La fine di qualcosa, l'inizio di...Una riflessione sull'arte intesa come spazio dialettico. Una costante ricerca sul significato dell'esistenza in cui l'artista ha sapientemente distillato la natura e l'artificio, la cultura letteraria e quella metropolitana.
Sin dai suoi esordi la ricerca di Paolo Grassino si è mossa su un territorio delicato e
incerto, su una superficie magmatica di una società confusa, mutevole, “liquida” per usare
un termine caro a Zygmunt Bauman. Nelle opere dell’artista torinese, infatti, la materia, il
linguaggio e il pensiero affondano le radici nel vivo dell’intimo e della profondità della vita.
Una costante ricerca sul significato dell’esistenza in cui Grassino ha sapientemente
distillato la natura e l’artificio, la cultura letteraria e quella metropolitana, mettendo in scena
una pièce, lunga ormai vent’anni, che recita il dramma degli opposti: reale/immaginario,
conscio/inconscio, luce/buio, rumore/silenzio, divenire/degenerazione.
La fine di qualcosa, l’inizio di... è una riflessione sull’arte intesa come costruzione di uno
spazio dialettico, di un topos, la messa in scena di un corpo-a-corpo tra la materia e la
scrittura, l’architettura e il simbolo. Sono questi i moventi che Paolo Grassino ha indagato
per un’attenta analisi sul tempo, sulla storia e sull’esistenza. Così, il caduco e l’incerto, il
frammento, il pesante e l’instabile, la catastrofe, l’indifferenza e l’esecuzione,
rappresentano l’occasione di un ragionamento attorno alle “architetture narrative”, a questi
“spazi abusivi”, a volte sfondati da parole e slogan ormai incerti (RIVOLTA e LAVORO
RENDE LIBERI), che segnano l’arrivo della fine in assenza di un inizio.
Le sale della galleria si trasformano in uno spazio altro invaso da cemento, ferro,
alluminio, cavi elettrici, da materiali che diventano forma, sostanza, elementi ora reali ora
simbolici di un complesso “teatro dell’assurdo”, forme della memoria di una tranche de vie
di questi “documenti umani” dalle dimensioni drammatiche. Gli abusi architettonici, i pilastri
e il muro, il lampione accartocciato, testimoniano la nostra condizione di precarietà
esistenziale, la corrosione e l’inconsistenza di un sistema vita degradato e degradante,
una analisi sulle derive della società attuale.
La fine di qualcosa, l’inizio di... rappresenta, così, un momento di passaggio nel buio
storico che stiamo attraversando, la messa in discussione dei concetti di tempo e di storia,
e la necessaria volontà di ripartire da una tabula rasa, da un grado zero dell’esistenza.
Alessandro Demma
Inauigurazione 25 maggio ore 18
Galleria Giorgio Persano
piazza Vittorio Veneto, 9 Torino
orario: lunedì 16-19.30, martedì - sabato 10-12.30 16-19.30
Giovedì 10 giugno 2010 fino alle ore 24.00, in occasione dell’apertura collettiva di TAG
Ingresso libero