessione per la perfezione ai trascorsi di fotografo analogico con tanti anni di camera oscura alle spalle. Ama raccontarsi con leggerezza, evidenziando così un’altra peculiarità del suo profilo e cioè l’essere perennemente in bilico tra la tensione morale e politica testimoniata da opere visionarie – vere e proprie finestre aperte sull’Apocalisse - e la surreale ironia che travolge chiunque si avventuri nel suo sito web, il più divertente che mente d’artista abbia mai concepito (www.giacomocosta.com). “ Sono nato a Firenze nel 1970. Da ragazzo facevo il teppistello con gli amici sul muretto di San Marco, tra quelle fughe di prospettive e palazzi che nei miei lavori tornano sempre.
I compagni con cui dividevo il tempo erano Stefano Bollani, Irene Grandi, Silvia Boschero e i ragazzi della Bandabardò. A fare l’artista non ci pensavo proprio, inseguivo altri sogni: prima il motocross e poi la passione per la montagna. Così, mentre gli altri diventavano rockstar, in montagna mi ci sono trasferito per fare il mestiere dell’alpinista.. La fotografia è arrivata per necessità. Bisognava che uno della cordata realizzasse degli scatti per gli sponsor tecnici delle scalate e l’incarico è toccato a me. Quando, a causa di un grave incidente, sono tornato in città, avevo 24 anni e l’unica cosa che sapevo un po’ fare era quella, la fotografia. A capire che non ero fatto per lavorare su committenza ci ho messo peraltro pochissimo, così ho lasciato la fotografia commerciale e ho cominciato a fare quello che faccio adesso”. E cioè a fotografare i sogni prodotti da una fantasia senza freni per raccontare la sostanza morale di un’epoca.
Il successo ottenuto dalla ricerca di Giacomo Costa anche sulla scena internazionale dimostra che nel campo della web art si apre una nuova stagione per l’arte contemporanea italiana. Ne sono protagonisti, insieme a lui, giovani artisti in rapporto di nessuna sudditanza con quanto succede all’estero. E che all’estero piacciono per la loro capacità di mettere in fertile colloquio l’assoluta padronanza delle nuove tecnologie con il grande patrimonio della tradizione italiana.
Inaugurazione giovedì 6 maggio 2010 dalle ore 19,00
Emmeotto
via Margutta 8, Roma
Orario: da martedì a sabato 11,00-14,00 e 15,00-20,00
Chiuso lunedì, domenica e nei giorni festivi
ingresso libero