La Fondazione amplia il suo territorio operativo e architettonico affiancando al Magazzino del Sale il recuperato Studio di Emilio Vedova. Tale arricchimento coincide con la presentazione di due mostre, curate da Germano Celant e dedicate ad aspetti mondialmente inediti dell'opera di Louise Bourgeois, con i suoi The Fabric Drawings, mai esposti nella sua complessita', quanto del lavoro di Emilio Vedova con il suo potente intreccio, mai completamente analizzato, tra pittura e scultura.
a cura di Germano Celant
La Fondazione Emilio e Annabianca Vedova dal 5 giugno al 19 settembre amplia
il suo territorio operativo e architettonico affiancando al Magazzino del Sale
il recuperato Studio di Emilio Vedova, Zattere 50, che diventa un ulteriore spazio
pubblico per esposizioni e incontri con l’arte. Tale arricchimento coincide con
la presentazione, in contemporanea, di due importanti e originali mostre, curate
da Germano Celant e dedicate ad aspetti mondialmente inediti dell’opera di Louise
Bourgeois, con i suoi “The Fabric Drawings”, mai esposti nella sua complessità,
quanto del lavoro di Emilio Vedova con il suo potente intreccio, mai completamente
analizzato, tra pittura e scultura.
Louise Bourgeois
Nel Magazzino del Sale, la cui macchina espositiva è stata disegnata da Renzo
Piano, dal 5 giugno si terrà una mostra sorprendente, per la sua novità, di una
protagonista assoluta dell’arte moderna e contemporanea, la scultrice Louise
Bourgeois, a cura di Germano Celant in collaborazione con Jerry Gorovoy
di Louise Bourgeois Studio, New York. Nello spettacolare spazio veneziano sarà
presentata, con un allestimento architettonico disegnato per ospitare disegni
e sculture, la produzione quasi sconosciuta di opere realizzate in stoffa, come
la ricca sequenza dei suoi Fabric Drawings, realizzati dal 2002 al 2008, o la leggera
presenza delle sue Cells, come Conscious and Unconscius, 2008.
Principalmente montaggi, collage e assemblage di porzioni e parti di suoi vestiti,
tali opere rivelano un’energia dirompente e sorprendente per la loro ricchezza
cromatica e linguistica, quanto per la loro storia simbolica e intima. Riflettono
insieme al grande ragno in acciaio, Crouching Spider, 2003, che apre l’esposizione
veneziana, un’utilizzazione di tessuti personali, iniziata negli anni sessanta, a cui
l’artista è ricorsa per produrre i suoi disegni e le sue sculture, ricorrendo ai propri
indumenti e ai vestiti dei suoi cari come la madre: una reincarnazione del passato
e della sua infanzia, quanto una testimonianza del suo rapporto con la memoria.
Un uso visuale e plastico di stoffe che, da accessori decorativi, si trasformano
in allusioni emotive e sentimentali che entrano, principalmente nei rilievi cuciti
e nelle sue Cells, quanto nelle sue rappresentazioni della figura umana e dei suoi
rapporti con l’altro, dal padre alla madre, a formare immagini di un femminile
martoriato, quanto potente.
Un percorso che a partire dal 2002 subisce un ulteriore
ampliamento quando la scultrice di origini francesi, ma americana, esalta,
nei Fabric Drawings i colori cangianti e le strutturazioni formali di porzioni
di tessuto per costruire intrecci che oscillano tra configurazioni floreali ed astrazioni
cromatiche che formano un repertorio di trame meraviglianti. Le ragioni di tali lavori
sono così espresse da Bourgeois: “Faccio disegni per sopprimere l’indicibile.
L’indicibile non è un problema per me. Anzi, è l’inizio del lavoro. E’ la ragione
del lavoro; la motivazione del lavoro è distruggere l’indicibile. Vestirsi è anche
un esercizio della memoria. Mi fa esplorare il passato: come mi sentivo quando
indossavo quel certo abito. I vestiti sono come segnali stradali, nella ricerca
del passato”.
Tale insieme di lavori, arricchito da una completa antologia delle immagini
che riguardano l’intera produzione scultorea dell’artista, è raccolto in maniera
completa, a formare quasi un catalogo generale di tale soggetto nella pubblicazione
Louise Bourgeois. The Fabric Works, curata da Germano Celant e edita da Skira, Milano.
Emilio Vedova
Alle Zattere, nell’antico studio dell’artista, recuperato a fini espositivi con la supervisione
di Renzo Piano su progetto dell’Atelier Traldi e con il coordinamento e la direzione
dell’ingegner Maurizio Milan, sarà presentato dal 5 giugno al 19 settembre un aspetto
inedito del percorso pittorico di Emilio Vedova: il suo interesse per l’intervento
tridimensionale, ambientale e teatrale, là dove domina la scultura. Attraverso
un percorso storico essenziale l’esposizione, a cura di Germano Celant e intitolata
Emilio Vedova Scultore tende a presentare, condotta attraverso modellini e grandi
lavori scultorei, tale aspetto espressivo che ha interessato l’artista dal 1953 al 1997.
Emilio Vedova inizia la sua ricerca artistica a metà degli anni Trenta a Venezia
e subisce immediatamente l’attrazione profonda verso la grande pittura e scultura
veneziana, tanto che la dinamica mobilità del barocco e il suo agitarsi inquieto
e problematico accompagnano il giovane pittore in un estremo e totale coinvolgimento
tridimensionale e l’esposizione “Emilio Vedova Scultore” nasce proprio dal suo
sentirsi parte viva e attiva entro spazi amati e scontrati, fonti inesauribili di stimoli
e provocazioni, che sfociano in interventi volumetrici nell’ambito della scultura,
dell’architettura, dell’opera musicale e del teatro.
Nel 1958 la collocazione a soffitto di un’opera geometrica, allestita per la mostra
a Palazzo Zacheta a Varsavia, conferma l’interesse scultoreo di Emilio Vedova
e il suo atteggiamento teso ad articolare implicazioni spaziali per la sua opera.
Seguono, nel 1959, a Venezia i “teleri a elle” nella pittura/ambiente a Palazzo Grassi,
seguiti dall’esperienza, in collaborazione con Luigi Nono, dell’opera musicale
Intolleranza ’60 al Teatro La Fenice. Con i Plurimi, che datano dal 1961 al 1965
e sono anticipati dai Rilievi (1960- 1964), Vedova stacca il quadro dalla parete
e lo installa nello spazio in un insieme di superfici frammentate e intersecate
tra pittura/scultura/architettura.
Con i Plurimi, che datano dal 1961 al 1965 e sono anticipati dai Rilievi (1960-64),
Vedova stacca il quadro dalla parete e lo installa nello spazio in un insieme
di superfici frammentate e intersecate tra pittura/scultura/architettura. A Berlino
realizza i Plurimi dell’Absurdes Berliner Tagebuch ’64 che troveranno qualche anno
dopo il loro naturale sviluppo nel Percorso/Plurimo/Luce, realizzato per l’Expo
di Montreal nel 1967, nel quale per mezzo di quattordici grandi proiettori le lastrine
di vetro, realizzate dall’artista a Murano, sono proiettate in simultanea nello spazio
asimmetrico fino a 16 metri di altezza. Nel 1977-78, lavora ai Plurimi/Binari del ciclo
Lacerazione, al ciclo Frammenti/Schegge, insieme ai ...Cosidetti Carnevali... Infine,
dagli anni ottanta, Emilio Vedova realizza le grandi installazioni dei Dischi e Tondi
in un ritrovato, vitale, aggressivo possesso spaziale.
La mostra sarà accompagnata da una pubblicazione, a cura di Germano Celant,
edita da Skira, Milano, in cui sarà ricostruita l’intera avventura artistica di “Emilio
Vedova Scultore”.
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Studio Systema
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Inaugurazione 4 giugno 2010 ore 18.00
Fondazione Emilio e Annabianca Vedova
Dorsoduro, 46 calle dello Squero (Antichi Magazzini del Sale alle Zattere) - Venezia
Orario: 10.30 – 18.00 chiuso il martedì
Ingresso intero 10 euro, ridotto 5