Galleria Zak
Siena
via San Martino, 25/27
0577 1656902
WEB
Gianni Lillo e Sara Rossi
dal 23/6/2010 al 4/8/2010
mart-sab 11-13, 16-22, dom-lun su appuntamento

Segnalato da

Gaia Pasi




 
calendario eventi  :: 




23/6/2010

Gianni Lillo e Sara Rossi

Galleria Zak, Siena

Come se niente fosse, come se fosse niente. Una dimensione fisicamente liberata dalla rottura (Sara Rossi) o dall'esplosione (Gianni Lillo) di vetri, specchi, ghiacci, e concettualmente aperta dalla personale visione di spazi infiniti che annullano ogni pregiudizio sull'arte. A cura di Gaia Pasi.


comunicato stampa

a cura di Gaia Pasi

Nel tutto il niente sta.
Hai mai incontrato il niente? Il niente ti entra e non ha peso, ti abbraccia e non ti stringe, ti guarda e non lo vedi, come un fantasma gobbo c’è quando non c’è: dietro, davanti, ai fianchi, il niente si moltiplica, s’amplifica e si alimenta di silenzio, indifferenza, solitudine, e non ti guarda in faccia se non per dirti che non sei niente per lui: Mi aspetto di trovare te, niente. (Gaia Pasi)

Ancora una volta ZAK è segno di un taglio profondo, netto, al di là del quale si apre un orizzonte che non può essere definito in altri termini se non come arte. COME SE NIENTE FOSSE COME SE FOSSE NIENTE è il titolo della seconda mostra curata da Gaia Pasi che aprirà giovedì 24 giugno alle ore 19:00 da ZAK, via San Martino 25/27 (Siena) e che vedrà protagonisti i lavori di Gianni Lillo (1958) e Sara Rossi (1971), due artisti ben noti al circuito artistico contemporaneo.

L’”orizzonte-arte” qui trattato è una dimensione fisicamente liberata dalla rottura – per Sara Rossi - o dall’esplosione – per Gianni Lillo - di vetri, specchi, ghiacci, e concettualmente aperta dalla personale visione di ciascuno di spazi infiniti che annullano ogni pregiudizio sull’arte. Spesso, infatti, si pensa che l’arte sia un qualcosa che passa, che scivola via - COME SE NIENTE FOSSE -, o semplicemente la si associa all’inutilità, al nulla – COME SE FOSSE NIENTE -. È da questo tipo di ignoranza, dalla tendenza al pressappochismo, dall’ignorare le cose che è necessario liberarsi. La storia insegna come in realtà l’artista sia il “profeta” dei nostri giorni e come le sue intuizioni e i suoi lavori siano la sintesi e la chiave di lettura di ogni presente, oltre che l’unica autentica ed eterna testimonianza del nostro esser stati. Solo aprendo la mente a questa riflessione si può “naufragare” in quegli infiniti mondi raccontati da Sara Rossi e Gianni Lillo, comprendendo a pieno che l’unica realtà effettivamente descritta è quella che viviamo. Si pensi, ad esempio, quante immagini è in grado di evocare e compendiare una materia come la cenere, presente in molti lavori di Gianni Lillo: emblema dell’inconsistenza, della leggerezza, di ciò che fu; la cenere appunto, è distesa dall’artista sopra un cielo nuvoloso, a creare uno strato irregolare e con esso un ribaltamento per il quale è la terra adesso che sovrasta il cielo e gli elementi s’intrecciano e si separano in un’invisibile linea di quiete atemporale, di “Meditazione” (2004).

Il concetto del bruciare del consumarsi e quindi del trascorrere s’insinua e ritorna ancora in un’altra opera di Lillo: “Silenzi” (2010). Le fiamme dell’installazione danzano al ritmo muto del tempo ma il loro piroettare armonico è interrotto improvvisamente da alcune pause inaspettate; lunghe attese buie che diventano le vere protagoniste del lavoro, pur tuttavia sono proprio queste pause a rendere il senso della melodia, come lo è la cenere per il fuoco nei suoi silenzi. Un altro tema affrontato nei lavori di Lillo è l’apparenza, sviluppata come “vanitas”, opposto di realtà, ed emblema di verità. Una cornice barocca, intagliata, decora i limiti di uno specchio. Ad ogni movimento brusco, ad ogni rumore emesso dello spettatore in prossimità dello specchio, questo gli restituisce la propria immagine nelle sembianze di un teschio; resta di fatto una superficie riflettente che in fin dei conti, tutti i conti, ci rivela ancora il vero. Per concludere il breve excursus su Gianni Lillo è giusto ricordare l’ovale che incornicia un’altro specchio: questa volta esploso. Esso continua a riflettere la nostra immagine, deformandoci nei mostri di vanità senza ideali quali siamo.

L’attenzione al frammento, l’interesse per la rottura intesa anche come apertura, squarcio soglia del vetro-velo è propria anche dell’artista Sara Rossi. L’installazione “Distilleria S. Paolo” (2010), presentata in anteprima da ZAK, riproduce un cielo “protetto” visto con gli occhi attraverso i frammenti taglienti di un “vetro frantumato”. L’opera consiste in una serie composta da nove foto. È prerogativa di quest’artista raccontarsi per immagini, scrivere storie invisibili all’inchiostro di uno scrittore, ma pur sempre vive, dense di poesia estrapolata dagli scenari quotidiani. In un’altra opera, “Monte Amiata” (2001), tre foto poste in sequenza esprimono con altrettanto vigore ed armonia il concetto di libertà, la ricerca d’infinito e il fortissimo desiderio di abbattere ogni barriera. Pare non esserci via di fuga nel ritratto di quel groviglio di tronchi, eppure proprio da questo senso di soffocamento sembra nascere una forza che sta per esplodere, aprire un varco e liberarsi nella foresta. I riferimenti ai tagli di Fontana emergono in questo sentimento come in “Senza titolo (Scomparsa)” un dittico di foto che eterna i particolari di due ghiacciai. L’atmosfera evanescente e l’armonia dell’insieme sembrano non essere scalfite in alcunché nella sovrapposizione dei piani in cui queste punte di gelo si stagliano, ferendo l’occhio più attento. È il bisogno dell’oltre che si esprime nell’eleganza della forma. Le opere di Sara Rossi vivono di questo senso di immenso, pur palesandosi nella realtà che noi tutti conosciamo ma che solo un artista è in grado di osservare in ogni suo respiro. Espressione di tutta la sua poetica è “Senza titolo (Mer de Glace)” (1997) - un opera storica dell’artista - esistente in soli tre esemplari che hanno già trovato la loro collocazione in collezioni del calibro di Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Collezione privata Marcello Griccioli e infine Collezione privata Roberto Mugnaini (dalla quale proviene in prestito il prezioso esemplare presente in mostra): questa stampa fotografica è un autentico capolavoro dell’artista, non necessita di altre parole, che in ogni caso si perderebbero nella contemplazione di un immagine che sembra cambiare e rimodellarsi con la luce tanto da apparire “magica”.

Staff: Gaia Pasi curatore – Esther Biancotti assistente del curatore e comunicazione – Stefania Dubla stage e comunicazione

Opening: giovedì 24 giugno 2010 ore 19:00

Finissage: giovedì 5 agosto 2010 ore 23:00

Galleria ZAK
Via di san Martino 25/27, Siena
Orario: mart-sab 11-13, 16-22, dom-lun su appuntamento (39 3469437211)
ingresso libero

IN ARCHIVIO [7]
In Natura
dal 13/12/2013 al 13/1/2014

Attiva la tua LINEA DIRETTA con questa sede