Corrima
Rosamaria Francavilla
Romano Sambati
Fernando Schiavano
Carlo Michele Schirinzi
Marinilde Giannandrea
Le opere in mostra riflettono intorno al significato di sostare, nel senso di sapere stare, fermarsi, contemplare, darsi tempo. Gli artisti in mostra vivono e operano tutti nel Salento e la loro produzione si colloca dentro una condizione di appartenenza ad un luogo e ad una terra.
a cura di Marinilde Giannandrea
Artisti: Corrima, Rosamaria Francavilla, Romano Sambati, Fernando Schiavano, Carlo Michele Schirinzi
SOSTARE A SUD
Marinilde Giannandrea
La scelta del titolo di una mostra è tema piuttosto delicato perché si tratta di mediare tra la sintesi di un idea e l’esigenza più pratica di comunicare efficacemente al pubblico il proprio progetto espositivo. E la scelta diventa ancora più complessa quando si decide di avventurarsi in territori vicini e già esplorati perché parlare di sud è fatto consueto, soprattutto se ci si abbandona a identitarismi stereotipati o a esaltazioni folcloriche o se ci si difende dagli attacchi di chi ci vede sempre e inevitabilmente minoritari. Parlare a sud è tutt’altra cosa, soprattutto se decidiamo di restare testimoni consapevoli di un luogo, nel quale per destino, per volontà o per caso ci siamo fermati. Quindi sostare, nel senso di sapere stare, fermarsi, contemplare, darsi tempo perché gli artisti in mostra vivono e operano tutti nel Salento e la loro produzione si colloca esattamente dentro una condizione di appartenenza ad un luogo e ad una terra.
Appartengono a storie e a generazioni eterogenee e costituiscono un piccolo frammento della complessità di un mondo che normalmente viene etichettato per essere più facilmente svenduto. Una geografia di voci, oscillante tra presente e futuro, che racconta la poetica di una di frontiera con risultati sorprendenti per capacità evocative ed innovatrici, con modi, forme ed esperienze diverse, sempre lontane dalla dimensione di stereotipo, oleografia, luogo comune. La materia delle loro opere non ha nulla di compiaciuto, di inutilmente contemplativo, si sviluppa in un percorso di ricerca che consente di oltrepassare i confini di un’arte chiusa “...a contemplare il proprio ombelico” (1). Gastone Novelli sosteneva che l’esistenza di un artista è impegnata dalla pratica continua del proprio universo e che in questo modo di essere si manifesta la vera funzione dell’opera (2).
In questo senso l’azione di questi cinque autori coincide esattamente con il senso della loro esistenza e con la capacità di stare e tradurre i luoghi nei quali vivono. Non è interessante sapere se la condizione nella quale si trovano sia una scelta o una costrizione, è invece utile capire come abbiano saputo fare della propria condizione individuale una chiave di penetrazione dei meccanismi profondi della propria dimensione geografica nella concretizzazione di quel pensiero necessario di cui parta Franco Cassano “...quello che viene su da solo, da un accordo tra mente e mondo” (3). Sostare per Corrado Marra significa dipingere per passione, seguendo gusti ed emozioni eclettiche alla ricerca di colore e di luce. E significa decidere di aprire uno spazio – galleria nel quale promuovere coraggiosamente la contemporaneità in una città ricca di storia e di arte come Galatina.
Sostare per Rosamaria Francavilla significa operare a Lecce dentro una condizione di femminilità profonda nella quale l’essere donna ha a che fare con una ricerca che l’ha portata negli ultimi anni ad esplorare le potenzialità visive ed espressive della materia-cibo, del lavoro artigiano e della cura. Sostare per Romano Sambati significa stare dentro la natura, ascoltarla per entrare dentro il suo respiro più profondo. La sua scelta di isolamento, e proverei a dire di solitudine, lo spinge a lavorare in eremi immersi nel breve tratto di terra che va da Lecce a S. Pietro in Lama in una riflessione che scava soprattutto dentro una sommessa e complessa condizione esistenziale. Sostare per Fernando Schiavano significa non volere staccarsi da Casarano della quale raccoglie con cura di antropologo i frammenti di memoria individuale e collettiva connettendoli in tessiture e collage dal tono poetico e rarefatto.
Sostare per Carlo Michele Schirinzi significa partire da Acquarica del Capo e leggere i contrasti sociali del presente e il dramma scarnificato di una storia di migrazioni e transumanze. Essere testimone contemporaneo e universale di una storia che sembra essere già stata scritta. La prima mostra organizzata da Spazio d’Enghien sceglie dunque di considerare l’opera all’interno del suo contesto geografico, antropologico e sociale, nel ruolo che essa assume là dove nasce e nelle possibili connessioni con la nostra sensibilità e le nostre abitudini di pensiero in una comunicazione più diretta e autentica con il pubblico. Il dominio simbolico di immagini globali è un segno tangibile di vincoli non solo culturali ed esprimere una volontà di resistenza; sapere operare in una dimensione periferica e marginale, nella quale anche il tempo acquista un’altra consistenza, può diventare lo scarto essenziale, la devianza potenziale, per costruire un’ipotesi di differenza, una probabile alternativa di futuro.
Per uno spazio d’ar te contemporaneo mettere in mostra cinque autori, che hanno fatto di questa devianza il senso più profondo del loro lavoro, vuole dire partire dalla ipotesi che solo il senso consapevole del propria storia e delle proprie identità può diventare il punto di partenza per entrare in contatto autentico con un’arte che si qualifica per la sua persistenza e resistenza. Per il pubblico è un’occasione per rileggere anche il proprio sostare a sud e farsi prendere dal ritmo della scoperta, della meraviglia, percorrere una terra visivamente rischiosa, lontana da racconti retorici e da epiloghi scontati.
1) La definizione è tratta dell’analisi che Franco Ungaro fa della politica culturale a Lecce in F. Ungaro, Dimettersi da sud, Laterza, Roma-Bari 2006, pag. 71.
2) Cfr. Il testo di Gastone Novelli, Pittura procedente da segni, in G. Celant, L’inferno dell’arte italiana - Materiali 1946-1964, Costa & Nolan, Genova, 1990, pagg. 350-353.
3) È il pensiero necessario di cui parla Franco Cassano a proposito di una diversa relazione con il tempo e lo spazio in F. Cassano, Il Pensiero Meridiano, Laterza, Roma-Bari,1996, pag. 13.
Patrocini: Città di Galatina, SIB, Nuova Seri
Inaugurazione 23 maggio 2010, ore 19
D’Enghien – spazio arte cultura contemporanee
Via d’Enghien 67, Galatina (Le)
orario: ore 19 - 23
ingresso libero