In British Black l'artista con una trentina di opere di cui 5 di grandi dimensioni, ripercorre l'itinerario degli ultimi lavori: dalle vedute londinesi di Battersea alle suggestioni sudafricane di The Mother City sino a quelle dei ghiacciai. Il pittore lavora sullo spazio, si addentra nella terza dimensione ed interpreta l'architettura come linguaggio, come ossessione e ripetizione di un modo.
British Black è il titolo della nuova mostra di Jonathan Guaitamacchi che, con una trentina di opere di cui 5 di grandi dimensioni, ripercorre l’itinerario degli ultimi lavori: dalle vedute londinesi di Battersea alle suggestioni sudafricane di “the Mother City” sino a quelle dei ghiacciai. Nato a Londra nel 1961, conosciuto in Italia e all’estero (ha al suo attivo mostre in Europa, Cina, Sud Africa e America) per le ampie visioni di città globali, paesaggi urbani e panoramiche vedute tra un luogo e un altro, Guaitamacchi dipinge paesaggi la cui dissolutezza proviene direttamente dalla memoria, dal ricordo che lega l’artista al territorio inglese e alla cultura anglosassone dalla quale proviene. Le imponenti scogliere di Dover o la M25 (tangenziale londinese), diventano veri e propri varchi, luoghi che stimolano continuamente l’immaginario dell’artista.
British Black, è un titolo che racchiude al suo interno buona parte della poetica dell’artista. Guaitamacchi lavora sugli opposti: da una parte c’è il nero, il fondo della tela e, dall’altra, il bianco, il quale taglia lo spazio profondo dell’oscurità. Con una formazione di matrice architettonica, il pittore lavora sullo spazio, si addentra nella terza dimensione, la profondità, ed interpreta l’architettura come linguaggio, come ossessione, come ripetizione di un modo. Le sue tele, veri e propri progetti architettonici, raccontano la sua visione. Il ricordo è un ricordo fotografico, un progetto fatto di prospettiva, volumi e planimetrie. Immagini che alla fine divengono per sua stessa ammissione astratte, osservate da punti di vista ravvicinati altro non sono che forme geometriche assolutamente scomposte perfettamente inserite dentro un astrazione prospettica. Solo la lontananza ne definisce la visione d’insieme.
In un epoca in cui il paesaggio e le visioni urbane sono soggetti amati e ripresi da parecchi artisti contemporanei, Guaitamacchi fa la differenza. Tra i primi nell’epoca contemporanea ad affacciarsi al contesto urbano, “sulla tela non rappresenta l’espressione totale o meramente architettonica della realtà, ne sprigiona l’essenza, il principio attivo, non racconta il luogo, ma il suo riflesso, la sua metafora, dettaglia e generalizza nel medesimo istante.”
Il gesto è spontaneo, estemporaneo, non esiste disegno preparatorio, Guaitamacchi attacca la tela con fermezza, quella stessa fermezza e velocità che l’immagine stessa gli restituisce carica di phatos e sfrontatezza emozionale. La percezione è quella del fermento, del tutto che si muove, che brulica, testimone di un epoca e di un progetto in continuo divenire.
La mostra di Torino presso la Galleria Giampiero Biasutti, è la prima di un percorso che porterà l’artista ad esporre nel prossimo inverno anche nella sede Romana e Milanese della storica Galleria Russo, oltre ai progetti internazionali che lo vedono impegnato in esposizioni al Cairo, presso la Biennnale di Pechino e un nuovo viaggio in Sud Africa per la preparazione del lavoro nelle Township.
Inaugurazione 10 giugno ore 18
Giampiero Biasutti Arte Moderna e Contemporanea,
via della Rocca , 6/B, Torino
Orario dal martedì al sabato, ore 10,30-12,30; 15,30-19,30
ingresso libero